Avatar è Spettacolare. Non bello, brutto, lento, veloce, profondo, superficiale.

Spettacolare.

Adoro James Cameron e da uno che ha firmato film come Terminator, Alien, Abyss (il mio preferito) e Titanic, mi aspettavo un lavoro egregio. Eppure quando c’è così tanta animazione nei film, tendo a storcere il naso.

D’altronde, almeno sulla carta, Avatar risulta innovativo solo nelle tecniche di ripresa ed animazione. Per il resto rappresenta l’ennesima rivisitazione intergalattica della classica saga “cowboy contro indiani”. Con in più il rischio che il reparto “effetti speciali” prendesse il sopravvento su tutta la pellicola.

Da un grande film mi aspetto eccellenti interpretazioni. Attori in carne ed ossa che riescano a comunicare i più profondi sentimenti dell’animo umano. E quando ho visto il trailer di Avatar ho avuto sinceramente paura di poter assistere a due ore di roboanti esplosioni, senza portare a casa uno straccio di emozione.

Così ho iniziato a vederlo, ma da un’angolazione piuttosto critica. Già dai primi incalzanti minuti si avverte l’intenzione del regista di arrivare velocemente a mostrare il mondo (Pandora) e le sue meraviglie. La controparte umana nel film ha uno spazio piuttosto secondario, tutto pare concentrarsi sul mondo alieno e sugli indigeni, chiamati Na’vi. Nome che, guarda caso, ricorda molto da vicino quello dei Nativi Americani, alias Indiani.

Minuto dopo minuto ci si sente sempre più parte di questo mondo fantastico ed è impossibile non sentire dentro di sè il richiamo della Natura. A questo si ispira tutto il film, che attraverso metafore neanche tanto celate, cerca di farci riconciliare con la nostra essenza e con il nostro mondo, in una sorta di manifesto ambientalista.

Purtroppo, ci ricorda Cameron, le cose belle non durano in eterno. Perciò dopo 100 minuti di sogno, amore e sentimento (alieno o umano fa poca differenza) arriva il momento delle esplosioni. E ci si trova ad assistere ad ulteriori 40 minuti di fuochi artificiali, un po’ annoiati forse, ma con il giusto disprezzo per la crudele guerra, segno che la pellicola funziona a dovere.

Ma il vero merito di Cameron e del film è quello di riuscire a farci totalmente dimenticare che ciò che vediamo in realtà non esiste e che è solo il frutto di sapienti bit. Per la prima volta mi sono trovato a parlare di qualità di recitazione, riferendomi ad un volto digitale. Tutto grazie alla performance capture, che ha permesso di ottenere sul viso dei Na’vi, le stesse espressioni degli attori in carne ed ossa. E così, come per gli stessi Avatar protagonisti del film, la vita passa da un corpo all’altro, ma la magia questa volta non è nel misticismo della fede, ma nella fredda realtà dei bit.

Avatar è un film piacevole che ci ricorda che, almeno nei film, gli indiani possono riuscire a vincere.

Maurizio Natali

Titolare e caporedattore di SaggiaMente, è "in rete" da quando ancora non c'era, con un BBS nell'era dei dinosauri informatici. Nel 2009 ha creato questo sito nel tempo libero, ma ora richiede più tempo di quanto ne abbia da offrire. Profondo sostenitore delle giornate di 36 ore, influencer di sé stesso e guru nella pausa pranzo, da anni si abbronza solo con la luce del monitor. Fotografo e videografo per lavoro e passione.

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