Il Think Different che ha conquistato il mondo dell’elettronica

Parlando dello spot ideato da Motorola per lanciare il suo nuovo tablet Xoom, non abbiamo potuto fare a meno di notare uno strano ribaltamento di fronti. Viene infatti mostrato un mondo pieno di uomini-automi, apparentemente uniformati e privi di colore (che potremmo tradurre in emozioni o personalità).

il mondo in bianco

Un solo individuo dimostra — anche negli abiti — di avere un “pensiero differente”. E riesce a far aprire gli occhi alla triste ragazza che, come gli altri, indossa aviti e cuffie bianche.

triste

I riferimenti all’azienda di Cupertino sono evidenti. Sia nella struttura dello spot (che ricorda molto la contrapposizione proposta da Apple nel 1984), che nella scelta di alcuni elementi come gli auricolari bianchi (scelti da Apple proprio come segnale distintivo anni fa). E poi visto che lo slogan inneggia ad un mondo — dei tablet — migliore, l’unico evidentemente nel mirino è l’iPad. Ecco perché Luigi nei commenti al video si chiedeva, provocatoriamente, se ormai per abbracciare il Think Different non si debba scegliere un prodotto non-Apple.

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Effettivamente a livello prettamente numerico la riflessione è corretta. Apple negli ultimi tempi è riuscita ad ottenere una posizione dominante in più di un mercato. Iniziando nel 2001 con il lettore mp3 iPod. Eppure a mio avviso ci sono alcune considerazioni da fare. In primo luogo le aziende cambiano, così come i loro prodotti e gli slogan. E Think Different, per quanto sia rimasto nel cuore degli utenti Apple, è uno slogan abbandonato intorno al 2002 con l’ingresso dell’altrettanto nota campagna Get a Mac (o Switch to Mac). Evidentemente ha lasciato il segno visto che è ancora il primo pensiero quando si usa Apple, ma secondo me non è questione di numeri.

Certo per essere “differenti” c’è bisogno di avere in contrapposizione gli “uguali”, ma il senso che io ho sempre letto in quel messaggio non è tanto quello di proporre una opposizione incondizionata, piuttosto quello di portare un pensiero proprio e originale. Per ritornare in tema tablet sappiamo qual è stata la ricetta Apple. I tablet erano dei grossi e lenti computer senza tastiera (ma con pennino) che facevano girare sostanzialmente gli stessi OS e i medesimi applicativi da desktop. Questi come gli UMPC sono stati un sostanziale fallimento, finché Apple ha presentato il primo iPad proponendo un modo diverso di interpretare uno strumento che sostanzialmente la massa già conosceva e, in minima parte, usava.

Ma è parte della natura umana apprendere e migliorare. Per cui le altre aziende, visto l’enorme successo, hanno acceso le fotocopiatrici e cercato di inserire il proprio DNA in una ricetta d’altri. Prima o poi qualcuno ci potrebbe tranquillamente riuscire e migliorare il concetto attuale di tablet (che a quanto pare è sinonimo di iPad), ma per il momento ciò non è accaduto.

Avere la più piccola parte di un mercato, non significa necessariamente aver proposto qualcosa di differente. Può essere semplicemente il risultato di un prodotto mediocre o con un prezzo troppo elevato. Così come non necessariamente si conquista il cuore (e il portafogli) dei consumatori semplicemente puntando al prezzo basso.

I prodotti proposti dall’azienda di Cupertino hanno sempre avuto e continuano ad avere un approccio diverso dagli altri. E questa è in un certo senso croce e delizia, dal momento che si presta il fianco ai ripetuti attacchi dei consumatori scontenti o delle aziende rivali. È facile effettivamente criticare un tablet che si propone di sostituire i netbook, quando per accenderlo devi avere un altro computer con installato iTunes. Oppure non poter copiare o modificare un file nella sua memoria direttamente dal Finder. E così via con le tante altre limitazioni “di fabbrica” che contraddistinguono l’iPad e gli altri iDevice. Come esiste il bello del think different esiste anche il brutto e fanno parte della stessa medaglia. Hai l’uno solo perché hai l’altro, dice Apple. E per il momento non abbiamo visto qualcosa di meglio, per cui sembra proprio che il diverso stia conquistando tutti.

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Maurizio Natali

Titolare e caporedattore di SaggiaMente, è "in rete" da quando ancora non c'era, con un BBS nell'era dei dinosauri informatici. Nel 2009 ha creato questo sito nel tempo libero, ma ora richiede più tempo di quanto ne abbia da offrire. Profondo sostenitore delle giornate di 36 ore, influencer di sé stesso e guru nella pausa pranzo, da anni si abbronza solo con la luce del monitor. Fotografo e videografo per lavoro e passione.

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