Come molti di voi acquisto online da diverso tempo ed apprezzo particolarmente alcuni servizi che permettono di localizzare il “miglior prezzo” di un prodotto in base ad una comparativa. Uno di questi è il famoso trovaprezzi, nel quale si trovano anche molti operatori di livello come Amazon.it e lo stesso Apple Store. Con la mia azienda seguo molto da vicino il settore del commercio elettronico anche dal punto di vista dello sviluppo, in quanto realizziamo da tempo soluzioni di ecommerce. Per fare un esempio il noto ApmShop.it è un sito che abbiamo realizzato per un nostro cliente e che opera in modo egregio da oltre 5 anni.

In periodi relativamente recenti, più o meno da tre anni a questa parte, sto notando che spuntano dal nulla tantissimi nuovi ecommerce che offrono prezzi incredibilmente competitivi. Per capirci con “incredibilmente” intendo dire che vendono a prezzo più basso di quanto pagano. E questo ve lo posso garantire in quanto sono iscritto sui medesimi canali dei distributori come Esprinet, Techdata, Datamatic, Ingram Micro, ADL, etc.. Viene da chiedersi allora dove sia il guadagno e com’è possibile vendere ad un prezzo apparentemente uguale ed in alcuni casi addirittura minore rispetto al prezzo d’acquisto.

Ho fatto in questo senso una mia personale indagine, non accuratissima a livello fiscale e legislativo, ma sufficiente per inquadrare il modo in cui molte di queste aziende operano. Una cosa evidente è la ridotta spesa sull’assistenza al cliente. Siti di questo genere non hanno quasi mai un numero di telefono in vista o assistenza online pre/post vendita. Anche sul sito stesso l’investimento è veramente basso e ci possiamo trovare sistemi che non rendono chiaro per l’utente se il prodotto è realmente disponibile o meno. Altra caratteristica è spesso un tempo di spedizione lungo, in media dai 5 ai 10 giorni. La scarsa cura del cliente non è però sufficiente a capire come tali aziende facciano soldi vendendo a prezzi così bassi.

Ecco che entra in gioco l’IVA e quella che viene definita in gergo triangolazione dell’IVA. Su questo non vi posso dare dati certissimi e riferimenti legislativi, come già anticipato, anche perché l’argomento esula dalla mia personale competenza. Eppure ciò che ho “scoperto” ci tengo a scriverlo, non tanto per il solo fine di renderlo noto, ma anche perché ho trovato un precedente che dovrebbe farci stare tutti più attenti ed allertati nel diffidare da certi negozi. Inoltre spero che gli utenti più addentro nel campo fiscale potranno darci un riscontro ed eventualmente correggere, ove necessario, quanto vi vado a spiegare.

Se un’azienda con sede all’estero nell’UE compra da un distributore, magari italiano, lo fa in regime di esenzione IVA, questo perché l’acquisto intracomunitario rientra nei casi di non imponibilità dell’IVA. Non avrebbe senso in effetti per un’azienda Spagnola pagare l’IVA italiana. Per cui si esclude al momento dell’acquisto e, in fondo, non cambia nulla dal momento che tale imposta andrebbe in compensazione con quella in entrata. A questo punto entra in gioco un’azienda italiana che riacquista quel bene e che, per la stessa logica, si trova a non dover versare l’IVA al momento dell’acquisto. Il “barbatrucco” arriva ora dal momento che l’azienda venderà esponendo l’IVA al 20%. Tale azienda si troverà velocemente con un immenso debito d’IVA dato che, non avendola pagata all’acquisto, non ne avrà a credito per la compensazione. Mi dicono però che, per la legge italiana, un’azienda appena nata può posticiparne il pagamento fino a 3 anni. In questi 36 mesi vendendo a prezzi stracciati faranno un sacco di soldi proprio su quel 20% dell’imposta e, in prossimità della bancarotta, inizieranno anche a non spedire nessun prodotto, così da incassare quanti più soldi possibile e fare un bel bite di chiusura. Un esempio concreto di questo iter è stato il sito GranBazaar che era presente nei circuiti di trovaprezzi fino ad alcuni mesi fa. Questo ha iniziato a vendere e consegnare per anni in modo puntuale, seppur con i ritardi dovuti alla triangolazione, ed otteneva giudizi positivi sui vari comparatori. Nell’arco temporale di neanche un mese i commenti sono iniziati ad essere meno positivi segnalando tempi di spedizione sempre più lunghi e, infine, negativissimi perché prendevano i soldi e non spedivano. Non ci credete? Guardate i commenti su Ciao in ordine di tempo crescente, tutti positivi, e poi, sullo stesso sito, in ordine di tempo decrescente, negativissimi visto che incassavano e non spedivano.

granbazaar

Personalmente non disdegno il risparmio, per cui mi è capitato di acquistare ben 4 volte in uno di questi shop “incredibilmente vantaggiosi”. Non ho avuto grossi problemi in fondo, se non spedizioni lunghe e supporto clienti inesistente. In verità comprando la Canon EOS 60D solo corpo ricevetti quella del kit aperta e privata dell’obiettivo e, più di recente, dopo aver annullato un ordine per i tempi di attesa diventati inaccettabili, sto ancora attendendo il mio rimborso. È stato proprio questo ultimo episodio a farmi porre qualche interrogativo e ad avermi condotto in questa indagine forse un po’ maccheronica in quanto a terminologia e dati, ma che evidenzia un andamento veramente critico del mercato ecommerce italiano nel settore informatico e fotografico.

In sintesi io ho dedotto due cose. La prima è che spendendo di meno ci si deve abituare ad un servizio clienti scadente. Sognatevi ad esempio la chat online di ApmShop.it in cui parli con un’operatore che ti suggerisce anche cosa comprare in virtù delle tue necessità. O la rapidità nei rimborsi e restituzioni di Amazon, seppure questi con l’IVA facciano probabilmente anche qualche giro furbo ma pulito e con le stesse aziende del gruppo dislocate nei vari territori. La seconda è che, se si ha la sfortuna di capitare nel momento prossimo alla bancarotta, come nel caso di GranBazaar, si potrebbe finire di essere parte lesa nell’ultimo colpaccio, il bite finale di una truffa-legale lunga 3 anni.

Maurizio Natali

Titolare e caporedattore di SaggiaMente, è "in rete" da quando ancora non c'era, con un BBS nell'era dei dinosauri informatici. Nel 2009 ha creato questo sito nel tempo libero, ma ora richiede più tempo di quanto ne abbia da offrire. Profondo sostenitore delle giornate di 36 ore, influencer di sé stesso e guru nella pausa pranzo, da anni si abbronza solo con la luce del monitor. Fotografo e videografo per lavoro e passione.

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