Come potrebbe essere strutturato il (possibile) servizio streaming di iTunes?

Scriveva Il Razziatore qualche settimana fa, parlando dell’ipotesi su un servizio di streaming di Apple:

Ma oltre a MobileMe c’è una questione ancor più spinosa: i benefici dell’acquisizione di Lala, che fine hanno fatto? A distanza di mesi dalla chiusura del servizio, ancora Apple non ha offerto un suo rimpiazzo col brand iTunes. […] Pochi giorni fa, Reuters ha riacceso le speranze, riportando come il servizio sia praticamente pronto al lancio. Con la versione cloud di iTunes, gli utenti potranno usufruire dei contenuti da essi acquistati sui server Apple, su qualsiasi dispositivo, tramite un browser, e oltre a usufruire quanto già acquistato è possibile acquistare sempre nel cloud nuovi contenuti. […] Manca però il nullaosta delle case discografiche, senza le quali un servizio del genere non può proprio partire. Come ha riportato Macrumors alcuni giorni fa, però, almeno Warner sembra sia sicura partecipante al servizio.

È di poco tempo fa la notizia che un’altra delle “big four”, la EMI, sembra avere trovato un accordo con Apple.

iTunes e iCloud

Solitamente è difficile fare previsioni su nuovi prodotti e servizi e se c’è di mezzo l’azienda di Steve Jobs è ancora più difficile. Stavolta, però, la fortuna è nostra amica; gli indizi sono molteplici e le conferme continuano ad arrivare. Sappiamo che per Apple il prossimo passo è fornire un servizio di streaming musicale a tutti i suoi utenti, ma come sarà messo in pratica nel dettaglio? Quali i benefici e le mancanze? Proviamo a rispondere.

Un servizio di streaming verso vari dispositivi (iOS in primis) non può prescindere da un accordo con le etichette discografiche: Google (con Music Beta) e Amazon stanno provando strade differenti, ma per ottenere l’esperienza più fluida possibile e per mettere le basi per un progetto di lunga durata i contratti vanno firmati. Le etichette come hanno dimostrato in passato sull’iTunes Store cercano di massimizzare i profitti, anche a discapito dell’esperienza utente. Cercare un guadagno è un diritto sacrosanto, ma restare ancorati a metodi di distribuzione superati ormai da tempo è una scelta suicida. Ciò va a cozzare con lo “spirito” di Apple che mette la bontà del prodotto davanti al profitto (anche se poi questi non sono briciole, tutt’altro).

Grazie ai servizi che si sono avvicendati negli ultimi anni, Apple ha potuto imparare una lezione importantissima: nonostante le sempre maggiori velocità di upload, caricare “su internet” gigabyte è un procedimento lento e macchinoso, troppo per il grande pubblico.

Vi faccio un esempio: la mia libreria conta circa 11,000 brani, considerando 4MB a pezzo si aggira sui 50GB. Non so di preciso quanto sia la banda di upload della mia ADSL (Alice), ma so che la velocità di download si aggira attorno ai 400Kbit per secondo (massimi). Sappiamo che l’upload è minore, ma consideriamolo per assurdo ugualmente veloce. In questo caso per caricare 50GB a 400Kb/sec ci vorrebbero 125000 secondi, più o meno 34 ore totali.
Se un utente “normale” tiene acceso il computer per tre ore al giorno, anche ipotizzando che tutta la banda di upload sia dedicata al caricamento della libreria musicale, ci vorrebbe almeno una settimana e mezzo per completare il procedimento.
Nota: sono stato iper-ottimista in quasi tutte le approssimazioni, credo che i dati reali si assestino intorno al mese di tempo e non alla settimana.

Apple ha un forte impatto sulla mente dei consumatori, ma credo che sia impossibile anche per lei poter dire “Ehi, se vuoi puoi fare lo streaming dei tuoi brani, ma prima devi caricarli su internet e ci vorranno minimo minimo due settimana!” ad un normale consumatore.

La via dell’upload delle singole librerie musicali è quindi una via impraticabile. Quali sono le altre soluzioni allora? Probabilmente Apple utilizzerà un database di canzoni da cui fare lo streaming verso i singoli dispositivi/computer. Le etichette discografiche però a questo punto entrano in campo: è difficile che Apple possa permettere lo streaming di *tutta*** la musica; è più facile, invece, che esegua una verifica dei precedenti acquisti su iTunes Store e renda disponibile lo streaming solo di quelli.

Sebbene questa soluzione possa essere di gradimento delle etichette, difficilmente avrà successo tra gli utenti. Non sarebbe infatti possibile fare lo streaming di pezzi rippati da un CD, anche se acquistato legalmente. Le limitazioni sono tante e non è facile accettarle.

Un’altra via che sta prendendo piede tra gli “speculatori” è la possibilità che Apple faccia qualcosa di simile alle tracce di qualità superiore che furono rese disponibili su iTunes a prezzo maggiorato qualche tempo fa. Ipotesi plausibile sarebbe che dopo la scansione della libreria il software chieda: “Sono state trovate X tracce che non sono state acquistate dallo Store, vuoi renderle disponibili allo streaming per Y Euro l’una?” Io, ad esempio, non direi di “Sì” per tutte le canzoni, ma lo farei per quella decina di album che ascolto di più. Questa sarebbe una soluzione piuttosto profittevole per le etichette, ma anche buona dal lato esperienza-utente.

Come sempre, ripeto, è difficile fare previsioni, soprattutto quando sono coinvolte più parti. Non prendete le mie parole per verità, ma magari potrebbero corrispondere alla realtà. Se avete pareri in proposito ben vengano.

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