Le motivazioni che limitano i prodotti Apple possono essere una grande risorsa

Tutte le persone sbagliano, le aziende sono fatte di persone, ed Apple, essendo un’azienda, sbaglia.

A parte il sillogismo un po’ forzato, non ci sono dubbi che Apple abbia commesso degli errori di prodotto in passato e nulla vieta che accada di nuovo. C’è anche chi pensa che iPhone ed iPad, le stelle più recenti, includano degli elementi di criticità tali che il loro successo è dovuto essenzialmente ad una capace spinta motivazionale legata al desiderio per il brand. Finché il carismatico Jobs ha incarnato Apple per le strade di Cupertino e Santa Clara, sembrava quasi che non fossero i prodotti ad essere perfetti per il consumatore, ma che ad essere perfetta fosse invece la ferma determinazione dell’azienda e dell’uomo che (metaforicamente) li presentava al pubblico.

Pur non accettando questa tesi dell’azienda-strizzacervelli è innegabile che Apple si sia impegnata nel tentativo di dotare ogni suo prodotto di quel-ché-di-più che ad altri manca. Per questo un iPhone è un iPhone e non uno smartphone. Non si tratta di un caso isolato ovviamente, ma nell’elettronica di consumo succede piuttosto di rado. Ci è riuscita Sony con il Walkman, ad esempio, ma tutti questi strike in sequenza (iPod, iTunes, iPhone, App Store, iPad) rappresentano una singolarità unica. E le borse non mancano di ricordarcelo settimana dopo settimana (sì, le recentissime perdite sono già state recuperate).

Di una cosa sono piuttosto sicuro, ovvero che dietro ogni sbaglio commesso dalla Apple degli ultimi anni non vi sia superficialità ma una chiara scelta, anche quando questa si è dimostrata errata. L’esempio dell’antenna dell’iPhone 4 è calzante: progettano una cosa “unica”, si impegnano a testarla in tutti i modi possibili e poi ritengono che i vantaggi derivanti dalla sua locazione esterna siano maggiori rispetto le preoccupazioni dei tecnici che sconsigliavano a Jobs di seguire questa strada. Errore! Antennagate.

Della Apple del dopo Jobs non abbiamo ancora visto niente, ma è pensiero diffuso che l’azienda sia stata pennellata così bene che il quadro ha catturato la sua stessa anima. Ogni nuovo prodotto è il frutto di una incredibile quantità di macro e micro decisioni, dalla forma al target, dal materiale all’emozione, dall’hardware al software, qualsiasi variazione influisce sul risultato finale ed è parte del tutto. Se c’è una cosa che Apple ha dimostrato di saper fare è quella di colpire con precisione millimetrica il proprio obiettivo, con un solo colpo. Non dieci prodotti a litigarsi i favori del consumatore, ma uno solo e che afferma di essere proprio quello di cui ha bisogno. Finora ha funzionato, forse anche meglio di quel che si aspettavano, ma solo perché dietro ogni scelta c’era un pensiero che il consumatore ha poi abbracciato.

Negli ultimi giorni si sta riaccendendo il classico tormentone sullo schermo dell’iPhone. E siamo ad Aprile, non oso immaginare cosa succederà fino all’autunno. Certo ci sono anche i rumor che parlano di date anticipate – c’è un rumor anche per questo – ma ritengo che il posizionamento a ridosso delle festività natalizie sia stato fortemente voluto da Apple ritardando il 4S oltremisura, e non vi sono ragioni valide per tornare indietro. Io ho già detto decine di volte che preferirei uno schermo leggermente più grande (motivo per il quale ho provato Galaxy S2 ed anche il Note), ma se prendiamo per buoni gli assunti di base utilizzati da ormai 5 anni per motivare la dimensione dello schermo dell’iPhone, allora ogni possibile variazione presenta qualche insidia.

Le ragioni dell’hardware

Quel che voglio dire è che se proprio si vuole affrontare l’argomento schermo più grande o no, allora lo si deve fare valutandone non solo i desideri personali quanto gli obiettivi che il prodotto si pone e le ragioni dietro ogni componente hardware. Se avete qualche minuto di tempo, proviamo a fare questo breve viaggio insieme.

impugnatura-iphone

1. Tutto a portata di pollice

Lo avrete già sentito dire: con lo schermo da 3,5″ si riesce a raggiungere facilmente ogni angolo dello schermo con mani di medie dimensioni. In effetti l’iPhone si riesce ad usare piuttosto facilmente con una sola mano, mentre la stessa cosa non si può certo dire del Galaxy Note. Per non rinnegare questo baluardo di usabilità l’ingrandimento dovrà essere posizionato da qualche parte tra il troppo ed il troppo poco. Qualcuno dice: togliamo la cornice! Ma lo schermo ha già poco bordo ai lati: si tratta di soli 3mm e sono per lo più una necessità strutturale. Certamente si potrebbe limitarli con un progetto ex-novo (cosa che comunque è attesa) ma non si potrà farlo più di tanto e neanche sarebbe totalmente consigliabile visto che in quell’area spesso di appoggiano i polpastrelli e si rischierebbe di litigare con il touchscreen (vedere immagine superiore). Ci sarebbe da fare qualche prova, ovviamente, ed ecco il motivo dei tanti prototipi che passano per le mani dei misteriosi collaudatori Apple, alla ricerca della perfezione. Si potrebbe comunque supporre che, per non rinnegare questo punto a suo favore, l’iPhone del futuro non dovrebbe superare i 4″, se non di pochissimo, restringendo così una possibile dimensione maggiorata nella forbice tra 3,5″ e 4,2″.

2. Il formato giusto

Un’altra delle ipotesi paventate è quella dell’aumento del display solo verticalmente: una teoria assolutamente da dimenticare se si basa sulla rimozione del tasto fisico (difficile da verificarsi) o sul decentramento dello schermo verso l’alto (sento già Ive che si lamenta per la perdita di simmetria). Lo schermo 16:10 o, peggio, 16:9 può essere interessante per i filmati e in qualche gioco, ma l’iPhone è uno ed uno solo e nasce per soddisfare esigenze a tutto tondo. Si telefona, si naviga, si gioca, si legge la posta o un documento… in orizzontale e verticale i controlli continuano ad essere gestibili nel 3:2 e se non ci fosse stata la chiara volontà di renderlo compatto al punto da poter essere usato con una mano, probabilmente Apple avrebbe preferito ancor di più il 4:3, utilizzato infatti nell’iPad. A prescindere dalle considerazioni sull’uso, modificare il rapporto di forma vanificherebbe di colpo tutti i vantaggi avuti fino ad oggi riguardo la continuità strutturale delle interfacce, che non possono essere semplicemente “stirate”. Certo ci potrebbe essere un periodo di transizione in cui le vecchie app girino con bordi neri sopra e sotto, ma il problema è: ne vale la pena? Aumentare lo schermo in un solo senso non restituirebbe l’effetto voluto ma, al contrario, assottigliandolo si evidenzierebbero i bordi e la visione complessiva sarebbe sacrificata, come in una sottile finestra. Per cui: modifica del formato? No, grazie.

3. Pixel su pixel, una magia chiamata Retina

La risoluzione è stata il cavallo di battaglia dell’iPhone 4, rimasta ancora da primato nell’iPhone 4S e ripresa come major upgrade dall’iPad di terza generazione. Ma con entrambi Apple ha cambiato la risoluzione solo e soltanto quando è riuscita ad ottenere il magico 2x perché, come i grafici sanno, garantisce una migliore interpolazione durante l’ingrandimento delle immagini raster, preservando le app precedenti. Solo così si è potuto offrire all’utente un miglioramento reale senza lati negativi, con maggiore continuità e stabilità per gli sviluppatori e l’App Store. Scelte di questo tipo dimostrano la parte migliore di Apple, quella per cui ogni decisione è legata a riflessioni profonde e consapevoli e non il frutto di un banalissimo inseguimento del mercato e delle mode del momento.

Le possibilità? No, LA possibilità

Ingrandendo il display si pone dunque il problema risoluzione e le possibilità per risolverlo non sono poi tante. Alcune sarebbero da scartare a priori, ma le elenchiamo comunque.

  • Aumentare lo schermo così tanto (> 5″) da riuscire a raddoppiare ulteriormente la risoluzione (1920 x 1280): oltre ad essere una sfida tecnologica, il display così grande lo abbiamo già scartato al primo punto, per cui passiamo oltre.
  • Aumentare lo schermo tra i 4,2″ e i 4,7″ porterebbe alla necessità di una risoluzione intermedia, perché mantenendo quella attuale si scenderebbe sotto i 300 ppi che, secondo Apple, per la distanza d’uso di un smartphone sono necessari per l’appellativo Retina (e di certo non si vorrà perdere tale caratteristica). Ma una risoluzione frazionaria l’abbiamo già scartata al punto 3, ragione per la quale anche questa possibilità non sarebbe perfettamente in sintonia con le linee guida dell’azienda. Se ci mettiamo anche le considerazioni di usabilità ad una mano del punto 1, allora diventa sempre meno probabile.
  • Aumentare lo schermo tra i 3,5″ ed i 4″ sembra l’unica possibilità realmente percorribile senza riscrivere il DNA dell’iPhone. Si potrebbe mantenere la stessa identica risoluzione attuale senza scendere sotto i 300 ppi salvando capre e cavoli: qualità ancora altissima e massima continuità. Inoltre questa decisione non intralcerebbe nessuno dei punti cardine precedentemente elencati, salvo forse il primo. Tuttavia a seconda della dimensione della cornice e del design del nuovo iPhone, la soluzione ottimale per ingrandire il display – forse l’unica – sembra posizionarsi proprio tra i 3,5″ ed i 4″, anche se la scelta più ragionevole potrebbe essere 3,7″ / 3,8″.

Passare da 3,5″ a 3,7″ potrebbe sembrare un nonnulla, ma non lo è se lo si riesce a fare preservando integralmente tutte le caratteristiche positive dell’iPhone di oggi. È questo che fa Apple: migliora. Lentamente, anno dopo anno, perfeziona i prodotti senza abbandonare le proprie linee guida. Solo di tanto in tanto si assiste ad un totale ripensamento che riparte dalle radici, ma non credo proprio che al momento se ne senta la necessità. Se nel dopo Jobs si continuerà a seguire la stessa logica, un iPhone strampalato da 4,5″, con formato diverso da 3:2 o con un quantitativo di pixel scelto così, a caso, non lo vedremo mai. Al massimo sarebbe possibile (e per quanto mi riguarda auspicabile) un prodotto nuovo che vada a riempire il vuoto tra iPhone ed iPad. Quello che di questi tempi i rumor chiamano iPad mini.

Maurizio Natali

Titolare e caporedattore di SaggiaMente, è "in rete" da quando ancora non c'era, con un BBS nell'era dei dinosauri informatici. Nel 2009 ha creato questo sito nel tempo libero, ma ora richiede più tempo di quanto ne abbia da offrire. Profondo sostenitore delle giornate di 36 ore, influencer di sé stesso e guru nella pausa pranzo, da anni si abbronza solo con la luce del monitor. Fotografo e videografo per lavoro e passione.

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