Non sempre in fotografia si cerca la minima PdC, per staccare i soggetti dallo sfondo, perché a volte è proprio lo sfondo che vogliamo far risaltare. In questi casi ci può essere d’aiuto il concetto di distanza iperfocale o, più semplicemente, iperfocale.

Un ricordo in un Tramonto

Mettere in iperfocale la propria lente significa ottenere una profondità di campo che si estende da metà di questa distanza fino ad infinito. Come probabilmente saprete, la distanza iperfocale è specialmente usata in ambito paesaggistico dove sovente si vuole ottenere una foto con un soggetto visibile in primo piano (rocce, fiori, tronchi, e chi più ne ha ne metta) senza perdere il dettaglio sul cielo, l’orizzonte o, più in generale, lo sfondo.

Dove è localizzata?

hyperfocal_diagram

Come si vede dall’immagine e come dicevo prima, il piano di fuoco è ad una distanza “H” ma la profondità di campo si estende da “H/2” fino ad infinito. Questa distanza H non è definita a priori ma varia al variare del tipo di sensore, della lunghezza focale e del diaframma utilizzato. Proprio per questo, bisogna avvalersi in prima battuta di uno script di calcolo (a meno di voler utilizzare le formule matematiche) che, dato in input il tipo di sensore, la focale e l’f/stop (approfondimento su f/stop fo Dummies) restituirà il valore di H in metri.

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Nell’esempio qui sopra, ho impostato come sensore un classico full-frame e quindi un CdC di 0.003 (approfondimento su PdC for Dummies). Ovviamente per comodità non si sceglie di mettere a fuoco esattamente pari al valore riportato in tabella poiché è difficile impostare la lente a 3.2m o a 9.6, ci si accontenta piuttosto di una leggera approssimazione (in eccesso, ovviamente). Solitamente si imposta il fuoco a 1m (o 2m in base a quale dei due è presente sulla ghiera di messa a fuoco del nostro obiettivo) e si va a calcolare qual è la coppia minima focale/diaframma che permette di avere una profondità di campo infinita.

Come si usa in pratica? Non vi sono regole generali, ma solo regole empiriche che vanno poi adattate a seconda delle necessità. La prima volta che mi son trovato a voler impostare l’iperfocale ho seguito questi passi:

  1. Aprire il sito http://www.dofmaster.com/dofjs.html
  2. Inserite il tipo di corpo macchina che possedete (nell’esempio le Full Frame Nikon)
  3. Impostate la lunghezza focale che vorrete usare (in questo caso 14mm)
  4. Impostate la distanza del soggetto ad 1m (oppure 2m, a seconda del valore a disposizione sull’obiettivo)
  5. Aumentate l’f/stop fino a che comparirà la scritta: “Total depth of field: Infinite”

A discrezione dell’utilizzatore è possibile diminuire l’apertura del diaframma così da minimizzare il limite inferiore di messa a fuoco (l’H/2 che citavo ad inizio articolo) così da avere maggiori possibilità di mettere a fuoco gli oggetti in primo piano. È importante però non eccedere in un f/stop troppo alto poiché si potrebbe incorrere nel fenomeno della diffrazione, riducendo così la nitidezza e la qualità complessiva dell’immagine.

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Nel caso fossimo ancora alle prime armi e non avessimo a disposizione un computer o uno smartphone, possiamo crearci automaticamente una comoda tabella da portare sempre con noi come questa:

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La diffrazione è un effetto ottico che limita la risoluzione della nostra fotografia, a prescindere dal numero di megapixel che la nostra macchina possiede. Si verifica perché la luce inizia a disperdersi (o difrarre) quando passa attraverso aperture eccessivamente piccole (nel nostro caso il diaframma troppo chiuso). Il problema principale è che spesso per ottenere una maggior profondità di campo, e quindi una “nitidezza” maggiormente estesa, si tende a chiudere il diaframma ma, esagerando, si può incorrere nella diffrazione ed ottenere l’effetto contrario con scarsa risolvenza. La domanda importante è quindi: “da quale diaframma la mia macchina inizia ad avere un problema di diffrazione?”.

Come spiegavamo prima, il problema nasce dall’interferenza tra i raggi di luce che passano attraverso il diaframma troppo chiuso, il quale li porta a deviare traiettoria molto di più di quanto succede con ampie aperture.

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Questa deviazione andrà a produrre un “pattern” sul sensore sul quale vi saranno zone più illuminate di altre. Questo pattern prende il nome di “Airy Disk”:

airydisk

Se il diametro del primo cerchio nero è maggiore della dimensione di un pixel, o meglio di due, tenendo conto che ogni pixel registra solo 1 colore (filtro di Bayern), allora inizia a manifestarsi la diffrazione. Essa dipende a sua volta dalla lunghezza d’onda della luce e dall’apertura del diaframma. Per fare un esempio concreto, prendendo un sensore APS-C ed un sensore Full Frame, con medesima risoluzione, la diffrazione insorgerà prima su quello APS-C per la minore dimensione dei suoi pixel.

Riformulando per l’ultima volta quanto detto includendo, questa volta, anche il concetto di CdC. La diffrazione incomincia a limitare la nitidezza quando il “cerchio di confusione” del sensore usato è minore del doppio del diametro dell’Airy disk, poiché quest’ultimo dipendente dal diaframma.

Come per l’approfondimento sui ritratti, anche in questo destinato ai fotografi paesaggisti concludiamo con qualche consiglio per gli acquisti. Escludo volontariamente ciò che è stato presentato al Photokina (in particolare Samyang) dato che non si hanno ancora test specifici ma, nel caso foste interessati alle loro interessanti novità, vi consiglio di ascoltare la seconda puntata del SaggioPodcast, interamente dedicata alla fiera di Colonia.

Per i budget alti c’è poca scelta o, meglio, dipende da quanto si vuole spendere. Lo scettro è certamente detenuto dallo Zeiss 15mm f/2.8 ma, visto il suo prezzo, è inaccessibile a molti. Tornando su costi più umani (ma comunque alti) al secondo posto troviamo il Nikon 14-24 f/2.8 i cui unici difetti sono una scarsa resistenza ai flare e l’impossibilità di utilizzare filtri a vite, obbligandoci ad utilizzare i più complessi e costosi Lee, per cui un set GND+ND con Holder in X-Pro size viene a costare circa 350€. Questo obiettivo è così valido che viene spesso utilizzato anche su corpi Canon, dove si trova invece il 16-35 f/2.8, una buona ottica dal costo abbastanza contenuto (intorno ai 1200€) che permette di arrivare ad una focale valida anche per la street. Mi riservo il diritto di citare un’ottica che ha fatto la storia tra paesaggio e street, ossia lo stupendo 17-35 f/2.8 Nikon che è attualmente l’unica alternativa al più buio 16-35 f/4 VR.

Per budget medi o per chi vuole iniziare a catturare i suoi primi  paesaggi, il mio primo consiglio è il Samyang 14mm f/2.8, un obiettivo per full-frame molto wide ed economico. Per il formato APS-C, invece, il miglior obiettivo che potete prendere è probabilmente il Tokina 116 che è stato recentemente aggiornato con un trattamento anti flare migliore. Rimanendo sempre in casa Tokina, se siete proprio a corto di budget ed avete un corpo Full Frame, consiglio il Tokina 17mm f/3.5 (versione MF) che si porta a casa con circa 100€. Tornando in casa Nikon ma per corpi APS-C, va menzionato il Nikon 12-24 f/4 che è tra i migliori nella resistenza al flare ed è ideale se intendete scattare molto controluce.. Se si possiede un corpo Canon con sensore APS-C allora il consiglio è tra l’EF-S 10-22mm f/3.5-4.5 USM o l’ottimo Sigma 8-16mm f/4-5,6.

Gianmarco Meroni

Ingegnere per dovere, fotografo e viaggiatore per passione. Prediligo andare alla scoperta di posti insoliti e non convenzionali per conoscere i luoghi più remoti del pianeta attraverso gli occhi e i sorrisi della sua gente. La foto migliore è quella che non ho ancora scattato, il viaggio più bello il prossimo! Tutto il resto é su Ethnologies.it.

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