Prototipi tracciati e leak “governativi”: il culto della segretezza di Apple ancora sotto la lente

Uno degli aspetti di Apple che più incuriosisce è di sicuro legato al suo culto della segretezza, osservato strettamente nell’era Jobs e un po’ meno in quella Cook. Nel corso del tempo sono già emerse informazioni relative alle condizioni a cui devono sottostare vecchi e nuovi dipendenti, ma di tanto in tanto gli “ex” arricchiscono ulteriormente questi spaccati di vita dell’azienda di Cupertino. Le più recenti provengono da un topic su Quora segnalato su TUAW, emerso lo scorso anno agli onori della cronaca per un’interessante storia sui primi anni di OS X per Intel.

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La parte più interessante riguarda il trattamento riservato ai prototipi, sorvegliati quasi quanto la Nuclear Football del Presidente americano e che in alcune parti conferma quanto già emerso dal libro “Inside Apple” oggetto di precedenti rivelazioni:

Tutti i prototipi sono dotati di un numero seriale impresso col laser e tracciati da un sistema centrale (chiamato iTrack). La sicurezza fisica è anch’essa posta come prioritaria, con la necessità di chiudere a chiave i prototipi quando non sono in uso. L’accesso ad essi è ristretto, e il presupposto tipico in azienda prevede che tu non sappia a cosa stiano lavorando i tuoi colleghi.

L’accesso fisico alle aree di certi gruppi (design dei prodotti, design industriale e affidabilità) è altamente ristretto tramite l’uso di badge. Le aree più sensibili, come lo studio di design industriale, hanno addetti alla reception, videocamere esterne per monitorare gli ospiti e la necessità di un accompagnatore che garantisca per voi. In queste aree e in questi gruppi, la conoscenza sui progetti relativi al prodotto è diffusa così come l’accesso ai prototipi, ma tutto ciò non esce al di fuori dell’area.

In questo caso, trattandosi di un impiegato Apple per stessa ammissione dell’anonimo utente, le informazioni sono abbastanza aggiornate e successive al caso del prototipo di iPhone 4 ritrovato ad aprile 2010 in un bar e rivenduto a Gizmodo, che ha causato guai legali al suo caporedattore e un embargo dai successivi eventi dell’azienda, una vicenda che avrà fatto scattare misure aggiuntive a quelle già adottate. Riguardo al secondo paragrafo in particolare, è molto esplicativo anche un aneddoto risalente alla NeXT da parte di un ex-dipendente, Ken Rosen:

Agli inizi, tutto era aperto a tutti. C’era persino un raccoglitore nell’ufficio del CFO (Chief Financial Officer) con gli stipendi di ogni impiegato. Ci era stato detto che potevamo consultarlo in qualsiasi momento. In pochi lo fecero. Steve ci disse: “Dentro NeXT, tutto è aperto. Fuori, non diciamo niente”. Col suo fantastico modo, aggiunse: “Ciò continuerà fino al primo leak. Se non proveremo di essere in grado di mantenere un segreto, torneremo a fare come qualsiasi altra azienda”. Nessuno voleva che ciò accadesse.

(…)

Il giorno del giudizio (ossia il leak, ndr) arrivò, naturalmente. Probabilmente qualcun altro proveniente da NeXT si ricorderà esattamente riguardo cosa. Sono sicuro che Steve non ha considerato nemmeno per un momento di riprovare lo stesso metodo quando rientrò nella ben più grande Apple.

Non solo a One Infinite Loop vige la regola della segretezza: nei limiti del possibile, si cerca di limitare i leak anche alla fonte principale, ovvero i fornitori asiatici. Sempre dall’autore delle prime informazioni:

Ovviamente, le maggiori fuoriuscite di informazioni avvengono al di fuori del campus di Apple, nella nostra catena di fornitori in Asia. I grandi volumi dei nostri prodotti in previsione del lancio comportano la presenza in circolazione di milioni di parti-prototipo al fatidico giorno, con migliaia di pezzi fabbricati fino a un anno prima. I fornitori sono accuratamente ispezionati da dipendenti Apple e penalizzati finanziariamente se un leak viene ricondotto al loro stabilimento. Numeri unici di progetto sono utilizzati per componenti differenti, come le schede logiche, i display, i case, per rendere difficile agli esterni che sorvegliano la nostra catena di fornitori il riferimento incrociato tra questi numeri e quindi la composizione del set di funzionalità previste per quel prodotto.

E se il leak provenisse da una fonte “di peso”? Può accadere come nel caso di Adam Banks, che nel 1998 era caporedattore della rivista britannica MacUser:

Stavo dirigendo MacUser UK nel 1998 quando comparirono indiscrezioni relative a un tipo completamente nuovo di Mac in sviluppo presso Apple. Per una serie di colpi di fortuna, fummo la prima rivista a pubblicare quella che si rivelò essere una descrizione alquanto accurata del computer che un paio di mesi dopo sarebbe stato lanciato come iMac. Ricevemmo i dettagli da qualcuno che lavorava in un posto a cui Apple aveva fornito delle unità di prova.

Probabilmente si può ora rivelare con sicurezza quale fosse quel posto. Era il Pentagono. In confronto ai veri segreti che dovevano mantenere, di farlo per qualche PC di plastica immagino a nessuno importasse un tubo (traduzione volutamente meno colorita, ndr).

A dimostrazione che, per quante precauzioni si possano prendere, la verità può affiorare a galla persino da dove non ce lo si aspetterebbe mai. E nel caso del Pentagono, siamo abbastanza sicuri che Apple non potrà riservare le stesse “punizioni” somministrate a Gizmodo.

Giovanni "il Razziatore"

Deputy - Ho a che fare con i computer da quando avevo 7 anni. Uso quotidianamente OS X dal 2011, ma non ho abbandonato Windows. Su mobile Android come principale e iOS su iPad. Scrivo su quasi tutto ciò che riguarda la tecnologia.

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