Recensione: Canon EOS 6D, la piccola Full Frame dalle buone doti

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La fotografia può essere un lavoro ma è, prima di tutto, una passione. Non c’è un limite di età o classe sociale, chiunque può osservare il mondo e catturare istanti evocativi dalla propria prospettiva, anche con un semplice cellulare. Tra il professionista e il fotografo occasionale si trova il tessuto che è la trama più importante per la cultura fotografica, quella costituita dagli amatori. Ed è proprio a loro che i principali brand della fotografia reflex hanno dedicato una nuova linea di corpi Full Frame “economici”. Nella recensione della Nikon D600 si è chiarito che non si tratta di economicità in senso stretto, ma se già ora la Canon 6D ha lo stesso prezzo di una 5D Mark II di sei anni fa, si può ben sperare che questa nuova classe di Full Frame possa raggiungere, magari a fine ciclo, la soglia psicologia dei 1.000€.

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Caratteristiche principali

La Canon EOS 6D è la sorella minore della 5D Mark III, nelle caratteristiche, nel prezzo ma anche per il corpo, più compatto e leggero. In realtà è perfino più piccola della 7D, seppure questa sia equipaggiata con un sensore APS-C. Per la 6D Canon ha realizzato un nuovo sensore CMOS Full Frame da 20.2MP, riutilizzando le medesime tecniche già viste nella 5D Mark III, come il gapless e le microlenti per massimizzare la luce catturata. Invariata anche la sensibilità ISO che va da 100 a 25600 ed è espansibile fino a 50-102800. Il processore d’immagine è lo stesso DIGIC 5+ della sorella maggiore, ma lo scatto continuo si ferma a 4,5fps, contro i 6fps della 5D Mark III. Il motore di messa a fuoco è tra le caratteristiche di maggiore distinzione tra i due corpi, molto più semplice nella 6D con solo 11 punti e quello centrale a croce. Ma la giovane Canon è anche la prima DSLR di casa ad avere il modulo Wi-Fi e GPS integrato.

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Montando lo stesso obiettivo su 6D e 5D l’ingombro risulta simile, ma il corpo ha un volume inferiore del 20%.

Corpo ed Ergonomia

Pur contenendo le dimensioni, Canon ha fatto un ottimo lavoro nella costruzione della EOS 6D, che appare robusta e ben bilanciata. L’altezza dell’impugnatura è sufficiente per appoggiare anche il mignolo con mani medio-grandi e la sensazione è quella di maneggiare un prodotto snello ma di buona qualità. Il peso è di 760g batteria inclusa, contro i 950g della 5D Mark III, una differenza di circa il 20% che a fine serata si fa sentire. La zona superiore è l’unica a non essere in lega di magnesio, una scelta obbligata per far funzionare le antenne radio, ma il corpo rimane ugualmente tropicalizzato, similmente alla 5D Mark III.

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Display e Mirino

Al fine di poter contenere i costi mantenendo un cuore nobile, Canon ha limato un po’ le specifiche tecniche di display e mirino. Sul retro troviamo un pannello LCD TFT da 3″ con 1 milione di punti. Dimensione e risoluzione sono più che sufficienti allo scopo, ma se anche possiede la tecnologia Clear View II si nota che l’unità è un po’ vecchia scuola, di quelle con il display leggermente arretrato rispetto il vetro di copertura e che, con angoli di vista superiori ai 30°, perdono colore ed intensità. Tutto sommato è usable anche all’aperto ma il salto generazionale rispetto la 5D Mark III è avvertibile, più per questo che per i 0,2″ di diagonale in meno. Compatto ma utile il display LCD superiore, il quale evidenzia i principali parametri di scatto, aiuta nella selezione delle impostazioni ed è retroilluminato con la classica luce giallo-ambra, in modo da risultare ben visibile anche al buio.

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Perde qualcosa anche il mirino, un valido pentaprisma ma che si attesta sul 97% di copertura, più vicino al 98% della 5D Mark II che al 100% della Mark III. Avere un mirino che mostra esattamente ciò che si inquadra può aiutare, nonché far piacere, ma non considererei una copertura del 97% come una reale limitazione sul campo. È presente la correzione ottica delle diottrie e le informazioni visibili in basso sono piuttosto chiare e complete. Non è possibile visualizzare una griglia in sovraimpressione.

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Controllo, impostazioni, menu

Sul retro la quantità e la disposizione dei comandi ricorda molto la 60D, discostandosi sia dalla 7D che dalle 5D per la mancanza della colonna di controlli a sinistra del display. L’approccio è molto semplice ma razionale e tutta la striscia superiore è condivisa con la 5D Mark III. Si parte con i pulsanti MENU ed INFO, a sinistra del mirino, per poi passare al selettore foto/video per il LiveView con pulsante start/stop al centro. Ancora più a destra i tasti AF-ON, blocco AE/AF e selezione diretta del punto di messa a fuoco. Quest’ultima funzione può anche essere assegnata direttamente al pad direzionale tramite la personalizzazione C.Fn III: 5.

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I tre pulsanti azzurri a destra del display riguardano funzioni di riproduzione e sono: lente di ingrandimento, play e cestino. In modalità LiveView viene preservato lo zoom per una messa a fuoco di precisione. Il pad direzionale ad 8 vie è circondato da una ghiera dei parametri, quella che in modalità M interviene sul valore del diaframma. In basso si trova il classico blocco di sicurezza che dalla personalizzazione C.Fn III: 3 può essere configurato per agire su ghiera principale, ghiera posteriore e pad direzionale.

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Molta importanza è assegnata al pulsante [Q]uick, il quale consente di accedere alla modifica di tutte le voci visualizzate nel display. Come nella 60D non c’è un pulsante dedicato all’impostazione diretta del bilanciamento del bianco, per cui il passaggio da Quick diventa la soluzione più rapida.

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In cima troviamo AF, DRIVE, ISO e METERING, tutti pulsanti da usare insieme alle ghiere per modificare i relativi parametri. Essendoci una sola funzione per tasto (e non due come avviene su altri corpi Canon) si può adoperare indistintamente la ghiera principale o quella posteriore. Leggermente più piccolo e defilato, il tasto che consente di attivare la temporanea retroilluminazione del display LCD superiore. Il pulsante di scatto e la ghiera primaria sono perfettamente analoghi per funzionalità, dimensione e collocazione rispetto agli altri corpi Canon, quello che manca è l’utile tastino personalizzabile M-fn, presente nella 7D e nella 5D Mark III.

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La torretta con i modi di scatto possiede il semplice meccanismo di blocco con tasto centrale, al fine di evitare modifiche accidentali. A differenza della 5D Mark III troviamo due posizioni automatiche in più, quella con le Scene e la CA (Creative Auto) che seleziona autonomamente la scena più adatta. Rimangono i classici metodi B, M, Av, Tv, P, A+ a cui si aggiungono C1 e C2 personalizzabili dall’utente. Nella parte frontale, in basso vicino all’obiettivo, si trova il pulsante per l’anteprima della profondità di campo, la cui funzione può essere anche riprogrammata assegnandogli l’attivazione della livella elettronica, disattivazione IS, disattivazione AF, blocco esposizione o altro.

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AF – Messa a fuoco

Per la 5D Mark III e la 1D X Canon ha realizzato un sistema di messa a fuoco a 61 punti, performante e complesso, la cui configurazione avviene attraverso ben 5 pagine del menu principale. La 6D è decisamente più modesta con il suo AF da 11 punti ma le prestazioni sono tutt’altro che deludenti. Certo, non è la fotocamera adatta per il tracking dei soggetti, anche perché la rosa dei sensori non è molto estesa sul frame, ma la sensibilità è davvero buona anche con luce minima. Questo vale per tutti i punti, anche quelli più estremi, ma in modo particolare per quello centrale a croce che arriva fino a -3EV. In un confronto diretto con la 5D Mark III (che si ferma a -2EV) la 6D riesce spesso spuntare un’efficacia migliore con bassa luminosità. Questo modulo AF potrà magari deludere chi necessita dell’inseguimento dei soggetti, per tutti gli altri, specie chi lavora principalmente con il punto centrale, risulterà più che valido.

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Attivando il LiveView lo specchio si alza e non invia più la luce al sensore AF per rilevamento di fase, per cui si passa alla meno performante messa a fuoco passiva, altrimenti detta per contrasto. Il metodo definito “FlexiZone” (equivalente al classico AF Live) ci consente di scegliere una qualsiasi porzione del fotogramma ma è sempre piuttosto lento. Canon offre anche la modalità mista AF Quick che abbassa rapidamente lo specchio e consente di utilizzare la più rapida messa a fuoco per rilevamento di fase. A parte il rumore in più, che può essere fastidioso, è un metodo interessante ma anche limitato: nelle altre reflex del marchio, compresa la 5D Mark III, consente di mettere a fuoco solo sul punto scelto prima dell’attivazione del LiveView. Finalmente la 6D supera questo fastidioso limite ed attivando l’AF Quick si avrà facoltà di selezionare liberamente il punto di messa a fuoco.

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Flash

Come le altre Full Frame di casa, anche la Canon EOS 6D non possiede il lampeggiatore integrato. Tramite la slitta a caldo supporta le unità ETTL II, controllabili direttamente on camera dal menu principale. L’unica impostazione presente nell’area [Q]uick è la compensazione di esposizione, tutte le altre voci sono inserite nella seconda pagina del menu di registrazione, alla voce Controllo Speedlite esterno. Qui si avrà la possibilità di determinare rapidamente il metodo di sincronizzazione, il tipo di lettura, ecc… A differenza della 5D Mark III non è presente la porta sync flash.

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Metering – Esposizione

La valutazione della scena è affidata al sensore iFCL a 63 zone, lo stesso presente nella sorellona 5D Mark III. Chi lavora frequentemente in P o con i metodi a priorità Tv/Av, noterà risultati sempre molto validi, basta un po’ di accortezza nel selezionare la corretta modalità di misurazione della luce a seconda della scena, tra valutativa, parziale, spot e media pesata al centro. Molto comoda la compensazione rapida con la ghiera secondaria, una delle buone tradizioni di casa Canon. Se si scatta in JPG si può sfruttare l’algoritmo di ottimizzazione automatica della luce, che può essere impostato su tre livelli: basso, standard, alto. Scattando in RAW+JPG e mantenendo l’ottimizzazione della luce sempre al massimo, si noterà che l’effetto è quello di ridurre leggermente i contrasti nelle aree estreme dell’istogramma, schiarendo le ombre o recuperando le alte luci. L’intervento è spesso poco evidente e non agisce sempre nello stesso modo ma si adatta alla scena. Può, ad esempio, aprire le ombre in uno scatto troppo scuro o recuperare un po’ di dettaglio in quelle chiare, ma sempre in modo naturale. Nelle inquadrature ad alto contrasto, dove si contrappongono zone buie ed altre molto luminose, l’ottimizzazione tende solo a preservare un po’ le zone sovraesposte, mentre l’HDR offre risultati decisamente migliori. Peccato che questo si possa attivare soltanto in JPG e, dunque, non mantenga anche i file RAW utilizzati per la fusione, come accade invece nella 5D Mark III.

Ottimizzazione automatica della luce OFFON (Alto) – HDR

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WB – Bilanciamento del bianco

Arrivando da 7D o 5D, una cosa che si nota immediatamente nella 6D è l’assenza del pulsante dedicato al White Balance nella zona superiore, sempre presente nei corpi pro e semi-pro. In prima istanza mi era sembrata una mancanza imperdonabile ed ho voluto confrontarmi con un amico che fa matrimoni da molto più tempo di me. Il suo approccio è stato completamente diverso, perché è abituato a non avere tempo di spostarsi dal bilanciamento automatico (AWB) e, scattando in RAW+JPG, corregge eventuali dominanti in post produzione. In effetti il mio punto di vista è fortemente influenzato dall’area video, dove un bilanciamento errato è più fastidioso. Ad ogni modo si può intervenire sul WB in modo non troppo complicato, tramite il tasto [Q]uick e la successiva localizzazione dell’icona del bilanciamento sul display, che comunque si deve guardare se si fa video. Le posizioni selezionabili sono le classiche: automatico, luce diurna, ombra, nuvoloso, tungsteno, fluorescente, flash, personalizzato e gradi kelvin (da 2500 a 10000 con passi di 100). Poche funzioni ma piuttosto efficaci, con un bilanciamento generalmente soddisfacente anche in modalità auto.

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Purtroppo Canon non vuole decidersi a migliorare il processo di premisurazione personalizzata del bianco, che continua a richiedere lunghi e contorti passaggi. Si dovrà prima fotografare un’area neutra, poi accedere al menu principale, cercare la voce WB Personalizzato, confermare l’utilizzo dell’ultima immagine catturata e poi impostare il bilanciamento del bianco su personalizzato. Se siete sempre stati canonisti e vi state chiedendo cosa si potrebbe fare di meglio, sappiate che tutti i brand lo fanno. Pur senza voler prendere a riferimento Nikon, dove basta tenere premuti due tasti contemporaneamente, sarebbe opportuno quantomeno allinearsi a tutti gli altri, come Sony, Panasonic e perfino Samsung, dove si può attivare la misurazione del bianco “al volo”, direttamente dalla maschera di scelta del bilanciamento.

Metodo drive – Scatto continuo

Pur avendo 2MP in meno e lo stesso processore d’immagine DIGIC 5+ della Canon 5D Mark III, la 6D ha uno scatto continuo più lento, che la casa dichiara di 4,5fps. Facendo una serie di prove con diverse memorie SD di buona qualità, ho archiviato le prestazioni migliori con la SanDisk Extreme Pro SDHC 16GB UHS-1 95MB/s. Con nessuna impostazione sono riuscito a confermare i 4,5fps ed ho ottenuto invece qualcosa di più vicino a 4fps (circa 4,1fps per essere più precisi). In JPG il buffer sopperisce in tempo reale e si può andare avanti all’infinito, ma solo con una scheda molto veloce, mentre in RAW il buffer si riempie dopo 23 scatti e poi si passa ad un più modesto 1,8fps. In RAW+JPG ne bastano 8 per saturare il buffer ma poi si continua ad 1,4fps. Questi risultati non fanno gridare al miracolo ma per una Full Frame con questa risoluzione e in questa fascia di prezzo, sono più che apprezzabili. La 5D Mark III ha un buffer di uguale capienza ma con i 2MP in più lo satura prima e si comporta peggio della 6D (ad es. in RAW+JPG fa 7 scatti e poi continua ad 1fps).

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Oltre agli altri classici metodi di avanzamento, come l’autoscatto da 2 o 10 secondi, si segnala il piuttosto efficace scatto silenzioso, disponibile anche in modalità continua: leggermente rallentato ma realmente più discreto e meno incline alle vibrazioni. Molto utile quando si deve essere più discreti.

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Qualità d’immagine

Uscendo con Canon 5D Mark III e 6D al seguito, è quasi impossibile notare differenze evidenti tra i file RAW generati dalle due fotocamere. Il WB auto archivia colori leggermente diversi ma con lo stesso obiettivo ed i medesimi parametri, la quantità di dettaglio, la gamma dinamica e la profondità colore sono praticamente identiche. I 2MP in meno sono un nonnulla ed i test di DxOMark (impara a leggerli) evidenziano differenze davvero minime, complessivamente a vantaggio della 6D rispetto le 5D Mark II e Mark III.

dxomark

Come da prassi, i JPG appaiono un po’ soft con le impostazioni standard, condizione che si accentua utilizzando il picture style Neutro (che è quello che preferisco per colori e contrasto). Ovviamente se ne possono modificare i parametri per ottenere risultati migliori già nel JPG, ma la cosa più importante è che il file grezzo è ricco di informazioni già al naturale e, con un pizzico di sharpening, le cose migliorano ulteriormente.

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La Canon 6D produce immagini di elevata qualità sotto ogni punto di vista e, seppure il corpo sia posizionabile nel settore amatoriale evoluto, può soddisfare tranquillamente le esigenze di molti fotografi professionisti.

Resa ad alti ISO

Quando la luce scende e la sensibilità sale, la 6D non delude le aspettative dei più esigenti. Fino ad 800 ISO le immagini sono praticamente perfette, a 1600 ISO si inizia ad intravedere un minimo di rumore nella luminanza dei file grezzi, ma solo azzerando le impostazioni di sviluppo forzatamente.

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Le immagini catturate a 3200 ISO sono ancora usabilissime, anche se fa la sua comparsa un po’ di rumore cromatico, da correggere in fase di sviluppo. I JPG sono più puliti ma perdono un po’ di dettaglio. Salendo ancora, fino a 6400 ISO, i file sono ancora molto buoni per tenuta di colore e informazioni: siamo certamente ai vertici della categoria.

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Vi propongo un interessante confronto sulla resa ad alti ISO di 5D Mark III e 6D. Per la prima ci sono solo i RAW esportati con le impostazioni base di Adobe Camera Raw, mentre per la seconda ci sono anche i JPG. Mi scuso per un po’ di micromosso presente in alcuni crop al 100% < 800 ISO (in modo particolare nella 5D Mark III ), tuttavia la finalità di questo specifico confronto non è quella di verificare la risoluzione del sensore o la nitidezza dell’obiettivo ma l’insorgenza di rumore digitale con sensibilità elevate e l’effetto della sua riduzione nei file JPG.

Test-ISO

Seleziona ISO: 1002004008001600320064001280025600

ISO100

Come si può notare siamo in presenza di un sostanziale ex aequo tra i due sensori, con alcuni step che sembrano addirittura a favore della 6D (a 6400 ISO è evidente che abbia meno rumore). Decisamente impressionanti i JPG a 6400 e 12800 ISO, ottenuti direttamente on camera con picture style standard: la definizione scende ma il bilanciamento a favore della pulizia offre risultati davvero apprezzabili.

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Connessioni, memoria, batteria

Sul fianco sinistro della 6D troviamo due sportellini in gomma, i quali coprono tutti i collegamenti. Sul primo vi è la mini USB sopra l’uscita video micro HDMI, nel secondo la porta per il telecomando e l’ingresso audio 3,5mm. Due le mancanze rispetto la 5D Mark III: la porta sync flash e l’uscita audio, senza la quale è impossibile monitorare il registrato in cuffia.

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La piccola Full Frame di casa Canon si affida alla memorizzazione su secure digital, supportando fino alle più recenti SDXC UHS-1. Con un solo slot, posizionato sulla destra del corpo, non si avrà la possibilità di effettuare backup come avviene sulla rivale Nikon D600 (recensione). Le SD sono maturate molto negli ultimi anni ed offrono ottime velocità a prezzi inferiori rispetto le CF, tuttavia lo slot unico potrebbe rappresentare un freno per i fotografi di eventi potenzialmente interessati alla 6D per le sue ottime qualità.

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La batteria è la classica Canon LP-E6 che, secondo lo standard CIPA, può fornire autonomia per circa 1000 scatti, qualcosa in più rispetto la 5D Mark III, la quale potrebbe consumare di più a causa del display più grande e della maggiore quantità di pixel sul sensore. Portata sul campo non si notano differenze rispetto la sorella maggiore, ma quel numero di scatti si ottiene solo con un uso particolarmente parsimonioso del display e con molti scatti a raffica. Personalmente non ho mai superato i 650 scatti RAW+JPG con uso saltuario dello schermo, che scendono anche a 350/400 se si alterna con un po’ di video. L’uso della batteria è particolarmente soggettivo ma vi posso dire che non ho avvertito alcuna differenza rispetto la 5D Mark III, sempre che si mantengano Wi-Fi e GPS spenti.

Wi-Fi e GPS

Tramite il menu della 6D si può attivare sia il modulo GPS che quello Wi-Fi, gestibili separatamente. Mantenendoli entrambi attivi la batteria si consuma molto rapidamente, anche quando la fotocamera è in standby. Non c’era da aspettarsi diversamente, dopotutto. Limitandone l’uso ai casi di necessità ed evitandone l’attivazione contemporanea, si riescono a sfruttare entrambi in modo egregio e con ottime soddisfazioni. Il GPS consente di georeferenziare le nostre foto e di memorizzare il nostro percorso tramite la funzionalità GPS logger. Per quanto riguarda il Wi-Fi le opzioni più interessanti sono quelle del controllo remoto via computer, smartphone o tablet, l’invio diretto su internet verso Canon iMage Gateway, Facebook o Twitter, nonché la visualizzazione su una TV dotata di DLNA.

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La configurazione Wi-Fi è rapida ed intuitiva, si può scegliere di agganciarsi ad una rete preesistente, oppure di creare un collegamento diretto. Con Android ed iOS si scarica la relativa app EOS Remote e si è subito pronti a controllare lo scatto in LiveView, determinare il punto di messa a fuoco, modificare i parametri manualmente. Il tutto funziona in modo fluido ma è limitato alle funzioni fotografiche. Questo è un limite attualmente condiviso anche da altri produttori, quello che invece delude è che l’app non sia compatibile con lo schermo da 4″ dell’iPhone 5 e si debbano vedere le strisce nere.

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Tramite EOS Utility sul computer, il software di abbinamento WFT trova la fotocamera immediatamente, appena entra nella rete locale. A quel punto si potrà azionare il tradizionale tethering, quasi identico a quello via cavo, con l’unica distinzione relativa alla mancanza di gestione del comparto video (problema condiviso con altri brand e moduli integrati). Non c’è dubbio che Canon offra una delle migliori esperienze di controllo wireless tramite computer, il tutto con un modulo integrato su una DSRL Full Frame.

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Video

La Canon 6D registra filmati in MPEG-4 con codifica H.264 ed audio stereo (mono con il microfono integrato). I formati disponibili sono:

  • 1920×1080 (25p/24p) ALL-I (circa 91,33 Mbps)
  • 1920×1080 (25p/24p) IPB (circa 31,33 Mbps)
  • 1280×720 (50p) ALL-I (circa 81,33 Mbps)
  • 1280×720 (50p) IPB (circa 27,33 Mbps)
  • 640×480 (25p) IPB (circa 10,4 Mbps)

Come da tradizione, ogni clip può durare fino a 29:59 e la qualità del registrato è apparentemente molto simile a quella della 5D Mark III, così come i formati disponibili.

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Con un confronto diretto si evidenziano due aree in cui la 6D non riesce ad eguagliare il corpo di categoria superiore. La prima è la tenuta ad alti ISO, valida ma leggermente inferiore rispetto i risultati straordinari della 5D Mark III. Di seguito un brevissimo montaggio di alcune clip girate a caso, esclusivamente (e volutamente) tra 3200/6400 ISO.

La seconda, forse più fastidiosa, è una forte tendenza al moiré. Basta inserire in scena un elemento con trame fitte e sottili, come i mattoni di una casa, per notare delle fastidiose scalettature. Per riprodurre il difetto è sufficiente inquadrare un cavo elettrico:

Canon EF 24-70mm f/4L IS USM review

Una breve menzione anche per il nuovo obiettivo zoom standard presentato di recente da Canon, disponibile anche in kit con la 6D. Il 24-70 f/4L è più costoso del 24-105 f/4L, perde ben 35mm di lunghezza focale in tele ma si differenzia per una qualità ottica migliore (test DxOMark) e la presenza di una modalità Macro. Per attivarla si deve spostare verso avanti il selettore presente sul barilotto e ruotare la ghiera di zoom fino a superare i 70mm.

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Una volta entrati in modo Macro si può raggiungere un rapporto di riproduzione massimo di 0.7x, anche se bisogna avvicinarsi moltissimo al soggetto facendo ombra con lo stesso obiettivo. Si possono comunque ottenere ottimi risultati (magari con un flash ad anello) e la differenza rispetto il 24-105L è davvero notevole visto che quello raggiunge un rapporto di riproduzione di soli 0.23x.

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4Conclusioni

La Mark III non è stata un semplice rinnovo della 5D Mark II. Canon ha deciso di innalzarla ad un livello superiore ed il modulo AF, per la prima volta condiviso con la serie professionale 1D X, è solo uno dei segnali di questa evoluzione, insieme al doppio slot di memoria, al mirino, alle funzioni, al prezzo. Sotto di questa si è creato un’ampio spazio, che la Canon EOS 6D va a colmare con un prezzo di circa 1750€. Questa Full Frame compatta sembra creata per bissare il successo originario della 5D, facendo leva sugli stessi principi cardine di allora, ovviamente ripensati in chiave moderna. C’è sempre l’ampio sensore dalle buone doti, un corpo compatto (ora ancor di più) e un prezzo interessante ottenuto ricercando un delicato equilibrio dei componenti. Il mirino non è al 100% e il display non è dei più moderni, l’AF ha solo 11 punti e c’è solo uno slot di memoria, ma quando si tratta di fare foto la 6D non si tira indietro ed offre un’ottima qualità in un corpo leggero, compatto e tropicalizzato. Non si può certo negarle un buon voto, anche perché il modulo AF ha un punto centrale sensibilissimo (fino a -3EV) e la presenza di Wi-Fi e GPS integrati la rende unica tra le DSLR. Rispetto la 5D Mark III non ci sono rimpianti nella qualità d’immagine, mentre si sarebbe potuto fare qualcosa in più sul comparto video. Con l’uscita audio e senza il problema del moiré, rischiava di essere un acquisto obbligato per i videografi, perfino come primo corpo. In alcuni ambiti si può avere la sensazione che si sarebbe potuto fare di più con poco, ma la 6D ha tutte le carte in regola per convincere, iniziando dalla fondamentale: buona qualità d’immagine con ottima tenuta ad alti ISO.

PRO
+ Corpo compatto ma robusto, tropicalizzato e molto comodo
+ Buona qualità d’immagine, con ottimo dettaglio nei RAW
+ Ottima tenuta ad alti ISO
+ Buon disposizione dei tasti e controllo con la doppia ghiera
+ Punto AF centrale sensibile fino a -3EV
+ Si può modificare il punto di messa a fuoco in modalità Quick in Live View
+ Modulo GPS integrato
+ Modulo Wi-Fi integrato e con buon controllo remoto da iOS/Android/Mac/PC
+ Buona modalità video con controlli diretti e manuali
+ Registrazione video fino a circa 90Mbps in FullHD 24/25fps ALL-I
+ Buona durata delle batterie

CONTRO
- AF con pochi punti e molto ravvicinati
- Un solo slot di memoria
- Il display sembra un po’ “vecchia scuola”
- Eccessiva tendenza al moiré nella registrazione video
- Manca l’uscita audio

Maurizio Natali

Titolare e caporedattore di SaggiaMente, è "in rete" da quando ancora non c'era, con un BBS nell'era dei dinosauri informatici. Nel 2009 ha creato questo sito nel tempo libero, ma ora richiede più tempo di quanto ne abbia da offrire. Profondo sostenitore delle giornate di 36 ore, influencer di sé stesso e guru nella pausa pranzo, da anni si abbronza solo con la luce del monitor. Fotografo e videografo per lavoro e passione.

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