Bose QC25 vs Beats Studio 2.0: sfida al top della cancellazione del rumore

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Con il tempo, ho maturato la convinzione di poter catalogare chi ascolta musica in base a tre diverse categorie. La cosa interessante è che queste rappresentano anche tre stadi di un unico percorso evolutivo che, spesso, si attraversa nel corso del tempo. Ovviamente non tutti rientrano perfettamente in questa profilatura e non è detto che si passi davvero da uno stadio al successivo, però è una semplificazione che trovo utile per avere un quadro generale di riferimento. L‘entry level è colui che, pur ascoltando molta musica, non si è mai posto il problema di andare oltre gli auricolari ricevuti in dotazione con lo smartphone. In effetti lui ascolta solamente musica liquida da sorgenti come YouTube e Spotify e, per quello che deve fare, si trova già bene così. Magari non si è mai soffermato più di tanto a provare cuffie di migliore qualità, ma se lo dovesse fare si accorgerebbe immediatamente della differenza. In questo caso è facile che decida di fare un passo avanti per collocarsi nella fascia che potremmo definire mid-range. Chi si trova qui ha iniziato a toccare con mano le differenze tra un un mp3 da 128kb/s, un aac da 320kb/s ed un flac. A questo punto ricercherà i servizi di streaming che offrono la migliore qualità e magari eseguirà da solo i Rip (lossless) dai suoi CD audio. Con una sorgente migliore ricercherà auricolari e cuffie di maggiore qualità, arrivando anche a spendere cifre importanti per marchi commerciali molto noti come Beats e Bose (l’ordine è alfabetico). Il prosumer (o audiofilo) ha una vasta conoscenza della materia e per lui termini come impedenza, sensibilità, linearità, thd, ecc.. non hanno alcun segreto. Sceglie sorgente e carico con estrema cura, predilige l’ascolto da CD/Vinile con un impianto stereo accuratamente selezionato e, anche quando la musica passa dal computer, non si fa mancare un DAC. Di solito tutto si traduce in una spesa maggiore, ma non è sempre così. Infatti tra gli audiofili ce ne sono moltissimi che studiano con accuratezza il rapporto qualità/prezzo delle cuffie (difficilmente usano auricolari) scoprendo che i brand più commerciali si fanno pagare più di quanto effettivamente valgano; mentre ce ne sono altri, meno noti, che offrono ottima qualità a prezzi minori. Inutile sottolinearlo, ma i prodotti più commerciali non sono visti positivamente dal prosumer. Ripetendo nuovamente che si tratta di una semplificazione, che tra l’altro non vuole essere di offesa a nessuno (produttori inclusi), specifico che io mi trovo da tempo a metà tra la seconda e la terza categoria. In realtà molto più vicino alla seconda, visto che sono molto lontano dal potermi (e volermi) definire un audiofilo. Ricerco il piacere di un ascolto musicale di migliore qualità ma, pur avendo ben chiara la differenza tra scadente e buono, ho scoperto di non riuscire ad apprezzare quella più sottile tra buono ed eccellente. Invidio e ammiro chi si dedica del tempo per accendere l’impianto stereo, mettere su un CD o un Vinile, indossare un bel paio di cuffie, sedersi in poltrona e godersi lo spettacolo. Bisogna però ammettere che questo è un approccio alla musica che sta diventando sempre più di nicchia (anche se per fortuna non del tutto estinto). Oggi abbiamo il vantaggio di poter avere una collezione infinita di brani sempre a portata di mano grazie allo smartphone e questa comodità ha controbilanciato la riduzione di qualità. Infatti la musica liquida, e in particolare quella in streaming, ha già ottenuto il predominio quasi assoluto del mercato. A questo punto bisogna sottolineare un aspetto importante, ovvero l’interfacciamento tra la sorgente e il dispositivo che usiamo per ascoltare la musica: le casse o, nel caso specifico del nostro discorso, la cuffia. Per funzionare bene e suonare forte, un sistema deve essere equilibrato. Se ad esempio proviamo a collegare una cuffia professionale (magari con impedenza da 600 ohm) ad uno smartphone, noteremo che questa avrà un volume basso, anche se sulla carta potrebbe raggiungere una pressione acustica superiore a 110dB. Per questo motivo le cuffie destinate ad essere usate in mobilità presentano un’impedenza molto bassa, di norma intorno ai 30 ohm. Quindi, prima di scegliere una cuffia bisogna conoscere bene la sorgente a cui sarà collegata, in quanto questo potrebbe farci propendere per un modello piuttosto che un altro. Non è vero, infatti, che una cuffia con specifiche tecniche “migliori” sia sempre la soluzione adatta al nostro scopo. In un mondo in cui la maggior parte della musica arriva proprio da computer e smartphone, c’è un fiorente mercato di soluzioni destinate a dare il meglio con queste sorgenti, dalla cui scheda tecnica leggiamo valori tutto sommato mediocri (quando non sono completamente celati). Ho deciso di provare e confrontare due modelli di fascia alta con cancellazione del rumore che hanno ottenuto un ottimo successo di vendita: le Bose QC25 e le Beats Studio 2.0.

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Struttura ed ergonomia

Le cuffie di Bose sono interamente in plastica e non restituiscono una sensazione di tipo “premium”. Tuttavia sono completamente prive di cedimenti e scricchiolii, quindi la qualità percepita è comunque elevata. Sono molto leggere (205 grammi) ed essendo flessibili (si allargano di molto) non esercitano troppa pressione sul capo e si adattano facilmente ad ogni testa. Al centro dell’archetto sono rivestite da un tessuto nero che ricorda il jeans, soluzione non troppo elegante ma tutto sommato riuscita ed originale. L’imbottitura è spessa circa 1,5cm nella parte centrale, ma è molto morbida e si schiaccia immediatamente, con il risultato che l’archetto, un po’ piatto in cima, preme un po’ sulla testa (ma non eccessivamente). Essendo di tipo Over Ear, il padiglione auricolare circonda completamente le orecchie, andandosi ad appoggiare sul capo e creando così un ambiente chiuso dalla minima dispersione. Le Beats hanno un look più alla moda e sono realizzate in plastica rigida translucida con inserti in metallo. Sono disponibili in bianco e nero, ma anche con diverse colorazioni sgargianti (blu, rosso, arancione, oro) che possono stuzzicare più di quelle classiche delle Bose (ma qui rientriamo nel campo della soggettività). La struttura è piuttosto rigida, si allargano poco e presentano qualche gioco che causa scricchiolii quando le muoviamo. Insomma, il design colpisce ma sono più “cheap” delle Bose e sono anche più pesanti: 250 grammi. Sono sempre Over Ear e il padiglione ha la stessa idendica dimensione di quello delle QC25 di Bose, però la sensazione che si ha indossandole è molto diversa. In queste ultime l’imbottitura ha un struttura un po’ più rigida, che avvertiamo intorno alle orecchie e nei punti d’appoggio sulla nuca, mentre nelle Beats è così soffice e morbida da non sentirsi affatto. Non si può che rimare colpiti da questa sensazione di comodità, però alla lunga il materiale meno traspirante tende a scaldare troppo l’ambiente e può essere fastidioso. L’archetto ha una imbottitura sottile, di circa 1 cm, ma la forma perfettamente circolare in cima preme meno delle Bose sulla testa. Se possibile è meglio provare le cuffie di persona in un negozio di elettronica, perché oguno le può calzare diversamente, però dopo una lunga sessione di ascolto ho trovato più confortevoli le Bose QC25 rispetto le Beats Studio 2.

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Cancellazione del rumore

Entrambe le cuffie sono Over Ear chiuse, quindi meccanicamente isolano già a sufficienza, in più offrono la cancellazione del rumore attiva. In sostanza campionano l’audio dall’ambientale esterno, ne invertono la fase e lo rimandano alle nostre orecchie con l’obiettivo di “annullarlo”. Questo tipo di sistema (ormai ampiamente rodato) funziona molto bene con le frequenze basse, più lente, ma è meno efficace con quelle alte e veloci. In sostanza cancella completamente il brusio della civiltà ma sentiamo comunque un allarme o un clacson. Anche così non sono particolarmente indicate se ci muoviamo in un ambiente urbano, dove è meglio avere occhi e orecchie sempre aperti, ma possono fare la differenza in treno, in aereo e persino a casa. In questo ambito ho riscontrato un vincitore netto: Bose. La cancellazione funziona solo discretamente nelle Studio 2.0 di Beats, mentre nelle QC25 è davvero spettacolare. Se si indossano e si accendono, senza sentire musica, si ha l’impressione di essere catapultati sulla Luna, in un ambiente etereo e senza atmosfera, dove si cammina quasi galleggiando. Va detto che se l’ambiente è molto silenzioso si può avvertire – per assurdo – un leggero rumore di fondo, introdotto proprio dal microfono e dall’audio in controfase mandato in cuffia. Non è propriamente un difetto, quanto una “caratteristica” della cancellazione attiva del rumore, ma comunque è più evidente nelle Beats. Generalmente questo tipo di cuffie non sono amate dagli audiofili, in quanto vanno comunque ad elaborare artificilamente il suono.

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Autonomia

Per far funzionare la cancellazione del rumore è necessaria l’elettricità, per cui entrambe le cuffie hanno una batteria. Nelle Bose c’è uno sportellino sul padiglione destro in cui si infila una normalissima mini-stilo. Ce n’è una fornita in dotazione ma ovviamente è una schiavitù comprare batterie di continuo, per cui consiglio di acquistare delle ricaricabili. Sempre sul padiglione destro c’è un tasto on/off di accensione, vicino al quale si illumina un piccolo LED verde per segnalare lo stato di attività. L’autonomia è di circa 35 ore, anche se ovviamente dipende anche dal volume di riproduzione. Io ne ho fatte circa 28, che comunque ritengo un risultato abbastanza soddisfacente. Inoltre, quando finisce la batteria le Bose suonano lo stesso, anche se senza cancellazione del rumore e con un netto calo di qualità/potenza. Nelle Beats c’è invece una batteria ricaricabile interna, che è sicuramente una soluzione più elegante. Inoltre vicino al tasto di accensione, posto alla base del padiglione destro, ci sono quattro piccoli LED bianchi che segnalano la carica residua. Superata la fase di euforia, perché è tutto molto “cool”, ci si accorge però della maggiore comodità della soluzione di Bose. Infatti le Beats non suonano affatto se la batteria è scarica, hanno una autonomia inferiore (di circa 20 ore) e mentre si ricaricano sarà difficile usarle perché vanno collegate ad una porta USB (o all’alimentatore in dotazione), mentre nelle Bose basta cambiare la batteria. Insomma, anche in questo ambito ho preferito le QC25 alle Studio 2.0.

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Portabilità

Entrambe le cuffie sono destinate alla mobilità e sfoggiano il marchio “made for iPhone/iPad/iPod”. Per questo motivo è ottimo che siano richiudibili e fornite di una custodia per il trasporto. Ci sono comunque delle differenze in termini di ingombro, perché hanno dei sistemi di chiusura diversi. Nelle Bose la cerniera si trova subito sopra i padiglioni, per cui si chiudono di meno rispetto alle Beats dove è situata alla metà dell’archetto. Tuttavia i padiglioni delle QC25 si ripiegano di 90° andando a ridurre lo spessore, mentre nelle Studio 2.0 continuano ad occupare lo stesso spazio in profondità che hanno da aperte. Questa diversità è evidente guardando le custodie da trasporto: più grande e piatta quella delle Bose e più compatta ma alta quella delle Beats. Non potrei definire un vincitore assoluto in termini volumetrici, ma in una borsa è molto più facile trovare lo spazio per la custodia di forma regolare e meno bombata della QC25. Inoltre in quest’ultima è stato ricavato un alloggiamento per una batteria di riserva (foto in alto), cosa molto utile durante un viaggio perché non sarà necessario portarsi dietro il caricatore, come nel caso delle Beats.

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Cavetteria e controlli

Cavo nero da 145cm per le Bose, rosso da 135cm per le Beats. Il primo è più sottile, mentre il secondo è un po’ più spesso e rigido. Il controller per iPhone/iPad/iPod è posto alla medesima distanza sul cavo, così da arrivare più o meno a 10 cm dalla bocca. Infatti è incluso anche un piccolo microfono MEMS per le conversazioni telefoniche, che funziona abbastanza bene in entrambi i modelli. La struttura del controller sembra più robusta nel modello di Bose, ma ho trovato più comodo modificare il volume sulle Beats, in quanto si può premere sulle due estremità come un bilanciere e non bisogna andare a ricercare i pulsantini. In tutti e due i modelli il jack da 3,5mm ha una forma ad L, che ben si presta all’utilizzo con smartphone, appiattendosi lateralmente e rendendo più difficile il distaccamento involontario.

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Qualità del suono

Ho provato entrambe le cuffie solo con musica liquida, sia in qualità lossy (mp3/aac) che lossless (flac). Come sorgente ho utilizzato a volte lo smartphone, altre il computer, anche passando attraverso il DAC DragonFly 1.2 di Audioquest. In tutti i casi, le differenze tra i due modelli sono rimaste costanti con ogni sorgente e la prima cosa che si nota è che le Beats Studio 2.0 suonano “più forte” delle Bose QC25. Entrambi i produttori preferiscono non fornire i dati di risposta in frequenza, impedenza, sensibilità e thd, per cui bisogna andare prevalentemente “ad orecchio”. La differenza di volume credo sia causata da una maggiore impedenza delle Bose, che potrebbe attestarsi intorno ai 30 ohm, mentre quella delle Beats ritengo sia leggermente inferiore ai 20 ohm (ripeto, sono dati “stimati”). La sensibilità a mio avviso è analoga (105 max 110dB), ma anche se il maggior volume delle Beats è avvertibile, la dinamica delle Bose è più progressiva e naturale. Si distingue nettamente un’eccessiva enfasi delle frequenze basse nelle Studio 2.0, mentre risultano più equilibrate, ma comunque presenti, quelle delle QC25. Inoltre a volume sostenuto le Beats vanno più facilmente in distorsione, rendendo i bassi caotici e prevaricanti. In generale le cuffie di Bose offrono un ascolto più piacevole, pur non essendo carenti sul piano del coinvolgimento. Le frequenze medie, inoltre, sono un po’ bistrattate nelle Beats, dove risultano arretrate rispetto l’enfasi di alti e bassi, mentre nelle Bose sono molto più organiche e presenti. Entrambe le cuffie sanno restituire un buon “colpo” su cassa e rullante, ma anche in questo Bose è più bilanciata. Con brani armonici le QC25 dimostrano di essere più a loro agio delle Studio 2.0, che invece sembrano accentuare troppo alcune frequenze perdendosi la ricchezza delle sfrumature. Intendiamoci, in tutte e due i casi il suono risulta elaborato, ma il lavoro di Bose ha dato dei frutti nettamente migliori. Non c’è un genere musicale dove le QC25 sfigurino e restituiscono in modo chiaro e presente anche la voce.

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Costi

Il listino vede i due modelli praticamente allineati, con un prezzo di poco inferiore ai 300€, anche se sulle Beats Studio 2.0 si trovano offerte più facilmente. Ad esempio il modello blu che ho scelto io è costato su Amazon 221€ e al momento c’è quello oro a 195€. Sulle Bose QC25, invece, è più difficile trovere uno sconto e il prezzo pieno è di 297€ su Amazon. Va precisato, se non fosse già sufficientemente chiaro, che sono modelli destinati ad un utenza con esigenze ben precise e che la cancellazione del rumore fa lievitare il prezzo. Voglio dire che se non dovete isolarvi da ambienti particolarmente rumorosi e invece di usare lo smartphone vi collegate ad un DAC o ad un amplificatore di buona qualità, allora allo stesso prezzo (magari anche inferiore) potete trovare cuffie con suono e caratteristiche tecniche migliori. Tutto dipende dalle propie esigenze.

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Conclusione

Al netto degli sconti, non trovo una sola ragione valida per preferire le Beats Studio 2.0 alle Bose QC25. Qualcuno potrebbe pensare che le prime siano più “cool”, ma sono costruite peggio, risultano meno comode e l’audio è solo forte e pompato, niente a che vedere con quello più bilanciato e piacevole delle seconde. In entrambi i casi parliamo di modelli non da audiofili, che danno il meglio con smartphone o, al massimo, con un DAC al computer. La mia personale impressione è che le Beats siano sovraprezzate, ma sono consapevole che ci può essere qualcuno che ne apprezzi il design ed anche la particolare elaborazione del suono. Nelle Bose, invece, bisogna ammettere che ci sono elementi di eccellenza, come l’ottima cancellazione del rumore, l’estrema comodità ed una resa tutto sommato equilibrata e con una buona dinamica. Dopo averle provate entrambe non ho dubbi: meglio le Bose QC25.

Maurizio Natali

Titolare e caporedattore di SaggiaMente, è "in rete" da quando ancora non c'era, con un BBS nell'era dei dinosauri informatici. Nel 2009 ha creato questo sito nel tempo libero, ma ora richiede più tempo di quanto ne abbia da offrire. Profondo sostenitore delle giornate di 36 ore, influencer di sé stesso e guru nella pausa pranzo, da anni si abbronza solo con la luce del monitor. Fotografo e videografo per lavoro e passione.

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