Per servizi di streaming musicale Apple abusa delle politiche di prezzo in App Store

Non più di qualche giorno fa, si era diffusa la notizia per la quale Apple starebbe facendo pressioni sulle case discografiche affinché queste costringano Spotify ad abbandonare il proprio piano di streaming gratuito, trovando, peraltro, un valido alleato in Universal Music Group che, da sempre, ha osteggiato le politiche di fruizione del servizio di streaming. La notizia, ovviamente, ha portato all’apertura di due indagini presso il Dipartimento di Giustizia USA e presso la Federal Trade Commission. A quanto pare, le cause di attrito fra Apple e Spotify non sembrano ridursi solo a questa fuga di notizie: infatti, secondo quanto riporta in esclusiva The Verge, UMG ha iniziato a chiedere formalmente al servizio di streaming musicale di abbandonare il piano gratuito, poco sostenibile nel lungo periodo, temendo, forse, di non riuscire più ad incassare le royalties dovutegli. Dal canto suo, Spotify sostiene che il piano gratuito possa tranquillamente autofinanziarsi grazie agli introiti pubblicitari e che sia una buona esca per convincere gli utenti a sottoscrivere l’abbonamento a pagamento. E sono proprio i costi dell’abbonamento che potrebbero causare il definitivo strappo fra Apple e Spotify: infatti, qualora la prima società lanciasse il servizio di streaming derivato da Beats Music, potrebbe fornirlo in maniera nativa grazie all’app Musica integrata in iOS e – forse – a un prezzo più contenuto rispetto alla rivale.

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Infatti, qualora Apple decidesse di vendere gli abbonamenti ad una cifra pari a $/€ 9.99 e Spotify volesse utilizzare il sistema di sottoscrizione degli abbonamenti tramite la propria app senza costringere gli utenti a transitare dal proprio sito, sarebbe costretta a cedere il 30% dell’incasso a Cupertino, poiché la transazione passerebbe obbligatoriamente tramite iTunes Store. Dunque, Apple potrebbe fornire un servizio più competitivo proprio grazie al controllo che ha sulla politica di vendita delle app nel suo negozio digitale, approfittando (e, per certi versi, abusando) della propria posizione dominante. Dunque, se Apple non vorrà trovare un accordo con i servizi concorrenti, molto probabilmente si delineerà uno scenario simile a quello che vide protagonista qualche anno fa Microsoft, accusata di aver integrato Internet Explorer in Windows per favorire i propri interessi aziendali e sbaragliare la concorrenza e chissà se, un giorno non molto lontano, troveremo in iOS un ballot screen che ci invita a scegliere a quale servizio di streaming musicale ci si vuole abbonare.

Elio Franco

Editor - Sono un avvocato esperto in diritto delle nuove tecnologie, codice dell'amministrazione digitale, privacy e sicurezza informatica. Mi piace esplorare i nuovi rami del diritto che nascono in seguito all'evoluzione tecnologica. Patito di videogiochi, ne ho una pila ancora da finire per mancanza di tempo.

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