Non deludere mai gli amici. Soprattutto se sono apprezzati per le loro testate e il pubblico che raggiungono. Una cosa che Apple sa bene. Basterebbe chiederlo a chi è stato nel team di MobileMe, suite di servizi Internet succeduta a .Mac e precedente ad iCloud. Nacque nel 2008 sotto pessimi auspici: costosa, lenta e farraginosa, a cui si aggiungevano problemi di affidabilità. Le critiche furono feroci proprio da dove meno si aspettavano in quel di Cupertino, da giornalisti come Walt Mossberg che normalmente hanno un occhio di riguardo per i prodotti Apple. La reazione di Steve Jobs, come racconta la biografia ufficiale, fu violenta:

Jobs era fuori di sé. Riunì il team di MobileMe nell’auditorium del campus Apple, si mise in piedi sul palco e domandò: «Qualcuno sa dirmi che cosa dovrebbe poter fare MobileMe?». I membri del gruppo diedero le loro risposte. «E allora perché ca… non riesce a farlo?!» Continuò a strapazzarli per mezz’ora: «Avete infangato la reputazione della Apple. Dovreste disprezzarvi l’un l’altro per esservi danneggiati a vicenda. Il nostro amico Mossberg sta scrivendo cose tutt’altro che carine sul nostro conto!». Davanti a tutti, rimosse il capo della squadra di MobileMe e lo sostituì con Eddy Cue, responsabile di tutte le attività Internet della Apple.

Oggi proprio Cue con Apple Music affronta una situazione che ha qualche parallelismo col passato. Parliamo di “qualche” dal momento che rispetto a MobileMe c’è stata un’accoglienza più favorevole al servizio, probabilmente dovuta pure al parziale riutilizzo di uno preesistente, ovvero Beats Music, come base. Ma se da un lato troviamo il ricco catalogo di brani disponibili e la maggiore cura delle stazioni radio tra gli aspetti positivi, dall’altro l’interfaccia non sempre intuitiva, il talvolta discutibile metodo di suggerimenti per nuovi brani, artisti o generi da scoprire e qualche classico bug tecnico della prima ora lasciano meno impressionati coloro che stanno usufruendo della prova trimestrale gratuita. Il più scottato è stato uno tra i più fedeli all’ecosistema Apple, Jim Dalrymple, che ha definito il servizio un incubo.

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Dalrymple, che cura il blog The Loop, è tenuto molto in considerazione dalle pubbliche relazioni di One Infinite Loop. In contatto con vari dirigenti, sempre invitato agli eventi e a provare in anticipo i prodotti in rilascio, rientra in un gruppo abbastanza ristretto (altri membri sono il già citato Mossberg e John Gruber di Daring Fireball, ad esempio). Una sua opinione, soprattutto se negativa, ha peso maggiore rispetto ad altre formulate da non appartenenti al gruppo e viene considerata un segnale d’allarme. In merito ad Apple Music, su cui inizialmente si era espresso in modo molto favorevole, ha avuto gravi problemi, troppo gravi da lasciar correre o minimizzare. Difficoltà ad aggiungere nuovi album alle playlist, la selezione automatica di generi non graditi, la mancata sincronizzazione tra i dispositivi e soprattutto la scomparsa di ben 4.700 brani dalla libreria personale faticosamente costruita anche da vecchi CD cui Jim non ha più accesso. Troppo per poter dare ancora fiducia ad Apple Music, disattivato con una constatazione molto amara:

Ho dato fiducia ad Apple e mi hanno deluso. Anch’io ho sbagliato non facendo un backup della mia libreria prima di installare Apple Music. Non ripeterò più nessuno dei due errori.

Ho già detto in più casi che non mi piace fare paragoni con cosa avrebbe fatto Jobs in questo o quel contesto, Apple deve cavarsela senza di lui nei momenti buoni tanto in quelli cattivi gestendoli nel modo in cui Tim Cook ritiene più appropriato. Stavolta faccio però un’eccezione, e lo immaginerei furibondo ancor più del 2008, che non arriverebbe forse al punto di sostituire Cue ma di certo opererebbe un corposo rimpasto nel team dedicato a Music. Per lui, che ammetteva solo la perfezione, parole come «ho dato fiducia ad Apple e mi hanno deluso» da un sostenitore fidato sarebbero risultate dolorose quasi come una lama fendente. Ma come ho già scritto Jobs non c’è più, diversa leadership e diverso modo di affrontare i problemi. Benché si possa dire che Dalrymple sia stato sfortunato con Apple Music e che le sue disavventure rappresentino un caso si spera isolato, il suo sfogo pubblico ha ottenuto una tale visibilità, essendo stato ripreso anche da altri famosi siti di settore, che probabilmente richiederà un intervento di Apple per contenere il potenziale danno d’immagine, in attesa degli interventi tecnici necessari a risolvere i problemi evidenziati.

Gli interventi tecnici, già. Questa è un’altra parte che molti, io compreso, reputano piuttosto delicata. Mi accodo più precisamente al parere di Owen Williams su The Next Web, che vede nella vicenda appena discussa uno dei principali difetti ancora rimasti in iOS, ossia il metodo di aggiornamento per le app integrate. Esse devono infatti seguire il ciclo del sistema operativo stesso, contrariamente a ciò che accade per quelle fatte da Apple ma disponibili in forma separata, come iMovie, e tutte quelle di terze parti. Apple Music stesso è arrivato proprio nell’ambito di un update per iOS, la versione 8.4. I primi bugfix arriveranno con molta probabilità attraverso la 8.4.1 ora in fase di test. Un metodo che è tutto sommato comodo, ma anche lento e poco efficiente per le necessità di un mondo frenetico.

Come si potrebbe risolvere? Prendendo spunto dalla più acerrima rivale, ossia Google. Vero, gli aggiornamenti di Android sono meno frequenti nel corso di un anno, raggiungono in generale pochi dispositivi mentre gli altri muoiono con la versione precaricata. Tuttavia nuove funzionalità per Play Music le possono ottenere pure coloro che hanno Jelly Bean 4.1, datato 2011, senza la necessità di avere Lollipop 5.1 fresco di rilascio. Lo stesso vale anche per altre, come Chrome e Gmail (di recente persino l’app Orologio). Basta solo un aggiornamento specifico sul Play Store. Perché non replicarlo pure sugli iDevices? Quantomeno le app che compongono la prima pagina della schermata home predefinita, esclusa ovviamente Impostazioni e con Podcast al suo posto, dovrebbero avere la possibilità di ottenere attraverso l’App Store pacchetti individuali a cadenze temporali più libere, affidando alle nuove versioni di iOS il compito principale di intervenire sulle altre aree e/o software con minori necessità di ritocchi frequenti. In fondo già accade su OS X, specialmente con Safari e iTunes. Purtroppo non vedo ormai margini affinché un cambiamento del genere si realizzi entro iOS 9, pertanto ripongo le speranze nella decima release. Nel frattempo l’auspicio generale è che i problemi con Apple Music riscontrati da Dalrymple e altri trovino presto soluzione a prescindere da come essa arrivi.

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Giovanni "il Razziatore"

Deputy - Ho a che fare con i computer da quando avevo 7 anni. Uso quotidianamente OS X dal 2011, ma non ho abbandonato Windows. Su mobile Android come principale e iOS su iPad. Scrivo su quasi tutto ciò che riguarda la tecnologia.

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