Nonostante la notizia sulle caratteristiche di iPad Pro pubblicata ieri sera, il mio personale interesse per il keynote di domani è tutto rivolto alla nuova Apple TV. Sia ben chiaro che l’idea di un iPad “gigante” mi stuzzica, ma ho come l’impressione che, per la mia professione, rimarrà poco utilizzabile per le “limitazioni” attuali di iOS, che non lo rendono il dispositivo ideale per l’accesso al processo civile telematico. Inoltre, stanti le informazioni attualmente in nostro possesso, iPad Pro potrebbe essere classificato come il fratello maggiore di iPad Air 2 e non come un dispositivo rivoluzionario. Per le mie esigenze, egoisticamente parlando, il MacBook Air da 11″ rimane la scelta migliore.

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Apple TV, invece, si prepara alla sua naturale evoluzione che, ad essere sinceri, mi attendevo già da diverso tempo. Se il nuovo set top box di Cupertino godrà di tutte le funzioni rumoreggiate e otterrà il favore del pubblico, Apple raggiungerà un importante traguardo in una direzione intrapresa in tempi non sospetti e che, purtroppo, ha inizialmente portato ad alcuni fallimenti commerciali. Infatti, la storia di Apple TV inizia nella prima metà degli anni ’90 con la progettazione dell’Apple Interactive Television Box. Erano i tempi in cui Apple produceva di tutto, dalle stampanti alle fotocamere e, quindi, perché non produrre anche un ibrido fra un decoder per la IPTV, un videoregistratore e un apparecchio per usufruire dei contenuti on demand? Il primo set top box pensato da Cupertino, dunque, per alcuni aspetti era indietro alla concorrenza (che nel frattempo aveva lanciato in USA il TiVo) mentre per altri era decisamente avanti, anticipando la TV on-demand (al tempo però fortemente limitata dalla lentezza delle connessioni). Inoltre, alcuni contenuti per la Apple Interactive Television Box (come programmi per bambini o game show) sarebbero stati sviluppati in-house da Cupertino, velleità che, a quanto pare, non sarebbe stata ancora accantonata. Il sistema operativo era una derivazione di System Software OS 7.1.1, di cui manteneva sia il Finder che il QuickTime Player con supporto allo standard MPEG-1 per la riproduzione di contenuti video. Del primo set top box furono prodotti alcuni esemplari che vennero testati in USA ed in Europa e, tutt’oggi, gestiscono le informazioni sulle attrazioni di Disneyland in California. Lo scatolotto dal peso di “soli” 2.6 kg ebbe un discreto successo fra gli utenti inglesi, tanto che ne furono venduti solo in UK 2.500 esemplari. Infine, alcune unità di test potevano essere espanse grazie a un connettore SCSI interno che, tramite un sistema di dual boot, era in grado di eseguire una versione completa di System Software 7.1.1. Era prevista la commercializzazione di accessori quali telecomandi speciali, un lettore CD e video-CD, una stampante, mouse e tastiera, ma i progetti morirono sul nascere. Con il ritorno di Steve Jobs alla guida della società, l’Apple Interactive Television Box fu cancellato assieme ad altri innumerevoli progetti, per permettere alla società di concentrarsi su iMac, iBook e iPod.

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Stessa sorte toccò alla console Pippin, il primo e (sino ad oggi) ultimo tentativo di Apple di entrare nel mondo del gaming da salotto. Era il 1995 ed all’epoca l’industria videoludica si stava riprendendo, dopo gli sfaceli che i creatori di contenuti (Atari e Commodore su tutti) avevano perpetrato negli anni precedenti, costruendo hardware poco performanti e pubblicando titoli di pessimo gusto, sia estetico che di gameplay. Publisher e produttori di hardware caddero come mosche, favorendo il nascere del gaming su PC e l’evolversi di generi come le avventure grafiche. Sony aveva da poco lanciato la sua PlayStation (progetto che inizialmente fu sviluppato assieme a Nintendo, ma poi la collaborazione naufragò) incontrando sin da subito i favori del pubblico ed era rincorsa da Nintendo 64 e Sega Saturn (che gran console!), mentre Microsoft non aveva ancora in cantiere la produzione di Xbox. La Apple degli anni ’90, quella senza focus sui prodotti, volle lanciarsi anche in un mercato in cui non aveva alcuna esperienza, realizzando l’idea del Pippin. Infatti, l’intenzione della società non era quella di produrre la console, ma di progettarne l’hardware per poi concedere la costruzione in licenza a terzi. L’unica società che si fece avanti fu Bandai (all’epoca non ancora fusa con Namco) che produsse la Bandai Pippin. L’architettura della console non era diversa da quella di un Mac, da cui si differenziava per il case, il sistema operativo (con supporto al gioco online tramite @HOME, il servizio della casa giapponese, antesignano e non dissimile da PlayStation Network e Xbox Live) e il prezzo, decisamente più basso dei computer di Cupertino ma molto più alto di quello delle altre console. I giochi, inoltre, erano prodotti in house da Bandai sui marchi di cui disponeva le licenze (tra i quali figuravano anche qualche manga o anime in voga quegli anni), ma né questa né Cupertino si sforzarono di coinvolgere le terze parti ad investire sulla propria piattaforma. Il progetto Pippin (nomen omen) fallì miseramente per non aver attirato a sé né i consumatori, visto l’alto prezzo cui era venduta, né le software house, che non trovarono conveniente investire su una nuova piattaforma senza seguito e con delle limitazioni intrinseche dovute alla derivazione da un PC piuttosto che da un progetto a sé stante dedicato ai videogiochi.

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Facciamo un salto in avanti di un decennio: è il 9 gennaio 2007 e, qualche minuto prima di iPhone, nacque lei, la Apple TV. Nonostante qualche mese prima lo stesso Jobs ne annunciò la progettazione, presentandola sul palco del keynote musicale di settembre 2006 con il nome di iTV, la società decise di commercializzarla come Apple TV per non intercorrere in grane legali con il broadcaster inglese iTV. La prima versione del moderno set top box era equipaggiata con un hard disk meccanico da 40 GB o da 80 GB (successivamente fu lanciato un modello da 160 GB), uscite composite ed HDMI ed era, di fatto, un media extender per riprodurre i contenuti presenti nella libreria di iTunes direttamente sul proprio televisore. L’utente poteva scegliere quali contenuti copiare dalla propria libreria sul disco interno di Apple TV, in modo da non dover necessariamente tenere il computer acceso. Il sistema operativo era di fatto Mac OS X 10.4 Tiger con una interfaccia chiamata Back Row e derivata direttamente da Front Row. Dopo qualche mese fu annunciato un aggiornamento di sistema (“Apple TV Take 2”), che non solo ne rivoluzionò l’interfaccia, ma introdusse anche la possibilità di sfruttare la sincronizzazione tramite .Mac (e, di lì a poco, MobileMe) di alcuni contenuti (come le foto), oltre ad una completa integrazione con iTunes Store per l’acquisto di musica, film e serie TV. L’aggiornamento software fu il primo passo verso la direzione dell’attuale Apple TV, un dispositivo indipendente dal Mac in grado di essere al contempo la sua estensione e quella dei dispositivi iOS, ma anche di funzionare separatamente da essi godendo del pieno supporto ad iTunes Store e ad iCloud.

Domani Apple proverà a far evolvere Apple TV in quel dispositivo che avrebbe sempre dovuto essere: un vero e proprio media center multifunzione. Semplice da usare, con un telecomando di nuova concezione e diretto sia alla distribuzione di contenuti televisivi che al casual gaming. La Apple TV di domani potrebbe essere la rivincita di Apple per i fallimenti di Apple Interactive Television Box e di Pippin, dai cui errori ha potuto imparare. Se iPad è stata la rivincita del compianto Newton, Apple TV potrebbe esserlo in un settore che, se non da semplice “hobby”, non ha mai reso più di tanto alla società. L’evoluzione delle tecnologie – con iOS sempre più maturo, Siri in grado di gestire la riproduzione di film e, addirittura, i dispositivi domotici – e la forza di mercato senza pari di Apple – utile sia verso gli acquirenti che come leva sui produttori di contenuti – potrebbero questa volta fare la differenza. Buona fortuna Apple TV, sperando di poter narrare, da qui a 10 anni, questo importante capitolo della tua futura storia piena di successi.

Elio Franco

Editor - Sono un avvocato esperto in diritto delle nuove tecnologie, codice dell'amministrazione digitale, privacy e sicurezza informatica. Mi piace esplorare i nuovi rami del diritto che nascono in seguito all'evoluzione tecnologica. Patito di videogiochi, ne ho una pila ancora da finire per mancanza di tempo.

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