L’FBI contro Apple sul tema della protezione dei dati degli utenti

La protezione dei dati degli utenti è uno dei temi più scottanti negli ultimi tempi. Un argomento che divide l’opinione pubblica, ma che diventa sempre più importante considerato che i nostri dispositivi apprendono e conservano sempre più informazioni personali per poter offrire servizi mirati.

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Apple, sopratutto sotto la guida di Tim Cook, si sta impegnando per garantire la riservatezza delle informazioni dei propri clienti. A tal proposito memorizza la maggior parte dei dati nel dispositivo e utilizza le tecniche di crittografia più avanzate. Dall’altro lato della barricata ci sono gli organi di polizia e di governo che richiedono disposizioni che permettano, per esigenze di sicurezza pubblica, l’accesso a tali dati. Il New York Times (via Cult of Mac) riporta un episodio accaduto in quest’estate quando, nel corso di un’indagine su armi e droga, le autorità di polizia avevano ottenuto un provvedimento giurisdizionale che intimava ad Apple di fornire gli iMessage scambiati in tempo reale da alcuni sospettati. La società di Cupertino ha disatteso l’ordine adducendo che non poteva infrangere le severe regole di crittografia utilizzate in iOS 8. Per il momento non ci sono stati ulteriori sviluppi della vicenda. L’FBI sta pensando di chiamare in giudizio Apple e, tramite il proprio direttore James Comey, sostiene che le misure di sicurezza così avanzate presenti su iPhone possono agevolare i gruppi terroristici come l’ISIS. Nel frattempo, Tim Cook ha affermato che la posizione di Apple è quella di garantire la riservatezza degli utenti come “diritto umano fondamentale”. Se le autorità stanno puntando sull’allarmismo per smuovere l’opinione pubblica verso una riforma anti-crittografia, il CEO di Apple chiede di non rinunciare al proprio diritto alla privacy.

Salvatore Tirino

Junior Editor - Praticante avvocato, appassionato di tecnologia a 360 gradi, in particolare di tutto ciò che riguarda il mondo Apple.

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