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L’idea alla base dei Chromebook non è mi è mai dispiaciuta. Li ho sempre intesi come dei netbook 2.0, ovvero portatili economici destinati all’utente con ridotte esigenze. Dopotutto ormai la maggior parte dell’attività di queste persone si svolge online e un browser come Chrome è sufficiente a far girare una grandissima quantità e varietà di app. In alcuni settori hanno anche venduto discretamente, ma siamo ben lontani da quello che si può definire un successo commerciale. Per esigenze basilari ormai un tablet è più che sufficiente e quando si compra un “computer” ci si aspetta maggiore flessibilità, quella che sostanzialmente offrono OS X e Windows. Il mondo desktop, inoltre, prosegue nel suo trend negativo già da diversi anni e non ci sono più ragioni valide per sviluppare parallelamente Chrome OS e Android. Secondo il Wall Street Journal (via Engadget), Google ha infatti deciso di unire le due piattaforme, facendo confluire tutto sotto l’ala lunga del robottino verde. Il progetto è già in essere da due anni ma i primi frutti si vedranno nel 2016, mentre il rilascio definitivo è previsto per il 2017.

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L’idea non è però di “uccidere” Chrome OS: con l’apporto del Play Store questo acquisirà un maggior potenziale e lo sviluppo integrato potrebbe portare vantaggi anche nell’ecosistema tablet di Android, il quale non è mai riuscito a rivaleggiare con quello iOS come è invece avvenuto in ambito smartphone. È prevedibile che anche il nome “Chomebook” venga abbandonato in favore di qualcosa di nuovo, ma non ci sono ancora indiscrezioni in merito. Google (o meglio, Alphabet) sembra comunque intenzionata a continuare il suo lavoro in ambito desktop, ma l’idea sembra ora più vicina a quella di Microsoft, con una sistema operativo ed app condivisi con il mobile.

Maurizio Natali

Titolare e caporedattore di SaggiaMente, è "in rete" da quando ancora non c'era, con un BBS nell'era dei dinosauri informatici. Nel 2009 ha creato questo sito nel tempo libero, ma ora richiede più tempo di quanto ne abbia da offrire. Profondo sostenitore delle giornate di 36 ore, influencer di sé stesso e guru nella pausa pranzo, da anni si abbronza solo con la luce del monitor. Fotografo e videografo per lavoro e passione.

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