Sul ritorno di macOS e l’importanza dei nomi

L’altro giorno ho notato mio figlio, che da poco ha spento due candeline, intento nell’ordinare sul tovagliolo i due biscotti che stava mangiando. Invece di buttarli alla rinfusa ha dedicato un singolo istante ad allinearli nella stessa direzione. La ricerca dell’ordine è insita nella natura umana, perfino in tenera età. Non so voi, ma quando mi decido a rassettare la mia scrivania mi sento più produttivo. Purtroppo sono uno di quelli che accatasta documenti e dispositivi per giorni prima di arrivare al punto in cui farlo diventa obbligatorio, ma è l’andamento stesso delle cose ad impedirmi di essere più ordinato. Sì, lo so, probabilmente è solo una scusa, e deve essere proprio quella che si ripetono anche in Apple quando fanno confusione con i nomi dei nuovi prodotti, hardware o software che siano. Senza risalire a periodi troppo lontani, possiamo notare che nella vecchia iLife c’erano iPhoto e iMovie affianco a GarageBand, con un nome che spezzava la gradevole coerenza dei nomi.

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Oggi iPhoto è diventato Foto, rendendo la situazione ancora meno elegante, con un nome in italiano e due in inglese, di cui solo uno ha mantenuto la “i” iniziale di quella suite che è stata smembrata in singole app. Le cose non migliorano guardando i computer da scrivania, dove il più piccolo Mac mini (notare la m minuscola) siede al lato opposto della workstation Mac Pro (qui la P è volutamente maiuscola), ma tra i due si trova l’iMac. Quella “i” che ha precorso i tempi, anticipando l’importanza che Internet avrebbe avuto negli anni successivi al primo iMac e sottolineando la personalità del nuovo corso di Apple, è ormai quasi interamente consegnata nelle mani dei dispositivi mobili.

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A partire dell’iPod nelle sue varie declinazioni e fino ai più recenti iPhone ed iPad, quel trademark made in Cupertino non è certo stato dimenticato. Tuttavia le incoerenze si trovano anche in questo ambito, ma non è stata sempre colpa di Apple. Ad esempio loro avevano provato a chiamare iTV quella che oggi conosciamo come Apple TV, ma il marchio era già registrato dall’omonimo broadcaster inglese. Per l’orologio sembra sia successo qualcosa di analogo, perché tutti lo immaginavano come iWatch prima che fosse presentato, ma il nome registrato iSwatch ha fatto propendere l’azienda per il più “sicuro” Apple Watch. Insomma, non sempre le cose vanno come si vorrebbe e, con una decisione di ripiego dietro l’altra, anche la più chiara delle organizzazioni si tramuta in caos. Un ulteriore livello di complessità è indotto dalle inversioni di rotta della dirigenza, le quali possono richiede molto tempo per essere messe in atto e può capitare che nel frattempo le idee cambino ancora.

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Prendete il neonato iPhone SE, che ha rotto una tradizione di nomenclatura che ormai durava dal 2007, oppure anche l’iPad Pro 9,7″ che, per la prima volta nel mondo dei tablet della casa di Cupertino, richiede persino l’espressione della diagonale per distinguerlo da un altro (iPad Pro 12.9″), mentre fino ad oggi ognuno aveva un nome proprio inequivocabile. Tuttavia anche questo cambiamento non è del tutto campato in aria, perché sono anni che distinguiamo così i computer Apple (come nel caso dei MacBook Pro 13 o 15″) e l’iPad Pro, in fondo, vuole essere considerato un computer a tutti gli effetti. Immaginate se da oggi l’azienda volesse normalizzare completamente tutti i nomi: per farlo nel modo corretto (senza un banale rebranding) sarebbe necessario rinnovare decine di prodotti hardware e software. Non proprio una cosa facile e veloce. Tuttavia, il desiderio di ordine e coerenza non può mancare in un’azienda che deve gran parte del suo successo all’attenzione per i dettagli ed un piccolo segnale positivo lo ritroviamo nei nomi dei sistemi operativi.

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Dopo un primo periodo embrionale, iPhone OS è diventato iOS e questo è stato poi esteso anche ad Apple TV ed Apple Watch. Qualche tempo fa i nomi sono stati oggetto di una riorganizzazione, per cui oggi li conosciamo come iOS, watchOS e tvOS. Notate la struttura coerente anche delle minuscole/maiuscole, con le prime che identificano l’ambiente e le seconde impiegate per l’acronimo Operating System (Sistema Operativo). In questo panorama così ben strutturato, ecco che il buon vecchio OS X (che con Mountain Lion ha perso il prefisso Mac) risulta improvvisamente obsoleto. Probabilmente non è un caso che Luca Maestri lo abbia chiamato “Mac OS” in una recente Call e una conferma di questo possibile cambio di rotta è stata anche ritrovata in un file di OS X 10.11.4, che, come segnala 9to5mac, riporta il nome “macOS”. Quest’ultimo sarebbe perfettamente in linea con tutti gli altri e potrebbe anche determinare la fine della storica X (10 nel sistema di numerazione romano), che da troppo tempo risulta fastidiosamente ripetuta anche nel successivo numero di versione.

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Al momento sono solo due indizi ma, come suggeriva l’acuta Agatha Christie, basta il terzo per considerarla una prova. Il problema semmai è un altro: cosa cambia per noi se il prosimo sistema operativo per i computer Apple si chiamerà macOS 12 invece di Mac OS X 10.12? In fin dei conti assolutamente nulla, è solo uno scioglilingua in meno da pronunciare, ma è pur sempre il gradito effetto di una causa più importante, quella per la coerenza estetica e formale. Stiamo pur sempre parlando di quell’azienda che cura anche l’aspetto dei componenti non in vista, come le schede logiche, per cui è quasi scontato aspettarsi questo livello di attenzione. E in fin dei conti, riprendendo l’esempio iniziale di questo articolo, il biscotto sembra quasi più saporito quando è ben allineato con quello al suo fianco.

Maurizio Natali

Titolare e caporedattore di SaggiaMente, è "in rete" da quando ancora non c'era, con un BBS nell'era dei dinosauri informatici. Nel 2009 ha creato questo sito nel tempo libero, ma ora richiede più tempo di quanto ne abbia da offrire. Profondo sostenitore delle giornate di 36 ore, influencer di sé stesso e guru nella pausa pranzo, da anni si abbronza solo con la luce del monitor. Fotografo e videografo per lavoro e passione.

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