Apple e la produzione di contenuti audiovisivi, cosa aspettarsi?

Leggi questo articolo grazie alle donazioni di Roberto Vigna, Michele Levada.
♥ Partecipa anche tu alle donazioni: sostieni SaggiaMente, sostieni le tue passioni!

Si può definire Apple come un’azienda produttrice di hardware, software e servizi, ma non certamente di contenuti. Nei suoi store digitali possiamo trovare musica, film, serie tv, libri, app e chi più ne ha più ne metta, ma di tutto ciò poco o nulla è prodotto in modo diretto dalla casa di Cupertino. La prima grande eccezione è arrivata lo scorso anno con la stazione radiofonica Beats 1, fruibile in streaming, gratuitamente, da tutti. Il Financial Times (dietro paywall, riportato da 9To5Mac) ha diffuso una notizia secondo cui Apple sarebbe stata intenzionata, sul finire dello scorso anno, ad acquisire la società Time Warner, che possiede i network HBO e CNN. Che il colosso guidato da Tim Cook sia interessato ad entrare nel mercato della produzione di contenuti originali non è una novità, tuttavia rimane ancora da capire qual è la strategia verso cui è indirizzata l’azienda.

In una situazione come l’attuale, in cui i guadagni di Apple derivano in gran parte da un mercato in via di saturazione, ovvero quello degli iPhone, risulta cruciale per Tim Cook e soci differenziare le entrate, aprendosi a nuovi settori. La prima opzione, quella di acquisire un network già maturo, costringerebbe Apple ad una spesa non indifferente: il valore di Time Warner si aggira intorno ai $60 miliardi di dollari, cifra che crescerebbe in caso di tentativi di acquisto. Esiste una seconda via, più incerta ma meno dispendiosa sul breve periodo, e consiste nel produrre autonomamente nuovi contenuti audiovisivi. Per riuscire in questo senza fare un buco nell’acqua, al soldo di Cupertino dovranno arrivare figure in grado di scovare i migliori talenti sul mercato nel campo del cinema e della televisione. Abbiamo oggi, davanti agli occhi, un esempio perfettamente riuscito dell’impresa: Netflix. L’azienda, nata come servizio di diffusione di materiale cinematografico, è diventata lei stessa la prima produttrice dei contenuti che oggi ha in distribuzione; una crescita esponenziale che l’ha vista partire da una sola serie televisiva, House of Cards, nel 2011, arrivando a cinque anni di distanza ad avere in catalogo oltre cinquanta contenuti di sua produzione.

serie-tv-film

Secondo il report del Financial Times, i piani originari di Apple, ovvero lanciare un bundle di canali via cavo per $20-30 al mese, sono completamente naufragati a causa dei difficili accordi con i fornitori di contenuti. Onestamente, con la presenza di Netflix a $9,99, e l’orientamento del pubblico sempre più interessato alla fruizione di contenuti on-demand, credo che la seconda strategia riportata dal Financial Times, sia la più interessante. Il piano prevede la diffusione di contenuti autoprodotti, fruibili su Apple TV attraverso delle app esclusive, oltre a extra aggiuntivi, o visioni in anteprima, per gli abbonati Apple Music. Potrebbe essere un buon modo per trainare le vendite del set-top-box della casa di Cupertino, che ricordiamo, non ha mai disdegnato di vincolare un servizio al suo hardware proprietario. Per ora ci sono tante speculazioni in merito, ma che Apple stia pianificando qualcosa anche in questo ambito è piuttosto assodato. Un piano non privo di rischi: il passo tra l’apertura di un nuovo mercato e un grande flop è piccolo, perché questa volta non si tratta dell’ennesimo social network buttato lì come esperimento, ma di una mossa dispendiosa, da fare senza che nulla sia lasciato al caso.

Simone Sala

Junior Editor - Appassionato di tecnologia, mi piace analizzarne sia gli aspetti tecnici che i risvolti sociali. Sono curioso per natura e cerco sempre di sperimentare le ultime novità in qualsiasi ambito. Collaboro con SaggiaMente dal 2016.

Commenti controllati Oltre a richiedere rispetto ed educazione, vi ricordiamo che tutti i commenti con un link entrano in coda di moderazione e possono passare diverse ore prima che un admin li attivi. Anche i punti senza uno spazio dopo possono essere considerati link causando lo stesso problema.