Huawei P9: test e dubbi sulla doppia fotocamera con logo Leica

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Per quanto sia rimasto un po’ deluso dalla qualità costruttiva, devo ammettere che la doppia fotocamera di LG G5 (recensione) mi ha letteralmente conquistato. Ho invece avuto un approccio più scettico circa quella proposta da Huawei con il P9, smartphone che sto provando in questi giorni. La collaborazione con Leica pare essere limitata a qualche brevetto, al suono dell’otturatore e ai profili colore, ma i due obiettivi prodotti in Cina hanno la stessa focale. Con il G5 puoi di colpo cambiare visione e passare ad un angolo di campo estremo con la seconda camera, con il P9 vai dal colore al bianco e nero. Tutto lì. In fase di presentazione, però, Huawei ha precisato che le informazioni di luminosità catturate dal sensore monocromatico venivano integrate con l’immagine a colori per migliorare la qualità finale. La cosa ha in effetti senso dal punto di vista puramente teorico, in quanto il sensore b/n non ha filtri colorati e non presenta rumore cromatico, quindi può aiutare a ripulire l’immagine. Non è banale, ma è possibile riuscire ad ottenere quanto promesso da Huawei con un algoritmo ben ottimizzato.

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Tuttavia ho notato una cosa curiosa, ovvero che tappando l’obiettivo monocromatico mentre si scatta una foto a colori… beh, sembra non succedere assolutamente niente. Mi sono dato subito una spiegazione comunque, perché non avrebbe senso elaborare tutte le immagini della preview con il doppio sensore, sarebbe uno spreco di risorse e introdurrebbe anche del lag, per cui la cosa importante è analizzare i risultati. Ho fatto una serie di foto da cavalletto, usando parametri manuali identici e fotografando sia con tutte e due le fotocamere attive che tappando quella a bianco e nero scattando a colori (e viceversa).

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Non mi aspettavo nulla di eclatante, sia chiaro, ma anche un confronto pixel a pixel sembra restituire un risultato pressoché identico. Volendo viaggiare un po’ con la fantasia, si potrebbe notare un pizzico di maggiore definizione nel simbolo del LED giallo in basso, ma parliamo di un dettaglio talmente trascurabile che ho persino il dubbio di essermelo immaginato. In termini di rapporto segnale/rumore, però, il sensore monocromatico ha effettivamente una marcia in più. Di seguito potete vedere un confronto con medesime condizioni di luce e stessi parametri, dove si evidenzia che l’immagine in bianco e nero è decisamente più ricca di dettagli.

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Nella prima immagine a colori, un occhio molto attento potrebbe notare una maggiore luminosità della foto catturata con un solo sensore. La cosa diventa più evidente salendo con la sensibilità e me ne sono accorto tanto spegnendo le luci e scattando a 3200 ISO (sempre in manuale per avere parametri coerenti).

Il livello di rumore è identico, ma l’immagine catturata con un sensore oscurato è stranamente più chiara, anche a parità di esposizione e dati di scatto. La cosa assurda è che avrei capito di più se fosse successo il contrario, perché col sensore monocromatico “tappato” esce naturalmente una foto nera che poteva influenzare la miscelazione delle informazioni. Tuttavia qualche forma di elaborazione viene pur fatta, altrimenti le immagini sarebbero state identiche. Inoltre ho escluso che la colpevole potesse essere la frequenza di aggiornamento delle luci LED, perché in 10 scatti sono sempre risultati più scuri quelli in cui entrambi i sensori risultavano in uso. Onestamente non è affatto chiaro cosa succeda dietro le quinte, ma sono propenso a credere che la seconda fotocamera venga usata solo negli scatti in bianco e nero al momento. Comunque c’è da dire che questa riesce effettivamente ad offrire un minor rumore, per cui può essere utile negli scatti in notturna o al chiuso. Per maggiori dettagli ed esempi fotografici, vi rimando alla recensione, che sarà pubblicata nei prossimi giorni.

Maurizio Natali

Titolare e caporedattore di SaggiaMente, è "in rete" da quando ancora non c'era, con un BBS nell'era dei dinosauri informatici. Nel 2009 ha creato questo sito nel tempo libero, ma ora richiede più tempo di quanto ne abbia da offrire. Profondo sostenitore delle giornate di 36 ore, influencer di sé stesso e guru nella pausa pranzo, da anni si abbronza solo con la luce del monitor. Fotografo e videografo per lavoro e passione.

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