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Districarsi nell’affollato mondo delle fotocamere non è una cosa semplice, con decine di modelli che escono ogni anno e che si assomigliano sempre di più. Ne è una prova il fatto che ricevo continuamente richieste di aiuto nella scelta ed io stesso sono stato più volte in dubbio tra due o più fotocamere. Alcune si distinguono per i contenuti, altre per lo stile, altre ancora offrono un ottimo rapporto qualità/prezzo. Olympus è uno dei brand che preferisco in termini di qualità e design e l’ultimo modello presentato ne è un perfetto esempio. La PEN-F, che porta lo stesso nome di quella analogica del 1963, è una delle fotocamere più belle che io abbia usato ma è anche molto interessante dal punto di vista tecnico.

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Caratteristiche principali

Per la serie PEN si tratta senza dubbio del suo apice. È la prima con mirino elettronico integrato nonché la prima in casa Olympus a sfoggiare il nuovo sensore Micro Quattro Terzi da 20MP visto nella Panasonic GX8. Per l’estetica ricorda molto la PEN E-P5 (recensione), mentre per le funzioni è più affine alla recente OM-D E-M5 Mark II (recensione). Abbiamo dunque stabilizzazione sul sensore a 5 assi, scatto Hi-Res, schermo completamente orientabile e touchscreen, specifiche video migliorate e tanti controlli fisici. Un piccolo passo avanti lo fa il processore d’immagine, il TruePic che qui è alla generazione VII anziché VI come sulla E-M5 II. Ma ci sono anche elementi in meno, perché manca la tropicalizzazione, l’ingresso audio e il mirino elettronico è leggermente più piccolo.

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Corpo ed ergonomia

Il corpo della PEN-F è classico ed elegante, chiudendo lo schermo sul retro si potrebbe facilmente scambiare per una fotocamera analogica (anche se purtroppo la finitura del dorso non è la stessa di quella dell’impugnatura). La costruzione è semplicemente eccezionale, in mano si avverte molto solida ed è apprezzabile la totale assenza di viti visibili, anche sul fondello. Effettivamente stona non poco l’assenza di tropicalizzazione, sia perché ha l’aspetto di una fotocamera robusta e senza tempo, sia considerando un prezzo di vendita importante.

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All’inizio l’ho inquadrata come una fotocamera concepita per entrare in una collezione, ma la prova sul campo ha dimostrato che possiede anche delle ottime doti ed una naturale predisposizione ad eccellere. La quantità di ghiere e pulsanti disseminati sul corpo è abbastanza impressionante considerate le sue dimensioni, tutto sommato contenute, ma l’effetto finale è assolutamente delizioso e la praticità d’uso non è da meno. Ci sono dettagli molto gradevoli, come il selettore di accensione o la filettatura per il telecomando meccanico sul pulsante di scatto, ma è prima di tutto comoda da gestire.

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Purtroppo non vi è neanche un minimo accenno di impugnatura sul davanti, cosa che di primo acchito non mi aveva causato problemi per via di un’ottima sagomatura sul retro, dove poggiare il pollice, ed una ghiera frontale sotto cui finisce il dito medio, ottenendo un discreto appoggio. Tali considerazioni le ho fatte con l’obiettivo del kit, nel mio caso un 17mm f/1,8, ma si sono rivelate inadeguate usandone altri, in particolare gli zoom. Già con il Panasonic 12-35mm f/2,8, che non è affatto grande o pesante, l’ergonomia ne risente molto e l’uso ad una mano è davvero faticoso. Va sottolineato che Olympus ha previsto anche una impugnatura aggiuntiva per la PEN-F, ma sono soluzioni che non amo. Sembrano quasi suggerirci l’impossibilità di creare una bella fotocamera che sia anche comoda, mentre invece sappiamo che ne esistono diverse in cui le due cose coesistono. Anche la piccola OM-D E-M10 ha una migliore ergonomia secondo me, pur non offrendo la stessa sensazione di qualità quando si impugna.

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In definiva la considero bella, solida e anche comoda usando obiettivi compatti, come i pancake e molti di quelli a focale fissa, ma decisamente meno indicata con i più importanti, tra cui quelli della serie PRO di Olympus. Non è impossibile, ovviamente, solo abbastanza scomodo, perché si avrà la necessità di stringere saldamente con il pollice sul retro, oltre che una sensazione di vuoto davanti, come se mancasse qualcosa a cui aggrapparsi.

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Display e mirino

Io ho avuto la E-P5, macchina che mi è piaciuta molto per il design e la resa, ma che costringeva a più di qualche rinuncia. Non è così con la PEN-F, prima della serie con un mirino integrato a cui si aggiunge anche un display da 3″ touchscreen completamente articolato, non il classico che si inclina solo su e giù. Si tratta di cose importanti che rendono l’esperienza di scatto molto più appagante e pratica, avendo sempre una modalità operativa adatta a rispondere alle circostanze. Possiamo girare lo schermo verso l’alto se scattiamo dalla pancia o rasoterra con il cavalletto, oppure stendere le braccia sul capo ed ottenere visuali panoramiche ben controllate senza andare alla cieca. A queste possibilità si aggiungono quella dell’auto inquadratura e del mirino, che oltre ad offrire un’esperienza di scatto più tradizionale è anche un valido alleato nelle giornate con troppa luce ambientale. Il display ha 1 milione di punti ed una buona resa, ma ovviamente perde visibilità con il sole a picco. Una cosa un po’ scomoda è l’apertura, perché è completamente allineato con la scocca e vi è solo un piccolo appiglio in alto a destra.

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Il mirino elettronico non è purtroppo ampio come quello della E-M5 II, perché il minor spazio sul corpo ha costretto a ripiegare su un’unità leggermente più piccola con ingrandimento di 1,23x. Con 2.36 milioni di punti la risposta è comunque molto buona, la stessa della E-M10, ma mentirei se vi dicessi che non avrei gradito qualcosa in più in termini di dimensione. Il passaggio tra schermo e mirino può avvenire in automatico, grazie al sensore di prossimità, che può anche essere disattivato per alternare le diverse modalità con il pulsante Fn2 sul retro. Io ho dovuto farlo perché spesso ho scattato con gli occhiali da sole, i quali non venivano correttamente riconosciuti dal sensore.

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Controllo, impostazioni, menu

Inizio dalla fine, con il rammarico per due cose relative al menu: la prima è che non può essere usato con le dita pur essendoci il touchscreen, la seconda è che continua ad essere inutilmente complesso e poco intuitivo. Sono entrambi peccati veniali e a cui si fa facilmente l’abitudine, ma rientrano senza dubbio negli aspetti migliorabili. Per il menu custom, fa piacere che vi sia una suddivisione organica delle impostazioni avanzate, persino con colorazioni diverse per ogni sezione (come sulle Nikon), ma è tutto fuorché comodo o facilmente comprensibile.

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Giusto per fare un esempio, per avere l’anteprima dell’esposizione in tempo reale ho dovuto intervenire per il display su Menu Custom / (D) PC-Display / LV Est, impostando “Spento” su Ripresa manuale, Composito live e Altre, mentre per il mirino su Menu Custom / (J) EVF Integrato / S-OVF, impostando anche qui il valore “Spento”. Sicuramente Olympus offre una grande quantità di personalizzazioni e la complessità è implicita, ma qui manca chiarezza. Troppo spesso si naviga per luogo tempo nel menu alla ricerca di qualcosa e quando anche un fotografo esperto deve ricorrere al manuale, per alcune cose potenzialmente semplici, vuol dire che si poteva fare di meglio.

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In termini di controllo, però, non posso che ritenermi soddisfatto dalla PEN-F. Olympus è riuscita a renderla attraente pur essendo disseminata di tasti e ghiere, che risultano anche comodi da raggiungere e azionare. Forse Fn1 è un po’ fuori mano, sta proprio sul picco della sagomatura posteriore, ma personalmente l’ho usato poco. Fa molto peggio Sony, che in una posizione analoga, se non peggiore, ha il fondamentale pulsante di registrazione video. In manuale si lavora benissimo con la doppia ghiera dei parametri, che modifica WB/ISO cliccando una singola volta sulla freccia in alto del pad direzionale, mentre a sinistra si modifica il punto AF in un attimo se non si vuole usare il touchscreen. Sotto la ghiera dei modi c’è un selettore che abilita le opzioni per il recupero di luci ed ombre, mentre sul davanti un tasto personalizzabile e una ghiera davvero curiosa.

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La PEN-F originale aveva qui il tempo di esposizione, soluzione che era difficile da proporre in una fotocamera con un layout moderno. Olympus ci ha piazzato 4 modalità creative – mono, color, art e crt – che non sono certo essenziali. Mi era sembrato un controllo “sprecato” in prima istanza, ma usando la fotocamera ho capito che non c’era nient’altro di più utile a cui poterlo dedicare, visto che tutto il resto è già facilmente accessibile. Io tendo a scattare solo in RAW normalmente, per cui non sono particolarmente interessato a tutte quelle opzioni che influenzano il JPG come queste quattro, ma le ho trovate davvero ben fatte. Crt è la meno stimolante, perché aggiunge solo un filtro all’immagine di diverse tinte ed intensità, ma le altre sono piuttosto godibili.

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Su Art si trovano i classici effetti creativi, con soluzioni adatte ad ogni gusto, a cui avrei aggiunto un bianco e nero più naturale, che però si ottiene benissimo dalla modalità Mono. In questa si può scegliere il colore del filtro con le ghiere, regolandone anche l’intensità. Color è la più avanzata, nella quale possiamo definire la saturazione di ogni singola tinta presente nell’immagine, andando a personalizzare massicciamente lo scatto.

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Come ho già detto, non sono cose che mi attirano molto per via del mio workflow, ormai basato da anni quasi esclusivamente sul RAW, ma effettivamente c’è da divertirsi. Inoltre la PEN-F sviluppa molto bene il JPG on-camera, per cui l’uso diventa ancora più pratico. L’unico problema è che seppure vi sia una ghiera fisica dedicata, si perde inevitabilmente molto tempo a scegliere settaggi ed impostazioni colore, per cui non è uno strumento che ci invoglia ad essere usato sul campo con frequenza.

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AF – Messa a fuoco

Per quanto sia a ricerca di contrasto, la messa a fuoco delle Olympus si è sempre dimostrata ottima. Non fa eccezione la PEN-F, che è rapida e reattiva anche in situazione di ridotta luce ambientale, dove comunque si aiuta con un piccolo illuminatore. Ci sono 81 aree selezionabili dall’utente con un semplice tap sullo schermo o con i tasti freccia, ma si può anche lavorare in automatico e con riconoscimento dei volti (selezionando perfino quale occhio preferire). In modalità punto singolo, è molto bella la possibilità di individuare il punto AF tramite lo schermo mentre si usa il mirino, cosa che ci consente di sfruttare tutta l’immediatezza del touch. Non è una funzione inedita, ma la sua efficacia è sempre ottima dal mio punto di vista.

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Drive – Scatto continuo

Il metodo di avanzamento si seleziona tramite la freccia in basso del pad direzionale, oppure attraverso il menu Super che è sempre accessibile cliccando su Ok. Come per le altre Olympus, la quantità di opzioni è semplicemente imbarazzante. A complicare le cose ci si mettono le modalità Antiurto e Silenziosa, indicate rispettivamente da un rombo e da un cuoricino. Nella PEN-F, come nella E-M5 II, l’otturatore può essere elettronico, meccanico oppure una combinazione dei due. Normalmente è attivo quello meccanico (con velocità fino a 1/8000) mentre scegliendo il modo Silenzioso (identificato da un cuoricino) si passa all’otturatore elettronico (fino a 1/16000). La differenza principale tra i due è che quello elettronico non emette rumore e non genera vibrazioni, perché non ci sono movimenti meccanici. A questo punto si potrebbe pensare di utilizzare sempre l’otturatore elettronico, preservando anche quello meccanico che è soggetto ad usura, è in effetti può non essere una cattiva idea. Però quando l’acquisizione avviene in modo completamente elettronico si possono presentare più facilmente difetti quali blooming e rolling shutter. In sostanza non essendoci la tendina che prima copre e poi scopre il sensore per il tempo impostato, la lettura della luce avviene prima “scaricando” i fotositi e poi acquisendo le informazioni dopo un determinato tempo di esposizione, ma questa procedura completamente digitale può dar luogo a contaminazioni tra fotositi adiacenti e la sua velocità può influire sulla riproduzione dei soggetti in movimento. L’altra modalità disponibile è quella definita Antiurto (segnalata da un rombo), ottenuta miscelando i due otturatori. Come suggerisce il nome, l’obiettivo di questa modalità è quello di ridurre al minimo le vibrazioni generate dal fotografo al momento della pressione del pulsante di scatto e per farlo utilizza una prima tendina elettronica e la seconda meccanica. Si può anche stabilire un tempo di attesa prima dell’inizio dell’esposizione per scongiurare ulteriormente il problema e lo si fa dal “Menu di ripresa 2”.

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Le modalità qui descritte vanno a moltiplicare i metodi drive, perché sono opzioni presenti su quasi ognuno di essi. Ad esempio c’è lo scatto singolo, lo scatto singolo antiurto e lo scatto singolo silenzioso. Poi abbiamo la raffica veloce H, normale o silenziosa, la raffica lenta L, anche questa normale o silenziosa, autoscatto da 12 o 2 secondi, sia antiurto che silenzioso, più un autoscatto personalizzabile nel tempo di attesa e nel numero di esposizioni (neanche a dirlo, anche questo con opzioni antiurto o silenzioso).

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Lo scatto sequenziale mi ha positivamente impressionato, con una velocità massima di 10fps ed un buffer che regge per 7sec a pieno regime e poi continua comunque ad un buon ritmo di 5fps. In RAW va ancora molto bene con 5sec di raffica consecutivi che subito dopo scendono ad un ancora valido 4,5fps. In RAW+JPG si comporta sempre dignitosamente, riempiendo il buffer dopo circa 4sec a 10fps. Con l’inseguimento si fa un po’ sentire l’assenza del rilevamento di fase nell’AF, tuttavia un buon 70% di scatti risultano a fuoco con movimenti relativamente lineari del soggetto, andando sicuramente a superare nella resa la maggior parte delle DSLR di fascia media. Tutti i test sono stati eseguiti con una Lexar UHS-II 2000x da 64GB.

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Altra caratteristica ereditata dalla E-M5 II è lo scatto Hi-Res, che grazie al nuovo sensore arriva a produrre immagini da 50MP in JPG e addirittura 80MP in RAW. Il metodo di attivazione rimane abbastanza scomodo, perché bisogna entrare nel “Menu di ripresa 2”, poi su “Scatto alta risoluzione” e cambiare l’opzione “Spento”, decidendo un tempo di attesa (va bene anche zero, volendo). Finché non si esegue questa operazione non si vedrà apparire la modalità Hi-Res tra i metodi di scatto, mentre successivamente si potrà selezionare in modo più semplice dal Quick Menu o con la freccia in basso, così come si scelgono gli altri metodi di avanzamento citati in precedenza. Trattandosi in realtà di una mini-raffica di 8 scatti in cui il sensore viene leggermente spostato, è opportuno rimanere immobili durante le varie esposizioni, altrimenti si introdurrà del mosso. Va trattata come una lunga esposizione in pratica, ragione per la quale serve un treppiedi ed p sconsigliabile l’uso di lunghe focali, dove anche i piccoli movimenti vengono accentuati. Pur con queste ovvie limitazioni, si tratta di una possibilità molto interessante, che consente di ottenere fotografie ad altissima risoluzione con un incredibile livello di dettaglio.

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Metering – Esposizione

La grande varietà di opzioni disponibili continua anche nel campo della valutazione esposimetrica. Attivando il Pannello di controllo Super (alias Quick Menu) possiamo modificare il metodo da utilizzare scegliendo tra ESP (automatica su 324 aree), Ponderata Centrale (media tra soggetto e sfondo), Spot (in base al punto di messa a fuoco, valuta solo il 2% dell’area del fotogramma), Alteluci Spot (assicura che le luci appaiano brillanti, ideale per High Key), Ombra Spot (assicura che le ombre appaiano scure, ideale per Low Key). Ho testato prevalentemente il modo predefinito ESP, quello pensato per rispondere alle esigenze di uso generiche, scattando nei modi A/S/P. Sono rimasto davvero molto colpito dai risultati, che riescono a rimanere ottimali anche in condizioni sfavorevoli. Con la EM-5 II avevo molto più spesso aree in clipping sulle alte luci scattando dall’interno di aree buie controsole, mentre non mi è successo quasi mai con la PEN-F. Va detto che vi è l’anteprima di esposizione in tempo reale ad aiutarci, nonché la pratica ghiera meccanica di compensazione in cima (felice aggiunta rispetto la E-M5 II).

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Qui sopra potete vedere come se l’è cavata in una situazione abbastanza difficile, esponendo benissimo per le luci senza che io dovessi compensare. In post produzione ho potuto aprire le ombre parecchio (mi sono fermato ad 83 per evitare l’effetto HDR) e i dettagli delle crepe nel muro sono molto buoni. Erano quasi neri nel RAW, per cui è positivo che vi sia così poco rumore dopo l’apertura (avevo solo la riduzione di crominanza standard di Lightroom a 25).

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Se ci interessa il JPG, poi, abbiamo sempre a disposizione il selettore per lavorare sulle curve, andando direttamente a recuperare luci ed ombre. Questo è anche potenzialmente utile per valutare quanto si potrà poi fare in post-produzione sul RAW, per cui è uno strumento da tenere sempre a mente.

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WB – Bilanciamento del bianco

Durante il periodo di prova ho utilizzato sempre il bilanciamento automatico del bianco, il quale si è dimostrato davvero molto efficace sia all’aperto che al chiuso. Per scegliere il metodo si deve premere la freccia in alto del pad direzionale e poi usare la ghiera posteriore, ma è anche possibile accedervi dal Pannello di controllo Super con il tasto Ok. Onestamente consiglio a Olympus di adottare questo metodo anche sulle OM-D, perché è molto più diretto del selettore 2×2. Con quello si deve poi riportare nella posizione precedente per controllare tempo/apertura, mentre così si esce dalla modalità di selezione con una semplice pressione su Ok.

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Le possibilità da scegliere sono: WB Auto, Sole, Ombra, Nuvoloso, Incandescente, Fluorescente, Subacqueo e Flash, più 4 posizioni personalizzabili (con il tasto Info si scatta sul grigio neutro al volo) e quella per i gradi Kelvin (da 2000 a 14000 con scatti di 200K).

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Flash

Nella PEN-F non c’è il flash integrato, perché lo spazio che occupava nella E-P5 è stato impegnato con il più utile mirino. Di per sé non lo considero un grosso inconveniente, perché usare i piccoli lampeggiatori delle fotocamere non porta quasi mai a buoni risultati, ma in alcuni casi può giovare per un po’ di fill in, per qualche effetto creativo sulla seconda tendina o per schiarire un soggetto in un ambiente troppo scuro. Per fortuna Olympus ha pensato di creare un piccolo flash esterno, lo stesso FL-LM3 già visto nella E-M5 II. Questo è incluso nella confezione e all’occorrenza si inserisce in un attimo nella slitta superiore.

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I vantaggi di questa soluzione non finiscono qui, perché sul flash (che non ha bisogno di batterie ed è anche waterproof) troviamo un pratico selettore On/Off per accenderlo e spegnerlo, nonché la possibilità di orientare la parabola fino a 90° verticalmente e 360° orizzontalmente. In pratica possiamo indirizzare il lampo in tutte le direzioni sfruttando anche il rimbalzo, e di conseguenza la diffusione, su una parete, sul tetto o su un pannello riflettente. Per portarlo con noi c’è un pratico sacchetto di velluto e per rimuoverlo dalla fotocamera basta premere il pulsante Unlock posto sul retro.

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Con la freccia a destra si possono scegliere le varie impostazioni del flash, ovvero: fill in, riduzione occhi rossi, disattivato, seconda tendina, manuale. Se ci soffermiamo sull’ultima voce si può premere il pulsante Info per sceglierne la potenza da 1/1 (Full) fino a 1/64. Inoltre dal “Menu Custom > Personalizza Flash” si può impostare il tempo di sincronizzazione massimo fino a (1/250) e quello minimo, nonché decidere se modificare la compensazione del flash mentre si cambia quella dell’esposizione nei modi P/A/S. L’unica cosa che manca rispetto la E-M5 II è la porta di sincronizzazione per l’utilizzo con flash da studio. Infine c’è la possibilità di controllare otticamente unità flash wireless tramite l’opzione in “Menu di ripresa 2 > Modo RC Flash”. Anche qui entra in gioco la confusione dei menu, perché, dopo aver attivato il controllo remoto, i controlli appaiono cliccando su Ok, sostituendosi al Quick Menu, mentre avrebbe avuto decisamente più senso spostare le varie opzioni di gruppi e potenza nel tasto flash dedicato, ovvero la freccia a destra del pad direzionale.

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Qualità d’immagine e resa ad alti ISO

Anche per Olympus è arrivato il momento di superare la barriera dei 16MP, andando ad utilizzare lo stesso sensore Micro Quattro Terzi da 20 già visto nella Panasonic GX8 (recensione). Le fotografie catturate sono da 5184 x 3888 pixel, mentre erano 4608 x 3072 sulle precedenti. Non è una grandissima differenza, ma la cosa ha un impatto positivo anche sulla resa ad alti ISO. Il rumore è infatti molto simile ma, essendo più piccoli i pixel sul sensore, impatta leggermente meno nei dettagli sottili. Non è un salto epocale ma un passo nella giusta direzione, dopotutto i 20MP sono ormai lo standard anche sui sensori più piccoli da 1″.

In termini di profondità colore e gamma dinamica siamo solo leggermente al di sopra della E-M5 II, ma qui abbiamo più dettaglio ed una resa ad alti ISO leggermente migliore. Le immagini fino a 1600 ISO sono molto buone e ancora usabili quelle a 3200 ISO, in JPG o con un po’ di riduzione del rumore sul RAW. Se non vi scandalizza un minimo di grana si può tranquillamente osare fino 6400 ISO, ma andare oltre è controproducente per la stampa.

Per quanto riguarda lo sviluppo del JPG, Olympus si conferma tra le migliori in assoluto, con file di ottima qualità ed un buon rapporto segnale/rumore anche salendo con gli ISO. Ho perso un po’ di tempo a testare anche i vari stili ed effetti ART, trovandone alcuni molto belli, ma non c’è stata una singola volta in cui la lavorazione del RAW non mi abbia dato maggiori soddisfazioni.

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Di seguito vediamo il nostro classico test in studio con luce controllata, dove mettiamo a confronto gli scatti con tutte le sensibilità disponibili, da 200 a 25600 ISO. I file JPG sono in qualità “Fine”, sviluppati direttamente dalla fotocamera con il Picture Style “3 Natural”, mentre i RAW sono stati sviluppati con Lightroom CC2015 e riduzione rumore azzerata.

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File Sensibilità
JPG 200 400 800 1600 3200 6400 12800 25600
RAW 200 400 800 1600 3200 6400 12800 25600

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Connessioni, memoria, batteria

Le connessioni si trovano sul lato destro, dietro un piccolo sportellino con uscita microHDMI e quella multiformato per connessione al computer. Manca purtroppo l’ingresso audio, ma la PEN-F non ha una spiccata vocazione in campo video.

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Memoria e batteria, invece, si trovano nello sportellino al di sotto della fotocamera. La prima è la classica SD, mentre per la seconda abbiamo la Olympus BNL-1 da 1220mAh e 9,3Wh. L’autonomia è quella tipica per una buona mirrorless, con oltre 300 scatti per carica, ma si dimostra una valida alleata per una giornata all’aperto. In tutti i casi è consigliabile comprarne almeno una di riserva, anche perché si trova su molte altre Olympus e quindi esistono già delle ottime compatibili a prezzi stracciati (come la coppia di Patona a 28€).

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Non poteva mancare il Wi-Fi, che consente di collegarsi ad uno smartphone per il controllo remoto. Non c’è invece il modulo NFC, quindi l’abbinamento avviene manualmente. Tuttavia l’app Olympus Image Share consente di fotografare un QRCode visualizzato sul display della fotocamera, che su iPhone installa un profilo di configurazione con i dati della rete creata. A questo punto bisogna solo andare nelle impostazioni ed accedere al Wi-Fi della PEN-F, la cui rete sarà già accessibile senza l’inserimento di password. Non velocissimo, ma tutto sommato semplice.

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L’app è probabilmente una tra le più complete e meglio realizzate. Il menu principale consente di accedere alle modalità Telecomando, Importa foto, Modifica Foto e Aggiungi geotag. La maggior parte non hanno bisogno di ulteriori delucidazioni, mentre una nota di merito va alla funzione di Telecomando remoto, davvero molto completa. È possibile scegliere il modo di scatto, il metodo di avanzamento (compresi i TimeLapse), la sensibilità ISO, il bilanciamento del bianco, l’apertura e il tempo (in manuale), nonché mettere a fuoco con un semplice tocco sullo schermo.

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Video

Nella PEN-F troviamo tutti i miglioramenti lato video già visti nella E-M5 II. Il bitrate è stato aumentato, con registrazione fino al FullHD 25/50p a 70Mbps, c’è un modo dedicato al video ed un tasto rosso per la registrazione situato in posizione comoda. Dal “Menu Custom > Video” possiamo scegliere se lavorare in P, A, S o M, a seconda del livello di controllo che vogliamo avere. In modalità M possiamo cambiare liberamente apertura e tempo (minimo 1/50), ma quando iniziamo la registrazione le ghiere vengono disabilitate e per intervenire sui parametri si utilizza il touch-screen. L’idea è quella di limitare il rumore, probabilmente, ma alla fine risulta un grosso limite sul campo. Oltre a non essere immediato, si introducono vibrazioni tappando sullo schermo. Per il resto abbiamo tante caratteristiche positive, come il TimeCode, la visualizzazione del volume di registrazione, possibilità di applicare profili colore o effetti e il controllo del fuoco sia manuale che automatico. Nel primo caso ci aiuterà il focus peaking per capire quando abbiamo messo a fuoco correttamente, nel secondo sarà tutto in mano alla fotocamera. La messa a fuoco continua (C-AF) lavora in modo sufficiente, con passaggi morbidi che risultano piacevoli da vedere, ma purtroppo non sempre precisi. Il vero plus è considerato da molti quello della stabilizzazione a 5 assi, che consente anche di camminare riprendendo un video fluido e discretamente stabilizzato.

Personalmente mi sono fatto un’idea diversa, perché se nel campo fotografico è strepitoso non lo è in quello video, dove si possono vedere chiaramente le distorsioni prospettiche dovute allo spostamento del sensore rispetto la lente. In tutta sincerità non mi sognerei mai di adoperare un video con questi difetti in ambito lavorativo, dove è meglio stabilizzare tutto il corpo o al massimo sfruttare soluzioni ottiche, che rendono molto meglio. In tutti i casi rimane una fotocamera che non nasce per il video e le sue caratteristiche tecniche lo dimostrano, così come l’implementazione ridotta del controllo manuale durante la registrazione.

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Conclusione

Mantenendo due linee parallele di fotocamere, ovvero le OM-D e le PEN, Olympus deve fare delle scelte difficili per caratterizzarle e distinguerle. Io sono tra quei fotografi che si è fatto le ossa con le reflex, per cui sono abituato e preferisco il mirino al centro delle OM-D, ma è impossibile non amare la PEN-F. Basta un colpo d’occhio per esserne ammaliati, ma soprattutto sa catturare bellissime immagini con la piacevolezza di un controllo manuale e diretto. Non è la mia prima PEN ma è senza dubbio la migliore vista finora. Grazie alle nuove tecnologie, ad un bellissimo design, una costruzione straordinaria, un layout molto pratico e l’accoppiata mirino più display articolato, è una di quelle fotocamere che ti fa venire voglia di usarla. Non c’è miglior complimento di questo per quanto mi riguarda, perché, al di là di tutte le specifiche tecniche, sono le sensazioni che proviamo che ci legano allo strumento e ci consentono di ottenere belle immagini a prescindere da gamma dinamica, rumore, ecc.. Al netto di un menu che andrebbe rivisto e migliorato (problema di tutte le Olympus), l’unico vero neo della PEN-F si chiama E-M5 Mark II. Mettendo da parte le preferenze estetiche, la OM-D ha un mirino migliore, ingresso audio e tropicalizzazione, con il solo corpo che costa circa 300€ in meno. La PEN-F ha dalla sua il nuovo sensore, nonché più controlli manuali ed un look ancora più riuscito. Scegliere non è facile, ma in entrambi i casi si casca in piedi. Attualmente la Olympus PEN-F costa 1199€, oppure si può aggiungere qualcosa per prenderla con il più che soddisfacente M-Zuiko 17mm f/1,8.

PRO
+ Costruzione in lega di magnesio senza viti a vista
+ Corpo bello, compatto e ricchissimo di controlli
+ Personalizzazioni avanzate per ogni tasto e funzione
+ Pratica e veloce da usare in manuale
+ Nuovo sensore da 20MP
+ Buona resa ad alti ISO per una Micro Quattro Terzi
+ Eccellente stabilizzazione a 5 assi sul sensore
+ Display articolato molto valido
+ Mirino integrato (prima PEN a possederlo)
+ AF veloce e preciso, buono anche il tracking
+ Focus peaking e zoom per l’assistenza al fuoco manuale
+ Raffica molto veloce con ottimo buffer
+ Comodo flash a corredo
+ Scatto Hi-Res da 50MP
+ Funzioni Wi-Fi molto evolute
+ Vasta scelta di obiettivi Micro Quattro Terzi

CONTRO
- Alcune funzioni utili sono nascoste in menu complicati
- Ergonomia migliorabile con obiettivi grandi
- Lato video è deludente nei controlli
- La stabilizzazione è eccezionale, ma non per i video professionali
- Non è tropicalizzata
- Prezzo elevato

DA CONSIDERARE
| È una E-M5 II non tropicalizzata, con un mirino più piccolo e più costosa, ma ha anche il nuovo sensore da 20MP

Maurizio Natali

Titolare e caporedattore di SaggiaMente, è "in rete" da quando ancora non c'era, con un BBS nell'era dei dinosauri informatici. Nel 2009 ha creato questo sito nel tempo libero, ma ora richiede più tempo di quanto ne abbia da offrire. Profondo sostenitore delle giornate di 36 ore, influencer di sé stesso e guru nella pausa pranzo, da anni si abbronza solo con la luce del monitor. Fotografo e videografo per lavoro e passione.

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