Panico da Thunderbolt 3: tutti i dispositivi in commercio non funzionano con i MacBook Pro

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Pochi giorni fa ho pubblicato un articolo, nel quale elencato i migliori sistemi di archiviazione veloce per i nuovi Mac, la maggior parte dei quali ancora basati su Thunderbolt 2. Quelli con la nuova Thunderbolt 3/USB-C sono ancora pochissimi, come il nuovo LaCie Bolt3 da 2TB SSD alla modica cifra di $1999. Questo, però, non è ancora disponibile, così come non è disponibile il Dock Thunderbolt 3 di OWC di cui abbiamo parlato proprio questa mattina, che arriverà addirittura ad inizio 2017. Cosa hanno in comune questi due prodotti? Che sono realizzati da aziende storicamente molto vicine ad Apple e che, di conseguenza, conoscono molto bene i Mac, a volte prima che questi vengano effettivamente resi disponibili sul mercato. Allora non è molto strano che siano arrivati in ritardo rispetto l’annuncio dei nuovi MacBook Pro 2016? In realtà potrebbe esserci una spiegazione, ma non vi piacerà.

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Poco dopo la pubblicazione dell’articolo di cui sopra, ho dovuto effettuare una piccola modifica, aggiungendo un dettaglio importante: il case di AKiTiO Thunderbolt 3 risulta incompatibile con i MacBook Pro. Sono gli stessi produttori a comunicarlo sulle loro pagine, specificando che un aggiornamento firmware non potrà essere risolutivo e sarà necessario produrne di nuovi. Allo stesso modo nutro poche speranze anche per il case portatile di Oyen Digital, che già di suo non mi aveva ispirato moltissima fiducia (ma perché non conosco il brand, magari poi si rivelerà fantastico). Un produttore che ha già un Dock Thunderbolt 3 in commercio è Plugable, anche questo poco noto alle nostre latitudini. 9to5Mac lo porta però sull’altare delle cronaca digitale mondana, riportando una interessante dichiarazione: dopo svariati test è stato concluso che anche questo prodotto Thunderbolt 3 non è compatibile con i nuovi MacBook Pro 2016.

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Ma come è possibile? Non doveva essere uno standard? In redazione ci stavamo interrogando già da alcuni giorni su alcune incongruenze nelle dichiarazioni di Apple su queste porte Thunderbolt 3 rispetto lo standard, in quanto non tornavano alcuni conti rispetto alla compatibilità con display 5K su doppia connessione DisplayPort 1.2 invece che 1.3 nativa, e pare che ci sia una motivazione concreta. I dispositivi certificati Thunderbolt 3 fino a novembre 2016, utilizzavano il chipset di Intel Alpine Ridge in combinazione con la prima generazione del chipset USB-C (TPS65982), mentre – secondo quanto conclude Plugable – Apple ha utilizzato un chipset USB-C di seconda generazione (TPS65983). In sostanza tutti i prodotti Thunderbolt 3 che ci sono oggi in commercio solo esclusivamente per Windows, mentre per i futuri bisognerà comunque verificare che sia espressamente citata la compatibilità con i Mac. Un chipset più recente è di sicuro una cosa positiva, ma va detto che già la porta Thunderbolt 3/USB-C si proponeva come più complessa da “capire” per l’utente medio per via dei suoi mille usi, inoltre sui MacBook Pro 13″ le porte a destra non viaggiano nemmeno a tutta velocità ed oggi scopriamo anche che c’è Thunderbolt 3 e Thunderbolt 3 a seconda del chipset USB-C annesso. Insomma, sarà pure una semplificazione per il futuro, ma al momento ci troviamo non solo a dover usare mille adattatori, ma anche a dover stare doppiamente attenti in fase d’acquisto, perché non è detto che se c’è scritto Thunderbolt 3 sulla confezione il device che abbiamo scelto funzionerà sul nostro Mac. Per altro la cosa che proprio non capisco è perché un chipset più recente non risulti almeno retro-compatibile. Ovvero: perché il chip di seconda generazione non accetta ciò che funziona su quello precedente? Non dovrebbe includere anche quelle specifiche? Un mistero che cercheremo di svelare è che attualmente sembra vedere Texas Instruments come indiziato primario, ma le cui colpe potrebbero essere condivise da Apple, Intel e forse anche dal consorzio USB.

Maurizio Natali

Titolare e caporedattore di SaggiaMente, è "in rete" da quando ancora non c'era, con un BBS nell'era dei dinosauri informatici. Nel 2009 ha creato questo sito nel tempo libero, ma ora richiede più tempo di quanto ne abbia da offrire. Profondo sostenitore delle giornate di 36 ore, influencer di sé stesso e guru nella pausa pranzo, da anni si abbronza solo con la luce del monitor. Fotografo e videografo per lavoro e passione.

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