Un tool sblocca i dispositivi Thunderbolt 3 su macOS, anche quelli che non dovrebbero funzionare

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Sono ormai giorni che cerchiamo di portare alla luce più dettagli possibili sulle porte Thunderbolt 3 dei nuovi MacBook Pro 2016, eppure ancora rimangono delle questioni insolute. Alcuni aspetti li abbiamo chiariti nella recensione del 13″ senza Touch Bar, ma a quanto pare c’è molto di più. E non mi riferisco al fatto che l’adattatore Thunderbolt 3 / Thunderbolt 2 di Apple non supporta il segnale video Mini DisplayPort, quanto ai dispositivi Thunderbolt 3 non compatibili con macOS. Avete letto bene, ho scritto proprio macOS ed ora vi spiego il perché. Quando Oyen Digital ed AKiTiO hanno aggiornato i loro siti, ci hanno comunicato che i dispositivi Thunderbolt 3 prodotti da loro (e da tutti) non funzionavano sulle porte Thunderbolt 3 dei nuovi Mac. Una volta stabilito che sia i dispositivi che i MacBook Pro 2016 utilizzavano il medesimo chipset Alpine Ridge di Intel, il colpevole più probabile è stato individuato nel chipset USB-C di Texas Instruments correlato, che era di prima generazione nei vari case e dock prodotti fino a quel momento e di seconda generazione nei nuovi computer Apple. Magari è davvero così, per carità, i dati suggeriscono questo, ma ho già detto che c’è qualcosa che non mi convince. Se il problema è la generazione del chipset USB-C, perché i dispositivi USB-C funzionano tutti regolarmente? Come mai l’incompatibilità si è riscontrata invece con i prodotti Thunderbolt 3? Potrebbe essere che l’uno disturbi in qualche modo l’altro, ma è solo un’ipotesi come un’altra. Per cui, ipotesi per ipotesi, eccovene una nuova. Una che voglio sperare sia completamente sbagliata ma che parte da un fatto accertato.

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Io e Luca Zorzi – per chi lo conoscesse scrive ogni tanto su SaggiaMente e conduce con me il SaggioPodcast, oltre che altri millemila podcast sul network EasyPodcast – stiamo fremendo nell’attesa che ci consegnino i nostri nuovi MacBook Pro 15″, che a quanto pare sono pronti a partire dall’Olanda. Nel frattempo stiamo seguendo attentamente la vicenda relativa a queste porte, anche per capire quali monitor possiamo usare e come sfruttare le nostre attuali periferiche Thunderbolt 2. Qualche minuto fa mi ha segnalato un paio di tweet che mi hanno letteralmente fatto sobbalzare dalla sedia. Il primo è del designer e sviluppatore iOS Tian Zhang, che ha già tra le mani il suo MacBook Pro 2016 con Touch Bar (vive a Santa Clara, gli piace vincere facile) e lo sta mettendo sotto torchio. Ad esempio ha sviluppato un piccolo tool (PAM_TouchID) che consente di bloccare alcune periferiche del computer e renderle disponibili solo dopo autenticazione con Touch ID. Molto interessante. Il tweet che ci ha un po’ spiazzati però è un altro, ovvero quello in cui ha condiviso la risposta in merito al suo quesito – inoltrato inizialmente a Phil e Craig leggiamo dalla mail, per cui niente di meno che Shiller e Federighi – sui dispositivi Thunderbolt 3 che non funzionano su Mac.

Le parole di Doug, presentatosi come product manager del team Mac, fanno riferimento ad un fatto ragionevole, ovvero che se i prodotti in questione sono stati presentati prima che i MacBook Pro 2016 fossero disponibili, questi non potevano essere certificati per macOS. È la parola certificati che ci ha spiazzato, perché non è quella che ci si aspetta in relazione ad uno standard. Tuttavia abbiamo sorvolato: magari è stato solo un modo per dire che non potevano essere stati provati sui nuovi Mac e, di conseguenza, sono stati indicati come compatibili solo con Windows. Logico no? Perfetto, non allarmiamoci allora. Il solito Luca, però, dopo neanche mezz’ora mi ha condiviso un altro tweet correlato e dal contenuto che non saprei se definire migliore o peggiore, per cui lascio decidere a voi.

Tale Steve T-S (non ho trovato il suo nome completo) ha condiviso un tool realizzato sempre da Tian Zhang, con una descrizione che non lascia spazio a dubbi: Enable Thunderbolt 3 for unsupported peripherals on macOS. Ma come, non avevamo detto che per far funzionare i device pre-MacBook Pro 2016 era necessaria una modifica hardware? Avevamo scritto questo perché lo hanno scritto nero su bianco alcuni produttori delle periferiche incriminate e chi, meglio di loro, poteva sapere la verità? A quanto pare sbagliavano e sbagliavamo tutti, perché questo sviluppatore ha creato un banale hack software che li fa funzionare. Lo stesso Tian Zhang ha già verificato che si riesce anche ad usare il Razer Core su macOS, altro dispositivo dichiarato unanimamente incompatibile.

I fatti sembrano dunque suggerire uno scenario completamente nuovo, ovvero che Apple ha bloccato tutti questi dispositivi via software. Quello su cui si deve necessariamente speculare è il motivo, dal momento che a Cupertino hanno da sempre l’abitudine di centellinare le informazioni. Io non voglio azzardarmi a dire come la penso, perché il rischio di spararla grossa è altissimo, però vi butto qui le prime due ipotesi che mi sono venute in mente. La prima è quella dell’angioletto sulla mia spalla sinistra, che mi dice che i tecnici Apple hanno riscontrato gravi e pericolosi difetti di funzionamento in queste periferiche con il chipset USB-C di prima generazione, per cui ci hanno fatto un favore e ne hanno bloccato il funzionamento per prevenire problemi agli utenti. La seconda viene dal diavoletto che sussurra all’orecchio opposto, dicendo che qui si sono inventati un altro programma di certificazione, in modo da fare ancora una volta il bello ed il cattivo tempo su cosa possiamo e non possiamo usare, e magari cercando pure di spillare qualche soldo ai produttori con programmi simili a quello MFi su iOS. Ma in quel caso si partiva da una porta proprietaria, per cui era accettabile, possibile davvero che facciano una cosa del genere per uno standard aperto come Thunderbolt 3? No, no, il diavoletto si sbaglia… ditemelo anche voi che si sbaglia.

Maurizio Natali

Titolare e caporedattore di SaggiaMente, è "in rete" da quando ancora non c'era, con un BBS nell'era dei dinosauri informatici. Nel 2009 ha creato questo sito nel tempo libero, ma ora richiede più tempo di quanto ne abbia da offrire. Profondo sostenitore delle giornate di 36 ore, influencer di sé stesso e guru nella pausa pranzo, da anni si abbronza solo con la luce del monitor. Fotografo e videografo per lavoro e passione.

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