Clickwheel virtuale contro multitouch: i due prototipi di UI che si sfidarono per l’iPhone

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La storia dell’iPhone, fresco di decennale, presenta aspetti noti e altri meno noti. Sappiamo sia dalle biografie di Jobs sia dalle testimonianze nella causa Apple vs Samsung che il progetto “Purple” originariamente era relativo all’iPad e solo dopo qualche tempo il focus venne spostato sull’iPhone. Sappiamo pure che vennero sì fatti numerosi prototipi del telefono, ma tutte le prove iniziali dovettero svolgersi all’interno di una stanza usando una combinazione di elementi tutt’altro che portatili. Sappiamo, infine, che a Cupertino stavano lavorando su due possibili modalità d’interazione: una prevedeva l’uso della clickwheel come su iPod, l’altra invece sfruttava un ambiente multitouch. La storia dell’interfaccia vincente è sotto gli occhi di tutti, anche di coloro come il sottoscritto che non usano un iPhone ma beneficiano in ogni caso del suo contributo tecnologico. Ulteriori dettagli di recente pubblicazione ci fanno capire meglio perché Apple scelse il tocco come input primario per il prodotto che lanciò nel 2007.

A pubblicare questo interessante contributo storico è Sonny Dickson, già autore di svariati leak relativi agli iPhone. Due erano i team che si confrontarono sulle interfacce: a capitanare quello della clickwheel vi era Tony Fadell, uno dei padri dell’iPod, più celebre negli ultimi anni per la produttrice di termostati Nest, acquisita da Google a inizio 2014; sostenitore del multitouch era invece Scott Forstall, a capo dello sviluppo di iOS fino al 2012, quando il fiasco della debuttante app Mappe ne segnò il destino di Apple. Nella dimostrazione di Dickson entrambe le UI girano su prototipi della prima generazione di iPhone, ben lontane dal modello finale avendo molti elementi di plastica (schermo incluso), imperfezioni varie e caratteristiche come il pulsante Home in una forma abbozzata. In un’intervista concessa a The Verge, però, Fadell sostiene che i software sono stati portati sui dispositivi in una fase successiva, mentre ai tempi le prove si svolgevano su Mac tramite emulazione.

Il sistema operativo alla base delle due interfacce era lo stesso. Versione opportunamente alleggerita e ottimizzata dell’allora Mac OS X, il nome interno era Acorn OS. La versione con elementi grafici a tocco, però, nonostante la sua forma molto grezza era ben più pesante di quella con la clickwheel, che in sostanza riprendeva l’esperienza d’uso dell’iPod con l’aggiunta delle funzionalità telefoniche. Come si può vedere nel video sottostante, ciò si riflette sui tempi di avvio. A proposito della clickwheel: è curioso come alla fine anch’essa facesse parte di uno schermo touch, essendo riprodotta in modo virtuale. Fadell ha spiegato come l’idea di fondo fosse quella di rendere il prodotto più idoneo alla visione di filmati, il che implicava uno schermo di maggiori dimensioni rispetto agli iPod dell’epoca e un ripensamento dei pulsanti fisici sinora utilizzati. Esisteva comunque una variante aggiuntiva di questa interfaccia in cui la clickwheel era realmente presente invece che simulata.

Tanto Dickson quanto Fadell concordano nell’affermare l’immediata supremazia di un’interfaccia espressamente pensata per il tocco. Era funzionale sin da subito, offriva più opportunità per un’esperienza d’uso ricca, rapida e facile. Di contro, infarcire il semplice iPod di tante caratteristiche aggiuntive avrebbe portato complicazioni e procedure poco ottimizzate. Il buon Tony nella sua intervista racconta che le provarono comunque tutte per adattare la clickwheel al nuovo contesto, sotto spinta di Jobs, che amava portare lo sviluppo di prodotti il più vicino possibile ai suoi limiti prima di prendere le decisioni finali. Alla fine, i più efficaci sforzi di Scott Forstall sul multitouch furono ricompensati. Anche se si corse il rischio che fosse una terza via a prendere il sopravvento: come ulteriore alternativa, Jon Rubinstein, altro celebre dirigente Apple dell’epoca (finì poi in Palm/HP, dove si occupò della prima fallimentare era su smartphone di webOS, rinato con maggiori fortune nei televisori di LG), stava lavorando per l’iPhone a un firmware su base Linux. L’insistenza di Forstall, il supporto di Fadell e il benestare di Jobs su una soluzione di origine macOS uccisero quel sotto-progetto, permettendo alla storia di procedere così come oggi la conosciamo.

Giovanni "il Razziatore"

Deputy - Ho a che fare con i computer da quando avevo 7 anni. Uso quotidianamente OS X dal 2011, ma non ho abbandonato Windows. Su mobile Android come principale e iOS su iPad. Scrivo su quasi tutto ciò che riguarda la tecnologia.

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