È uscita la collezione Apple primavera-estate 2017: dietro le novità del non-keynote di marzo

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Nella giornata di ieri Apple ha presentato una serie di novità, riassumibili nell’iPhone 7 Rosso, nuovo iPad 9,7″, raddoppio di memoria per iPhone SE ed una serie di cinturini e custodie della collezione primavera-estate 2017. Dopo lo strafalcione dell’Apple Watch in oro, Apple ha capito di non poter fare soldi inseguendo il mercato del lusso ma che poteva riuscirci benissimo sfruttando i meccanismi della moda. L’ingresso in azienda di Angela Ahrendts non è stato casuale e la strategia sta dando i suoi frutti. L’Apple Watch – così come gli altri smartwatch – è un prodotto che può anche durare diversi anni, ma legarlo all’oro era stato un errore, perché alla lunga la tecnologia diventata inesorabilmente obsoleta mentre il materiale acquista valore. Ha molto più senso vendere tanti modelli delle varianti “economiche” e poi continuare a far spendere l’utente con le nuove collezioni di cinturini, i quali offrono in cambio anche una piacevole ventata di aria fresca.

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Jobs non lo avrebbe mai fatto, si sente spesso dire, e non c’è dubbio che Tim Cook sia un uomo di formazione completamente diversa, eppure ha obiettivi quasi identici, al massimo invertiti nella scala di valori. Jobs ha sempre avuto questa sorta di dualismo inespresso, che lo vedeva perseguire i sogni e l’innovazione facendo trasparire un completo disinteresse per i soldi, mentre sappiamo bene che è stato un grandissimo uomo d’affari dopo il periodo Pixar, che non trascurava affatto l’aspetto economico anche se sembrava metterlo in secondo piano rispetto al fare bene. Cook è sicuramente più legato al capitale, con l’obiettivo di aumentare il fatturato di Apple e la quotazione del titolo, ma sa di non poterlo fare senza prodotti di qualità. Dunque si parla sempre di innovazione e profitto, ma se con Jobs si aveva l’impressione che il secondo arrivasse come naturale conseguenza della prima, nell’era Cook si riesce più chiaramente a vedere la strategia di fatturato dietro il prodotto. Ma non è che questa differenza è dovuta solo al fatto che Cook non è in grado di influenzare le masse e creare un campo di distorsione della realtà come invece faceva Jobs?

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L’iPhone SE, ad esempio, dal punto di vista del marketing è stata la risposta di Apple a tutti coloro che chiedevano uno smartphone più piccolo da usare con un mano, senza però rinunciare alle buone performance dei modelli più recenti. Personalmente non tornerei ad uno schermo da 4″, ma il prodotto in sé non mi è dispiaciuto e molti lo considerano come prima scelta proprio per le sue caratteristiche fisiche oltre che il minor prezzo. L’operazione nostalgia è riuscita e si è effettivamente toccato un bisogno reale, ma la cosa più importante è che la prima settimana di forti vendite, dal 24 al 31 marzo, ha permesso ad Apple di dare una bella spinta al fatturato del secondo trimestre del 2016, periodo che tipicamente risulta in forte calo rispetto al precedente, caratterizzato dalle vendite del periodo natalizio. Forse non si può parlare di innovazione, ma si è soddisfatta un’esigenze ottenendone un vantaggio economico, per cui applausi a Cook.

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Queste operazioni una-tantum, posizionate proprio nel momento di flessione delle vendite del modello “principale” presentato qualche mese prima, hanno consentito ad Apple di mantenere un flusso più costante nel fatturato, per cui è facile immaginare che le vedremo ripresentarsi ciclicamente. Qualcosa di analogo accadde per l’iPhone 5c, ma al tempo sbagliarono la tempistica annunciandolo insieme al 5s e facendolo quasi apparire come il fratello sfigato. Con il tempo il 5c si è saputo far apprezzare, specie nei mercati paralleli a prezzo inferiore, ma presentandolo come novità a sé stante a marzo, avrebbero forse ottenuto un miglior risultato. Quest’anno l’operazione rebound vede ben tre dispositivi in gioco, ognuno con un peso differente.

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L’iPhone 7 (PRODUCT)RED ritengo sia il più importante, sia perché è il prodotto di punta per l’azienda sia perché è quello che ha potenzialmente un maggiore impatto sul cliente e sul mercato. Già il colore rosso spicca tanto, ma bisogna anche considerare che si era visto su svariati prodotti Apple, iPod inclusi, ma mai su iPhone. In teoria potrebbe essere ambito dai collezionisti. Poi hanno anche giocato sul prezzo, proponendo solo i modelli 128 e 256GB, che sono quelli dove l’azienda ha maggior ricavo. Insomma, un iPhone che può non piacere ma che ha tutte le carte in regola per essere un prodotto indovinato arrivato nel momento giusto. Ad alcuni non è piaciuto l’abbinamento con il frontale bianco, ma personalmente credo sia il migliore possibile perché con il nero sta altrettanto bene me è più pesante. In tutti i casi io ho comprato ieri stesso una pellicola rossa su dbrand.com per il mio iPhone 7 Plus nero e vi dirò come viene dopo l’applicazione. Ovvio che l’effetto non sarà paragonabile a quello dell’originale, ma per circa $10 direi che è un esperimento che si può tentare. Dovendo dire la mia, ritengo che anche questo lancio sia stato ben pensato, con discrete possibilità di guadagno per l’azienda ed anche bello esteticamente, senza dimenticare che (PRODUCT)RED significa anche beneficienza.

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In seconda posizione ci metterei l’iPad 9,7″, che a quanto leggo in giro è quello che sta interessando di più. In realtà sappiamo bene che i tablet vendono molto, ma molto meno degli smartphone e questi costano anche notevolmente più, per cui i ricavi per l’azienda sono potenzialmente inferiori. Tuttavia era da tempo che non si vedeva un tablet Apple così “conveniente”. È vero, le cornici non sono sottili come nell’Air 2, lo schermo non è a laminazione continua e ci sono anche altri “ma” che sono venuti e forse verranno fuori, ma è pur sempre un vero iPad, con hardware validissimo e che sarà in grado di sopportare ancora tante primavere di iOS. Per 409€ di listino con 32GB a me pare la scelta definitiva per il PC da divano, mentre a 569€ si potrà prendere il modello Cellular che ha anche il comodo GPS per chi viaggia. Inoltre si è finalmente ristabilita un po’ di chiarezza nelle linea, con iPad per tutti e iPad Pro per chi ha bisogno di maggior potenza e le funzionalità più avanzate, come il supporto per la Apple Pencil. Ben fatto anche qui secondo me.

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Non sono tra gli estimatori dell’iPhone SE, soprattutto da quando ho deciso di usare il 7 Plus e quelli “normali” mi sembrano ancora più manovrabili di prima. Ora riesco a fare quasi tutto con una mano sui 5,5″, per cui 4,7″ mi sembrano gestibilissimi anche mentre cammino su un filo di lana con un braccio legato dietro la schiena. Ecco perché vedo i 4″ inutilmente piccoli. Ho un 5c bianco che mi piace tanto, ma non riesco ad usare se non come terzo telefono… mentre un 6c lo comprerei subito. Capisco però che si possa avere un punto di vista diverso, perché io stesso non la pensavo così nel 2015 e nel 2016, quando ho scartato 6 Plus e 6s Plus proprio per l’eccessiva dimensione. Posto che vi è quindi una discreta schiera di potenziali acquirenti, il raddoppio dello storage proposto da Apple è una giusta decisione. Si parte ora con più validi 32GB per poi passare a 128GB, che quasi quasi sembrano anche un eccesso. Per il modello base il prezzo non è variato, mentre per il passaggio da 64 a 128 sono ora richiesti circa 50€ in più. Se proprio credono in questo formato, mi chiedo perché non abbiamo investito un minimo per migliorare l’hardware. Non dico che si dovesse parificarlo al 7, ma cose come il 3D Touch o il nuovo tasto home statico, avrebbero rinnovato il prodotto al punto da concedergli un altro anno di vendite più frizzanti. Messa così, invece, sembra più un compitino che non mi sento di promuovere. Certo non ci saranno suicidi di massa a Cupertino perché ho scritto questa cosa, ma ciò non toglie che Cook e soci potevano fare di meglio. Tutto sommato, comunque, il non-evento di ieri è stato comunque apprezzabile e forse forse è anche meglio che non abbiamo presentato insieme i nuovi Mac. Chiuderanno così il trimestre all’insegna degli iDevice e per i computer se ne parla ad Aprile.

Maurizio Natali

Titolare e caporedattore di SaggiaMente, è "in rete" da quando ancora non c'era, con un BBS nell'era dei dinosauri informatici. Nel 2009 ha creato questo sito nel tempo libero, ma ora richiede più tempo di quanto ne abbia da offrire. Profondo sostenitore delle giornate di 36 ore, influencer di sé stesso e guru nella pausa pranzo, da anni si abbronza solo con la luce del monitor. Fotografo e videografo per lavoro e passione.

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