Apple continua a negare futuri Mac con schermo touch e/o processori ARM

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La giornata di ieri ha stupito, perché è stata inusuale per Apple. Non per il lieve refresh del Mac Pro, era un atto largamente dovuto e peraltro di poco conto, dato che è stato sostanzialmente lo spostare nelle configurazioni standard componenti prima offerti in opzione. Ha stupito il candore con cui di fatto l’azienda ha ammesso di aver sbagliato nel gestire il suo Mac di punta negli ultimi anni, lasciando la strada del glorioso tower per inerpicarsi su quella del cilindro nero lucido troppo sbilanciata a favore del design, con la promessa più in là di una nuova generazione Pro più fedele al nome. In aggiunta all’argomento principale, però, i 5 giornalisti invitati a Cupertino per l’evento privato hanno avuto la possibilità di fare a Schiller e agli altri dirigenti domande più generali sulle prossime direzioni per i Mac, con un occhio soprattutto a implicazioni touchscreen e ARM. La risposta ufficiale che si estrapola dal riepilogo di MacRumors è riassumibile in una sola parola: no.

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Specialmente la questione touch rimane fuori discussione, non essendo ritenuta una necessità per l’utenza pro a cui si rivolgono i Mac né una buona idea in generale su interfacce di tipo desktop, ribadendo così la notevole differenza di vedute rispetto a Microsoft, che invece proprio negli ultimi mesi ha insistito sugli schermi a tocco col Surface Studio. Questo diniego è solo l’ultimo di una lunga serie, visto che lo scorso novembre tanto Jony Ive quanto Phil Schiller furono già categorici, con quest’ultimo che addirittura si riferì ad un prototipo interno di iMac con schermo a tocco come un’assurdità. L’uso delle tecnologie multitouch sui computer Apple rimarrà dunque prerogativa dei trackpad e della Touch Bar, che in futuro è possibile non rimanga esclusiva dei MacBook Pro. Similmente, per i processori ARM non ci sono piani che ne vedano un uso come unità centrale primaria, mentre potrebbero effettuare compiti secondari come già avviene nel caso del chip T1 degli ultimi MBP, deputato proprio a gestire la Touch Bar e il sensore d’impronte Touch ID. Quanto appena descritto è uno scenario perfettamente compatibile con la Gurmanata di febbraio, che vede in arrivo un’evoluzione del T1 in grado di gestire pure le funzionalità Power Nap a bassissimo impatto energetico.

Il no è dunque la linea ufficiale. Tuttavia credo sia opportuno riflettere separando il piano touch da quello processori. Iniziando dai primi, si può notare come, al di là degli scambi funzionali tra iOS e macOS (negli ultimi anni soprattutto dal primo al secondo), rimangono due esperienze d’uso ben distinte e focalizzate verso diversi metodi d’input, ed è plausibile che Apple voglia mantenerle così evitando cannibalismi interni. A piazzare Mac da smanacciare o iPad col puntatore in bella vista non avrebbero alcun beneficio tecnico/commerciale concreto. Sui SoC, invece, la mela ha accumulato esperienza da vendere, realizzando prodotti quasi allo stato dell’arte nel settore mobile e in grado addirittura di rivaleggiare con qualche CPU desktop, perlomeno di fascia media/medio-bassa. La separazione da Imagination Technologies permetterà in futuro ulteriori ottimizzazioni, potendosi gestire pure le GPU in proprio nei minimi particolari. Considerato poi che a Sierra non dispiace essere compilato per ARM e che Microsoft ci riproverà con Windows 10 non-x86, la prospettiva a lungo termine da parte di Apple di dare il benservito ad Intel rimane molto rischiosa ma tutt’altro che campata in aria, in quanto le apporterebbe i benefici tecnico/commerciali ricercati. Maggiore libertà progettuale, minore dipendenza da tecnologie altrui; maggiore profitto, minore porzione di torta da spartire con terzi.

Infine, un cenno alle stesse negazioni: quante volte abbiamo visto una qualsiasi azienda sostenere il contrario di ciò che i rumor o le prospettive di settore suggeriscono, salvo poi ufficializzare dopo qualche tempo proprio ciò di cui si chiacchierava? È un gioco di prassi per le società, soprattutto quelle quotate in Borsa, che ci tengono a non dare anticipazioni gratuite alle concorrenti né a creare aspettative per gli investitori finché non hanno la certezza di poterle soddisfare (un conto è dire genericamente “abbiamo nuovi ottimi Mac in programma”, un altro sarebbe “abbiamo nuovi ottimi Mac con processori A11 in programma”). Senza contare poi i repentini mutamenti di mercato, che possono stravolgere piani di sviluppo già avanzati. Non sono poi così lontani i tempi in cui Apple riteneva poco pratici i dispositivi dotati di un pennino, o i tablet da 7″, e di esempi se ne potrebbero fare ancora tanti. Ecco perché mai dire mai, anche quando quel “mai” viene pronunciato dai principali dirigenti.

Giovanni "il Razziatore"

Deputy - Ho a che fare con i computer da quando avevo 7 anni. Uso quotidianamente OS X dal 2011, ma non ho abbandonato Windows. Su mobile Android come principale e iOS su iPad. Scrivo su quasi tutto ciò che riguarda la tecnologia.

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