“The One Device”, le mie impressioni sul libro dedicato all’iPhone

Diciamocelo: “The One Device” non era partito da grandi premesse, col poco attraente estratto pubblicato da The Verge e la controversia sviluppatasi riguardo presunte preferenze di Phil Schiller su un dispositivo con tastiera fisica invece che touchscreen. Nonostante quest’aura di negatività, che inquadrava il libro come una mossa commerciale più che una vera introspettiva sull’iPhone, ero comunque curioso di leggerlo. A far scattare la molla è stato un evento un po’ inatteso: il blocco del Mi Pad a seguito di un aggiornamento di Windows. Avevo intenzione di vendere il Lumia e l’iPad mini 4 per acquistare un iPhone SE (da affiancare al Pixel come secondo), ma i problemi del Mi Pad mi hanno portato a rivedere i miei piani. L’iPad mini 4 si è riguadagnato il ruolo di tablet principale, l’ho aggiornato con la Beta di iOS 11 ed ho colto l’occasione per acquistare The One Device su iBooks.

Non sono un divoratore di libri, ma quando ne inizio uno entro in modalità missione: in pochi giorni è sicuro che lo completerò. Acquistato domenica, finito ieri. Ho un’alta velocità di lettura e avere a che fare con un lungo testo in inglese non mi ha spaventato. L’ho fatto dalle elementari sino all’università, lo uso ogni giorno nel mio lavoro principale, per cui non ho voluto tirarmi indietro. A parte alcune parole, di cui non conoscevo la traduzione e mi sono affidato alla comprensione del contesto o a Google, tutto è filato piuttosto liscio. Se si ha un livello almeno tra l’intermedio e l’avanzato, si tratta di un’opera tranquillamente alla portata.

Ora parliamo del libro in sé: “The One Device” non è una mera operazione commerciale. Almeno per come la vedo io. È un libro più complesso di quanto suggerisce il titolo, perché non parla solamente della gestazione del primo iPhone. Ne analizza i materiali, la fase produttiva, le invenzioni che hanno contribuito in modo fondamentale alla sua realizzazione e le migliorie apportate da Apple nel corso degli anni, come l’App Store, Siri e la Secure Enclave nei chip Ax per la protezione dei dati personali. In tal senso mi sarebbe piaciuto si fosse approfonditi ulteriormente altri aspetti piuttosto recenti, come la doppia fotocamera di iPhone 7 e il 3D Touch introdotto dal 6s. Non mancano sezioni dedicate alla gestione dei leak e agli Apple Store. Lo sviluppo in quel di Cupertino è raccontato, per così dire, a puntate. Inframezzato dagli altri approfondimenti menzionati poc’anzi. Dalla Bolivia alla Cina, passando per il Kenya, vengono affrontate senza problemi tematiche piuttosto delicate come le difficili condizioni di buona parte della filiera dall’estrazione dei materiali alla vendita (incluso un tour non autorizzato in una megafabbrica Foxconn), nonché il vasto mercato grigio degli iPhone usati e delle sue singole componenti (viene anche descritta la creazione di un iPhone “clandestino”, funzionante con iOS esattamente come le unità regolarmente fabbricate).

La parte complessiva dedicata alla nascita dell’iPhone è piuttosto dettagliata, fornendo un’introspettiva dei vari personaggi chiave (a parte Ive e Schiller, nessuno di quelli citati è ancora in Apple) e dei gruppi di lavoro creati in un clima di assoluta segretezza, messi talvolta ognuno all’oscuro di ciò che stava facendo l’altro e più spesso uno contro l’altro. Tale tattica era apprezzata da Steve Jobs sin dai tempi del primo Macintosh per ricavare il meglio, ma ha avuto spiacevoli ricadute sugli individui, non solo in termini di matrimoni finiti. Si rinvengono dettagli a cui non si aveva mai dato troppo peso e che stupiscono col senno di poi. Un esempio che prendo direttamente dal libro: durante la presentazione dell’iPhone a gennaio 2007, nel mostrare com’era facile modificare la lista dei contatti preferiti, Jobs rimosse quello di Tony Fadell. Viene raccontato che nelle prove del keynote veniva eliminato un altro contatto. Fadell lasciò Apple a fine 2008, ma la sua stella a One Infinite Loop era già in declino, sovrastata da quella di Scott Forstall; quanto si vide quel giorno nell’atto inaugurale della conferenza MacWorld venne subito percepito dal team di lavoro dell’iPhone come un messaggio tutt’altro che subliminale.

Eppure, nessuno di loro rimpiange di aver partecipato a quell’avventura, con la fatica e lo stress culminate nel prodotto che ha rivoluzionato il mondo mobile. Molte le interviste raccolte dall’autore Brian Merchant, con ognuno che aggiunge un pezzo al grande puzzle. Curiosamente mancano alcuni dettagli, inclusa la reale motivazione per cui Jobs decise di buttarsi a capofitto nella produzione di un dispositivo touch, pensato come tablet prima che come telefono, in quanto irritato dalle affermazioni di un dirigente Microsoft. Per quanto il racconto sia ricco, è una buona idea affiancarlo alla lettura dei capitoli dedicati all’iPhone nelle due biografie di Jobs, l’ufficiale e l’ufficiosa (nel senso che quella realizzata da Schlender e Tetzeli ha riscosso maggior supporto da parte dell’esecutivo Apple, rimasto invece insoddisfatto da quella di Isaacson) al fine di avere un quadro ben più completo.

The One Device” si lascia leggere quasi sempre graditamente e accompagna il lettore non solo nella storia dell’iPhone, ma pure nella geografia, nella politica e nell’economia. La speranza è che nei prossimi mesi venga tradotto in più lingue, italiano incluso. Non sono pentito di averlo letto, dunque, sebbene abbia da ridire sul prezzo. 14,99 € per un ebook non sono affatto pochi, specialmente considerando che non vengono minimamente sfruttati i vantaggi multimediali rispetto alla copia cartacea, che costa circa 8 € in più. Tanto testo e poche immagini, tutte rigorosamente in bianco e nero, senza possibilità di ingrandirle per una visione migliore. 9,99 € sarebbe stato già un prezzo più ragionevole.

Giovanni "il Razziatore"

Deputy - Ho a che fare con i computer da quando avevo 7 anni. Uso quotidianamente OS X dal 2011, ma non ho abbandonato Windows. Su mobile Android come principale e iOS su iPad. Scrivo su quasi tutto ciò che riguarda la tecnologia.

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