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Poco dopo la morte di Jobs, iniziarono varie riflessioni sul suo lascito morale e materiale ad Apple, pronta ad entrare in una nuova era dove avrebbe dovuto dimostrare di saper camminare con le proprie gambe orfana del papà, una scommessa sinora riuscita. Apple Park a parte, la cui pianificazione è effettivamente di lunghissimo corso, c’è chi sosteneva avesse già tracciato buona parte della roadmap di Apple per i successivi anni e chi invece guardava alle mosse fatte da Steve prima del 2011 come mezzi per garantire all’azienda un avvenire quanto più roseo. Ad oggi, credo che entrambe le ipotesi si siano rivelate corrette. Tuttavia ritengo pure sia la seconda ad aver avuto la maggiore influenza. I benefici di acquisizioni avvenute sotto la gestione Jobs stanno infatti arrivando proprio in questo periodo. Una delle operazioni più riuscite è senz’altro quella di P. A. Semi nel 2008, che ha consegnato nelle mani di Apple un know-how davvero tremendo, nel senso positivo del termine.

A partire dal SoC A6 in poi, Apple ha pesantemente personalizzato l’architettura base ARM, costruendo una leadership in termini di prestazioni tra i processori per dispositivi mobili. Nessun’altra azienda, nonostante l’aumento di core e frequenze, è ancora riuscita ad agguantare i risultati che gli Ax raggiungono anno dopo anno. L’A11 Bionic di iPhone 8 e X non sembra fare eccezione, almeno stando ai primi benchmark trapelati. Un SoC ben realizzato non si costruisce dal giorno alla notte, certo: tutto ciò che usiamo oggi ha una storia molto più lunga. Per la precisione almeno tre anni, stando a quanto riportato dal SVP Hardware di Apple, Johny Srouji, in un’intervista concessa a Mashable insieme a Phil Schiller. Pensateci: mentre ci si beava delle prestazioni raggiunte dall’A8 incluso nell’iPhone 6, per Cupertino era una pratica già bella che archiviata.

Com’è altrettanto prevedibile, però, l’A11 Bionic non è una riscrittura da zero di tutto il lavoro precedente. È un raffinamento, per quanto sostanzioso, del già potente A10 Fusion in sviluppo nello stesso periodo. L’architettura a più nuclei l’abbiamo già vista lo scorso anno, ma contrariamente alle aspettative iniziali non ha funzionato nella modalità in stile big.LITTLE come molti, incluso io, auspicavano: erano due blocchi separati, contenenti rispettivamente i due core ad alte prestazioni e gli altri due a bassi consumi, senza possibilità di lavorare insieme. Nell’A11 ci sono sempre due blocchi all’interno del SoC ma il conteggio totale dei core è salito a 6 grazie alle ulteriori aggiunte nel blocco “low energy” e soprattutto è caduto ogni freno inibitorio, essendo possibile scatenarli tutti all’occorrenza. Combinando a questo un processo produttivo a 10 nanometri, Apple è riuscita a migliorare tanto le performance quanto l’impatto energetico con percentuali rispettabili: fino al 25% per il primo ambito, 70% per il secondo.

Il discorso dei tre anni non vale solo per il processore in sé. Nello stesso periodo sono cominciati i lavori sul chip grafico in proprio e soprattutto sul Neural Engine, l’area dedicata alle operazioni d’intelligenza artificiale e di machine learning. Termini di cui nel 2014 si iniziava appena a discutere seriamente. Guardando alla GPU nello specifico, Srouji sostiene che si trattasse di un passaggio necessario e nella natura di Apple per ottimizzare quanto più possibile i propri prodotti. In effetti, ora tutta la filiera concernente la grafica è gestita da Cupertino: GPU, CPU, librerie grafiche, linguaggio di programmazione e sistema operativo. Non vi è più alcun componente terzo da cui dipendere, se non il produttore fisico dei chip, come TSMC. Un’analoga volontà di ottimizzazione è alla base pure del Neural Engine, dal momento che si prende in carico di operazioni sinora svolte dalle altre aree del SoC. Processore centrale e grafico vengono sgravati da compiti per cui non sono espressamente nati, anche in questo caso favorendo prestazioni e consumi. Proprio perché questo chip neurale è pensato da Apple per specifici contesti come l’AI, Schiller garantisce che gli sviluppatori non potranno utilizzarlo al di fuori di essa. L’unica parziale eccezione alla regola sarà costituita da ARKit, dove l’apporto del Neural Engine risulterà fondamentale nel coadiuvare il lavoro già svolto dalla GPU.

Anche altre aree già esistenti, come il processore d’immagine e la Secure Enclave, sono state soggette ad ulteriori miglioramenti, aiutando molto nella gestione del sistema di autenticazione Face ID. Per non parlare del controller di memoria e del DSP per il comparto audio. Un SoC è composto al suo interno di tantissimi componenti, per i quali la cooperazione interna ad Apple tra i vari team risulta fondamentale. Lo stesso discorso vale pure coi partner esterni, tanto che ci sono specifici gruppi di lavoro creati dalla società per ricavare quanto più possibile sul piano tecnico-commerciale da tali collaborazioni. In conclusione d’intervista, il pensiero di Mashable è andato giustamente al futuro: se, come dice Apple, la progettazione di un SoC dura tre anni, nei suoi laboratori l’A14 sta già compiendo i suoi primi passi. E potrebbe non essere per forza basato sul silicio, che si sta avvicinando ai suoi limiti d’utilizzo. Sfide che non spaventano la mela ma nemmeno vengono sottovalutate per le loro difficoltà. Personalmente, tuttavia, aggiungerei un ambito non toccato da Mashable: i chip di rete, celebre oggetto del contendere nella transizione da Qualcomm ad Intel. Se tanto mi dà tanto, la già menzionata ricerca costante dell’ottimizzazione da parte di Apple e il futuro arrivo del 5G sono motivi per cui ritengo in Santa Clara non debbano dormire sonni molto sereni. L’A11 Bionic è solo un altro passo di una lunga storia ancora da scrivere.

Giovanni "il Razziatore"

Deputy - Ho a che fare con i computer da quando avevo 7 anni. Uso quotidianamente OS X dal 2011, ma non ho abbandonato Windows. Su mobile Android come principale e iOS su iPad. Scrivo su quasi tutto ciò che riguarda la tecnologia.

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