Recensione: Sony alpha A6500, tutto al top… tranne il corpo

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La prima mirrorless che ho recensito su SaggiaMente è stata una Sony NEX 5 e la prima che mi ha fatto pensare alla possibilità di abbandonare veramente le reflex è stata un’altra della stessa serie: la NEX 7. Primeggiare è un’abitudine consolidata quando si tratta delle fotocamere Sony, che in ogni nuovo modello spostano più avanti l’asticella della qualità e delle funzioni. Quando la sigla NEX è stata accantonata, il numero 7 è diventato l’identificativo della prima fotocamera mirrorless full frame, ormai famosissima e declinata nelle varianti S ed R, mark I e II. Nel segmento APS-C si è passati alla numerazione in migliaia e il 6 è il più alto in grado. La prima è stata la A6000 del 2014, poi c’è stata la A6300 del 2016 e, infine, la A6500… sempre del 2016. Esatto, le ultime due sono state praticamente rilasciate nello stesso anno e, visti i ritardi di produzione, c’è stato anche chi ha atteso così tanto la sua A6300 che l’ha ottenuta proprio a ridosso della presentazione della successiva. Altra cosa strana è che qui Sony ha usato numeri diversi invece dell’identificativo generazionale che adopera sulle compatte prosumer (RX100, RX10, RX1) e sulle già citate Full Frame (A7 e, in futuro, sicuramente A9). A prescindere dalla ragione dietro questa scelta, la cosa importante da capire per l’utente è un’altra: la Sony A6500 non sostituisce la A6300 o la A6000. Le “vecchie” fotocamere vengono ancora prodotte ma si posizionano su una fascia di prezzo più bassa. Quindi, per quanto l’aspetto esterno sia quasi identico, bisogna pensare alle A6xxx come ad una famiglia di fotocamere e non a generazioni differenti dello stesso modello. Vista così – come Sony vorrebbe – la cosa ha effettivamente un senso; tuttavia non è un messaggio semplice da veicolare e rimango ancora dubbioso sulla sua effettività validità. Tant’è che il più grosso difetto della A6500 per me è… vi evito lo spoiler, se vi va di scoprirlo continuate a leggere.

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Caratteristiche principali

Pur non avendo testato la A6300, questa recensione non potrà ignorarla e sarà inevitabile imboccare la strada del confronto di tanto in tanto. Il collega ed amico Mathieu Gasquet ha sviscerato ogni minima caratteristica in un articolo, ma già nell’iniziale e rapido versus aveva identificato 10 differenze. In questo numero sono comprese pure le novità minori, come la possibilità di estrarre un fotografia 8MP da un video 4K direttamente on-camera oppure il grip leggermente più comodo, ma ci sono anche elementi di maggior peso, tra cui il più importante è sicuramente la stabilizzazione a 5 assi sul sensore (non presente nella A6300). In estrema sintesi la Sony A6500 è una mirrorless compatta con un sensore APS-C da 24MP, schermo touchscreen inclinabile ed una spiccata vocazione per il video. Ovviamente c’è dell’altro, per cui andiamo ad analizzarla meglio.

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Corpo ed ergonomia

Il mio percorso con le fotocamere non dovrebbe incidere nella valutazione di questa A6500, tuttavia le evoluzioni delle esigenze personali di chi scrive sono andate di pari passo con la crescita del mercato mirrorless. Intendo dire che se al tempo della NEX 7 eravamo ancora in piena sperimentazione, ad oggi le senza specchio sono una realtà consolidata. Nel 2012 ci piaceva l’idea che fossero più piccole delle reflex, perché le consideravamo come un’aggiunta per una più comoda mobilità, mentre oggi molti fotografi le hanno elette a strumenti principali, sia a livello amatoriale che professionale. Ecco perché al tempo di quella recensione la compattezza stava nei pro mentre oggi non ne sono più così tanto sicuro. Per fortuna Sony ha migliorato l’impugnatura nella A6500, che risulta leggermente più pronunciata rispetto la A6300, ma le dimensioni complessive sono sempre le stesse e non si raggiunge la comodità d’uso di una GH5, tanto per fare un esempio, sia per la presa che per l’ergonomia dei controlli.

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Sono solo 450 i grammi di peso, in una dimensione complessiva di 120 x 67 x 53mm. A me è stata inviata in prova con il 16-70 f/4 Zeiss e devo dire che il bilanciamento è molto buono così come la resa, però è sempre un f/4 su un sensore APS-C, per cui non si riescono ad ottenere immagini particolarmente spinte in termini di PdC se non al massimo tele e con soggetti vicini (portandolo al limite del suo ingrandimento). Considerando le caratteristiche in gioco e la presenza del mirino, è piuttosto impressionante la compattezza del corpo e anche l’uso ad una mano è effettivamente possibile senza fatica, ottenendo una presa stabile con la maggior parte degli obiettivi con innesto E pensati per APS-C (altro discorso per gli FE e i tele). Purtroppo Sony non ha pensato ad un battery grip e quelli di terze parti esistono ma non dialogano bene con il corpo, proprio perché non vi è una predisposizione di serie.

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Display e mirino

Lo schermo posteriore non è cambiato molto ad un primo sguardo ed effettivamente si tratta sempre di un LCD da 3” con 921 mila punti e possibilità di inclinazione verticale di 90° verso l’alto e circa 45° verso il basso. La vera novità, nonché differenza rispetto la A6300, è la presenza del touchscreen. L’implementazione, va detto, è davvero povera, con la sola possibilità di selezionare il punto di messa a fuoco. Ciò può essere fatto sia quando si usa lo schermo che inquadrando con il mirino, trasformandolo in una sorta di touchpad. Il funzionamento non mi ha convinto pienamente per precisione e reattività, ma ho trovato utile la possibilità di disattivare la sensibilità su una parte dello schermo (per chi usa l’occhio sinistro e rischia di toccare il display con il naso).

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Il mirino è costituito da un pannello OLED con diagonale di 0,39” ed un ingrandimento dello 0.7x, il tutto con i medesimi 2.6 milioni di punti che ritrovavamo nella A6300. L’ampiezza è sicuramente nella media alta e la frequenza di refresh va già bene nell’impostazione base eppure può essere aumentata per una maggiore fedeltà. La posizione laterale è comodissima per chi usa l’occhio destro e vi è ampia possibilità di regolazione nel menu per colori e luminosità. Peccato che sotto il sole alto si debba ancora impostare in manuale la modalità Tempo Soleggiato. La cosa che mi è piaciuta di più in assoluto è il funzionamento del sensore di prossimità, quello che effettua il passaggio automatico tra display e mirino quando avviciniamo l’occhio. Il difetto tipico di questa soluzione si presenta nel momento in cui si scatta dalla pancia con lo schermo alzato, in quanto la prossimità con il busto fa tipicamente accendere il mirino e oscurare il display. La A6500, invece, disattiva automaticamente il sensore quando si apre lo schermo, risolvendo il problema in un modo semplice ma intelligente. E non ci sono effetti collaterali visto che con lo schermo posizionato in alto o in basso non si riuscirebbe comunque ad usare il mirino.

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Controllo, impostazioni, menu

Sono in seria difficoltà iniziando questo paragrafo perché so già che non saranno rose e fiori. Ogni volta che provo una fotocamera Sony spero di ricredermi e mi auguro che ci siano miglioramenti, ma ancora non ne ho visti. Nella A6500 c’è stato un leggero facelift del menu, eppure i problemi sono ancora lì. Iniziamo col dire che non c’è modo di adoperare il touchscreen per muoversi nel menu o confermare quando appare un pulsante che sembra dirti “toccami, toccami”. Poco male se le operazioni con i controlli fisici fossero comode ma in realtà non è così. Intanto per ritornare indietro dai sotto menu o uscire bisogna premere l’apposito tasto menu che sta distante dal pad, mentre sarebbe molto più comodo poter adoperare quello subito sopra o sotto. Altra cosa difficile da mandare giù è che alcuni settaggi, in particolare quelli che si aprono in sovrimpressione sull’inquadratura (ad esempio il metodo AF), comportano l’uscita dal menu se confermati, per cui se si volevano fare altre operazioni si deve rientrare manualmente ancora e ancora. A parte questo, la suddivisione delle voci sembra spesso del tutto casuale. C’è un titoletto al di sotto che ci dice se ci troviamo in AF1, AF2 o altro, ma non vi è modo di localizzare un elemento se non scorrendo le pagine in orizzontale leggendoli più o meno tutti. Ovviamente ci si può fare l’abitudine e memorizzare le cose che si usano più spesso, tuttavia si sente la mancanza di organicità e di un’area che raggruppi tutte le personalizzazioni (tasti, memorie, ecc..). Per giunta capita che voci inerenti si trovino separate (ad esempio il profilo foto/video, la qualità video e l’assistenza visualizzazione gamma sono addirittura in tre aree diverse pur essendo direttamente connesse e spesso modificate insieme).

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Per quanto riguarda i controlli fisici, questi sono leggermente aumentati e in buon numero viste le dimensioni compatte del corpo. Vi è un buon livello di personalizzazione: oltre ai tre tasti funzione C si possono assegnare comandi differenti anche al pad direzionale e al gruppo relativo al blocco AE/AF. Tuttavia mancano diverse cose fondamentali nel layout di base, per cui ho dovuto usare i tre C1, C2 e C3 per bilanciamento del bianco, modalità di messa a fuoco e il profilo foto, e non ho avuto più spazio per altro (zebra, peaking, ingrandimento, qualità video/foto, wi-fi, ecc…). Fatta un po’ di selezione e con l’aiuto del menu Fn (quick menu) per quel che non si raggiunge con tasti dedicati, l’usabilità è comunque accettabile. Almeno quanto basta per non dover litigare con il menu troppo spesso. Avrebbero potuto almeno mettere il classico “my menu” da personalizzare con le funzioni che si usano più spesso e invece nulla.

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Il layout è comunque comprensibile una volta presa la mano. I tasti sono ben realizzati e le due ghiere dei parametri hanno un passo preciso. Personalmente mi manca la NEX 7 con il suo sistema Tri Nav e continuerò a dirlo in ogni recensione, perché con le tre rotelle per tempo, apertura e ISO si andava velocissimi, qui ce n’è una sola in cima, l’altra è sul pad direzionale e non è sempre comodissima. Davvero non capisco l’assurda posizione del tasto di registrazione video, che mi comporta dei movimenti involontari all’inizio ed alla fine di ogni clip. Almeno potevano rendere usabile il pulsante di scatto come REC nei modi video, mentre invece questo genera un fastidioso messaggio di errore e nulla più. Alla fine l’unica soluzione utile è personalizzare uno dei tasti – ad esempio C1 – con l’opzione MOVIE, anche se questo significa giocarsi un utile accesso ad altro quando ci sarebbe già quel bel pulsante di scatto inutilizzato (in modalità video, si intende).

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AF – Messa a fuoco

Inutile girarci intorno, qui Sony ha fatto bene i compiti ed è pronta a dare ripetizioni – quasi – a tutti. Il sistema ibrido fase/contrasto ha già dimostrato i muscoli in passato ma è stato migliorato e perfezionato con il tempo. È velocissimo in ogni situazione, offre una copertura pressoché totale del fotogramma ed una infinità di metodi. I numeri e le prestazioni sono quelli della mid-range A6300 (ribadendo che non è effettivamente il modello vecchio ma solo quello più basso in grado), per cui nessuna sorpresa su questo fronte.

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Il livello di affidabilità è molto elevato e nel tracking dei soggetti è probabilmente tra le migliori fotocamere in commercio, superando anche molte reflex. Semmai il problema è che con attività quali l’avifaunistica o lo sport, l’accoppiamento con teleobiettivi spinti non è ottimale per via del corpo super compatto, ma questo è un altro discorso. Tra le varie modalità disponibili ci si può perfino perdere, ma c’è tutto quello che serve e basta un po’ di sperimentazione per capire cosa scegliere al momento opportuno. Il problema qui è quello classico di Sony, perché tutto sembra poco intuitivo. Ad esempio il pulsante “annulla messa a fuoco” che appare dopo un tap per la selezione AF con il touchscreen è piuttosto bizzarro. L’unico uso concreto che ho trovato è quello di far ripartire l’AF-C (continuo) nel video dopo aver selezionato uno punto “spot” secondario. Tuttavia appare anche in altre circostanze, la dicitura non è chiara e anche il suo aspetto a schermo è fastidioso. Dopo aver tappato in un punto appare la scritta lampeggiante “fuoco spot”, il pulsante per annullare la messa a fuoco (così come lo chiamano loro) e anche la scritta sotto che suggerisce come farlo con l’uso dei tasti. Insomma, lo schermo diventa pieno di scritte e grafiche che infestano l’immagine e in alcune modalità manca un banale quadrato che mostri l’area dove effettivamente si è impostato il punto AF (l’unica cosa che avrei voluto). Inoltre in modo video molte delle modalità risultano non disponibili e non è del tutto chiaro il perché.

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Nel campo video l’autofocus continuo è probabilmente tra i migliori se non il migliore mai testato. Lasciandolo lavorare in modalità multipla su tutto il fotogramma, riesce quasi sempre ad identificare il soggetto adatto (a meno che non sia in una porzione secondaria dello schermo) e non esegue quasi mai dei brutti “saltelli” nella ricerca di fuoco. Come ho già detto prima, però, il posizionamento spot non è affatto ergonomico e attivare il tracking richiede una serie di passaggi che vi sfido ad indovinare al primo colpo e senza suggerimenti (io non ve ne darò).

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Drive – Scatto continuo

Le modalità di avanzamento sono accessibili con la freccia a sinistra del pad direzionale, a meno di non averla configurata diversamente. Ci sono lo scatto singolo, quello multiplo (Hi+, Hi, Mid, Low), autoscatto (2, 5, 10 sec), autoscatto multiplo (3 o 5 immagini dopo 2, 5 o 10 sec) più diverse modalità di forcella personalizzabili su esposizione, gamma e bilanciamento del bianco. La modalità più veloce raggiunge 11 fotogrammi al secondo con AF continuo e lo schermo sembra quasi non oscurarsi mai tanto è veloce a ritornare attivo. Ottimo anche il buffer, che consente di proseguire all’infinito in JPG (almeno credo, mi sono stancato prima io) ma arriva ad impressionare con il RAW reggendo per oltre 100 scatti.

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Unendo queste doti velocistiche alle ottime performance dell’AF tracking, si capisce perché la A6500 si propone come un’ottima compagna per la fotografia sportiva. L’otturatore meccanico raggiunge 1/4000, che purtroppo non è un valore da best in class, inoltre quello elettronico (che si attiva con la voce di menu ripresa silenziosa…) non ci consente di andare oltre.

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Metering – Esposizione

La valutazione dell’esposizione è generalmente buona con l’impostazione base multipla, che valuta l’intera scena in modo del tutto automatico. Personalmente tendo a scattare molto in manuale e ad ignorare i suoi “consigli”, tuttavia le sue valutazioni mi sono sembrate corrette. In una piccola escursione nei pressi di una cascatella ho notato che nelle condizioni critiche tende a privilegiare la conservazione delle alte luci, ma è un comportamento del tutto normale. In realtà qualche volta ha anche “suggerito” di bruciarle un po’ per mantenere leggibilità nelle ombre ed è una scelta intelligente quando si sa che c’è modo di recuperare molto in post e le aree illuminate sono comunque piuttosto contenute per dimensione. Ciò non toglie che con luci fortissime ed ombre chiuse, la gamma non sia stata del tutto sufficiente e un po’ di aree in clipping siano rimaste pure dopo la post-produzione. Però parlo di situazioni che nessun’altra fotocamera di fascia analoga avrebbe gestito meglio (le trovate più sotto nella galleria, guardando la schiuma delle cascatelle). Gli altri metodi sono i classici bilanciato al centro e spot ma vi è anche la media dell’intero fotogramma e un metodo spot con priorità alle alte luci. Insomma, c’è l’imbarazzo della scelta. Non c’è un tasto dedicato al metering, per cui o se ne personalizza uno oppure si deve passare dal quick menu in Fn (sempre che non ci si voglia avventurare nel menu principale).

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WB – Bilanciamento del bianco

Il bilanciamento del bianco prevede una sfilza di possibilità molto variegate, che iniziano con un automatico impostabile su tre livelli: standard, atmosfera (caldo) e bianco (freddo). Non è proprio intuitivo da scoprire, però, in quanto dal menu WB in Fn (quick menu) c’è solo una indicazione auto e le opzioni aggiunge bisogna cercarle nel menu principale.

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L’elenco prosegue con luce giorno, ombra, cielo coperto, incandescenza, fluorescente caldo, fluorescente freddo, fluorescente diurno, fluorescente luce giorno (molto simile al precedente, sia nel nome che nella resa), flash, automatico sott’acqua, temperatura colore (da 2500K a 9900K con scatti di 100K), personalizzato 1, 2, 3 e Set. Questi ultimi rientrano nelle tipiche “originalità” di Sony, perché ci si aspetterebbe di poterne selezionare uno e impostarlo al volo sul grigio neutro inquadrato, invece si deve passare da Set per farlo. Spiego meglio: prima si cattura da Set il bilanciamento e solo dopo si sceglie su quale dei tre personalizzati memorizzarlo. Non so, ci sarà sicuramente un motivo e sono pronto a farmi convincere del fatto che nella A6500 tutto abbia un senso, tuttavia continuo a pensare che vi siano tante complicazioni del tutto evitabili. Di contro non c’è dubbio sulla resa del bilanciamento automatico, il quale si è dimostrato abbastanza efficiente.

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Flash

Flash, flash, flash, perché sei tu flash. Se lo chiedete a me vi rispondo di getto che si potrebbe togliere in tutte le fotocamere, però poi ci penso e se questo non comporta altri sacrifici allora è tutto di guadagnato. L’unità qui presente si trova in cima, a sinistra della ghiera dei modi. È proprio a filo con la scocca, al punto da mimetizzarsi completamente, e l’apertura meccanica si attiva tramite un pulsante posto sul retro. Questo richiede una pressione “consapevole” avendo un’escursione piuttosto lunga ed una bordatura di sicurezza. In fin dei conti il lampeggiatore ha un numero guida di 6 m. alla sensibilità base di 100 ISO, per cui è chiaramente un dispositivo di servizio, però potrebbe essere utile per un po’ di luce di schiarita di sera o per riempire le ombre sotto il sole… a patto di dosarlo nel modo giusto. Le funzionalità? Beh, sono certamente complete: auto, forzato, lento, seconda tendina e senza cavo. Quest’ultima voce si riferisce chiaramente all’uso di lampeggiatori wireless ma richiede un trasmettitore dedicato. Tra le varie opzioni anche la compensazione +3/-3 e la riduzione occhi rossi, che però si trovano nel menu e non sull’accesso rapido Fn.

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Qualità d’immagine e resa ad alti ISO

Non è un segreto che Sony sia il primo produttore al mondo di sensori e non è un risultato che si raggiunge per caso. Di generazione in generazione, l’azienda nipponica è stata capace di introdurre importanti novità tecnologie e di guidare il mercato sia nella fascia consumer (il suo sensore da 1” / 20MP è praticamente ovunque) che in quella professionale (anche le recenti medio formato ormai si appoggiano sui suoi sensori). Il know-how accumulato è tantissimo e la voglia di sperimentare non manca, ma la cosa importante per noi è il costante aumento di gamma dinamica e resa ad alti ISO. Questo sensore APS-C da 24MP della A6500 non è una novità, era presente nella A6300 ed anche in altri modelli Nikon. Mi aspetto che presto o tardi Sony ne realizzi una versione migliorata con tecnologia BSI ma la resa di questo attuale offre già dalle ottime garanzie.

Tanta gamma dinamica a bassi ISO, ampia possibilità di recupero delle aree sovra e sottoesposte, rumore con sensibilità elevate molto contenuto e tanto, tantissimo dettaglio. Io non amo i colori delle Sony per questa tendenza al giallo-verde che è lontana dai miei gusti e richiede un costante intervento di post-produzione (specie nel video), però i file della A6500 sono estremamente lavorabili e ricchi di informazioni.

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Di seguito il nostro classico test in studio, dove ricordo che i RAW vengono mostrati azzerando completamente la riduzione del rumore (sia di luminanza che crominanza) che i software di post-produzione inseriscono nativamente. In questo modo si può avere un’idea leggermente più precisa di ciò che effettivamente viene catturato dal sensore e dell’efficacia degli algoritmi di sviluppo JPG on-camera. Non riusciamo ad avere sempre la stessa scena perché proviamo fotocamere in location diverse e gli oggetti vanno e vengono, ma si può comunque sfruttare questi swatch per effettuare confronti con le altre fotocamere testate.

Il sensore della A6500 si posiziona nella parte più alta della classifica di quelli APS-C, dove per altro troviamo per lo più applicazioni dello stesso in altri modelli di fotocamere (ad esempio la Nikon D3400). Oltre ad avere una gamma dinamica che sfiora i 14 stop, si apprezza proprio la resa ad alte sensibilità che consente di ottenere immagini stampabili anche su formati abbastanza ampi a 6400 ISO. Se si effettua lo scatto nel giusto modo, e cioè senza dover aprire le ombre in post-produzione, perfino i file a 12800 ISO risultano complessivamente gradevoli su carta.

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Connessioni, memoria, batteria

Poche le porte disponibili e tutte disposte dietro uno sportellino nell’area a sinistra. Qui si trovano Micro-USB, Micro-HDMI ed ingresso audio. Manca l’uscita per le cuffie, ma in qualche modo si può anche risolvere se proprio se ne ha necessità. Esistono degli schermi HDMI che la offrono, ad esempio, oppure si può usare un adattatore da HDMI a VGA+mini Jack. Non è il massimo della vita ma vista l’ottima resa in campo video può valere il sacrificio.

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Iniziamo dalla memoria, che si trova in basso nello stesso sportellino della batteria. Non piace a nessuno questa soluzione ma è necessaria quando lo spazio è così risicato. Purtroppo una sola SD a disposizione, per altro senza compatibilità UHS-II (ma le UHS-I le bastano, per cui non c’è problema). Questo, come tanti aspetti della A6500, mi ricordano quello che è secondo me il suo più grande difetto, ovvero il voler essere così cocciutamente piccola. A fronte di un minimo vantaggio, questa scelta porta tutta una serie di problemi e limitazioni che proverò ad elencare nelle conclusioni. Qui già ne vediamo due, perché su un corpo così importante (e costoso) il doppio slot per registrare in backup ci stava tutto e la durata della batteria si sarebbe potuta migliorare con una unità più capiente. Se si fanno solo foto l’autonomia è nella media per una mirrorless, ma se si tira in ballo il video consuma come una Ferrari a tavoletta (che poi è quel che è). Per fortuna il problema è così diffuso e sofferto che ormai se ne trovano di compatibili anche agli angoli di strada e con prezzi contenuti, però la scomodità permane. A compensare un po’ il problema ci pensa la possibilità di ricarica via Micro-USB, che per altro funziona anche con la fotocamera in uso. Io l’ho messa spesso nello zaino collegata ad un powerbank, così da recuperare la carica persa nelle pause.

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Una piccola novità della A6500 rispetto la A6300 è la presenza del Bluetooth in aggiunta ai precedenti Wi-Fi ed NFC. Questo è molto utile perché consente di abbinare lo smartphone e tenerlo in pairing consumando poca energia, anche se le tradizionali operazioni di scambio dati si eseguono poi sempre tramite rete wireless. Interessante e comoda la possibilità di abbinare rapidamente uno smartphone sprovvisto di NFC (o dove sia “bloccato”, come su iPhone) grazie ad un QR code mostrato a schermo. Tutto bello in teoria, all’atto pratico ho avuto diversi problemi. Attivando il collegamento Bluetooth la fotocamera non viene vista direttamente e si deve passare dall’app PlayMemories Mobile. Questa su iPhone (non ho potuto provare Android al momento) ha le sezioni Wi-Fi e QR ma non Bluetooth, per cui nisba. Forse sbaglio io ma non sono riuscito a risolvere il problema… e dopotutto all’avvio mi ha dato una news recente avvisandomi che era stata appena resa compatibile con iOS 10 (dell’anno scorso), per cui non sarà proprio un’app molto seguita. Volevo usare il QR code visto che con iOS 11 si può scandire direttamente dall’app fotocamera, ma non c’è stato verso di farlo mostrare. Ammetto di non aver voluto di proposito leggere il manuale però, in quanto queste operazioni le ho eseguite mille volte e mi aspetto di riuscirci sfruttando solo le guide a schermo.

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Video

Quando ho provato la Sony A7s II ho preferito focalizzare l’intera recensione solo sul fattore video, riuscendo ad analizzarlo più approfonditamente. In questo caso non potrò scendere così nel dettaglio ma inizio con l’esprimere il mio apprezzamento per la disponibilità dell’azienda ad inserire tutte le migliori funzionalità dei modelli più alti in grado anche nelle sue APS-C. La A6500 offre un 4K a 25/30fps (a seconda se PAL o NTSC) con una qualità davvero impressionante grazie alla lettura completa dei pixel. Il formato più corposo a disposizione è l’MP4/H.264 in contenitore XAVC S, che arriva ad un massimo di 100Mbps. Nell’elencare alcuni aspetti che denotano la spiccata vocazione videografica del modello, inizierei dalla disponibilità di profili foto molto complessi e personalizzabili, con la gamma Cine, S-Log, REC709, ecc..

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Alla fine sono le stesse cose già viste nella A7s II, e questo è un bene, per cui ritroviamo i medesimi pregi/difetti con uguali elementi da tenere sotto controllo (ad esempio non è detto che l’S-Log più flat possibile sia sempre la migliore scelta). Ovviamente in termini di controllo manuale si lavora bene e se anche l’AF spot con il touch risulta non proprio comodo ed efficace, abbiamo un automatico continuo che lavora benissimo ed il manuale con varie assistenze, tra cui il focus peaking (o effetto contorno, per dirlo alla Sony). Ma non basta, perché abbiamo gli avvisi di sovraesposizione con zebra pattern configurabile ed anche gli indicatori per l’inquadratura, tra cui l’utilissimo (almeno per me) crop 2.35:1. Altre frecce nell’arco della A6500 in ambito video sono la possibilità di doppia registrazione simultanea (la seconda a più bassa qualità) e il fatto che non si spenga per surriscaldamento… La A6300 è stata bersagliata di critiche per questa problematica, che ha anche ridotto il tempo massimo di registrazione continua in 4K a soli 10 minuti. La A6500 non ha questo limite ma in realtà riscalda più o meno allo stesso modo, il trucco è quello di ignorare il problema ed andare avanti. Ho letto diversi pareri contrastanti sull’argomento, perché c’è chi ne sconsiglia l’uso per non danneggiare fotocamera e sensore e chi invece la adopera senza problemi già da tempo. Di certo c’è che la medesima opzione è stata poi aggiunta anche nella A6300 con un aggiornamento, che quindi oggi non ha più i precedenti limiti. In tutti i casi, questa problematica è sempre inerente al discorso che facevo sull’inutilità di ridurre così le dimensioni, perché la dissipazione in un corpo così piccolo diventa più complessa da gestire.

La stabilizzazione sul sensore è uno dei punti “caldi” a favore della A6500, tuttavia la resa non è stata proprio convincente. Fotograficamente ho notato un guadagno di un paio di stop in tutto e già a 35mm non sono riuscito ad ottenere immagini perfettamente nitide al di sotto di 1/15. Almeno non completamente a mano libera, perché se ci si appoggia da qualche parte è facile far meglio ma non per merito della stabilizzazione. Nel video se la cava invece un po’ meglio secondo la mia personale sensazione, infatti nel breve montaggio qui sopra ho voluto fare tutto a mano libera.

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Rolling Shutter evidente con A6500 (image courtesy of MirrorLessons)

Nella colonnina dei lati negativi ci aggiungerei due cose, parlando sempre di video. La prima è che lo schermo non consente il ribaltamento, ragione per cui non ha conquistato molti YouTubers. La seconda è che presenta un accentuato problema di rolling shutter, per cui con le panoramiche veloci o i soggetti in rapido movimento orizzontale si ottengono linee davvero molto inclinate. Personalmente non apprezzo molto neanche i colori nel caso in cui si voglia ottenere dei file già quasi pronti per un montaggio, mentre partendo dal Cine4 è facile raggiungere dei risultati molto convincenti.

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Conclusione

Inizio col dire come la penso da un punto di vista meramente soggettivo, poi proverò a proporre una valutazione più oggettiva possibile. A mio avviso il problema più grande della A6500 è il suo voler essere così dannatamente compatta. Sony ha voluto creare una linea di fotocamere in questo segmento e ci sta che la A6000 sia così, essendo ormai una entry level, ma salendo di grado avrebbe dovuto differenziare i modelli con qualità superiori. Incrementando specifiche e prezzi, sale anche il target di utenza e la A6500 avrebbe potuto tranquillamente presentarsi nel corpo della A7. Alla fine sempre compatta è, ma con un sensore più piccolo rispetto quello Full Frame si sarebbe potuto lavorare per migliorare la dissipazione del calore, l’ergonomia, la quantità e la disposizione di pulsanti e ghiere, offrire uno schermo con articolazione completa, uscita audio nativa, doppio slot di memoria ed una batteria più capiente. Con tutte queste modifiche la A6500 avrebbe segnato uno stacco netto rispetto la A6300 e si sarebbe potuta proporre ad un pubblico più vasto ed esigente. Così com’è se ne apprezzano le incredibili doti ed una scheda tecnica da far impallidire, ma la sensazione è che il corpo non trasmetta la medesima completezza. Sempre secondo il mio personale parere anche la A9 sarebbe dovuta essere più generosa, con un approccio più simile a quello di una Canon 1D-X o Nikon D5 ma in corpo più snello e leggero, mentre invece è solo leggermente più comoda delle varie A7 II.

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Messa da parte la mia visione di cosa Sony potrebbe fare per migliorare la propria lineup, non si può negare che la A6500 sia un prodotto molto completo e con grandissime potenzialità. Tutto è al top nelle specifiche e non c’è un aspetto che possa effettivamente deludere, in primis per la sua ottima qualità d’immagine, la velocità ed un AF davvero performante. Ancora oggi si spendono circa 1500€ per il solo corpo, per cui non è una qualità offerta a buon mercato, e in accoppiata con il 16-70 f/4 Zeiss della prova il listino sale di circa 1000€. Certamente la promessa di una elevatissima qualità in un corpo incredibilmente compatto viene mantenuta al 100% e posso garantire che si porta al collo in una escursione senza neanche accorgersene, eppure è proprio quest’aspetto positivo che diventa un limite in tante altre situazioni d’uso concrete. La A6500 è indicata molto nel video, come ho ripetuto più volte, ma anche in questo caso si presenta come un prodotto che soddisfa principalmente gli estremi: chi deve viaggiare leggerissimo senza rinunciare alla qualità e chi la prende come base compatta su cui montare gabbia e monitor, o magari da usare su una steady o un gimbal compatto. Nel mio lavoro io mi trovo nel mezzo, perché prediligo il run-and-gun e quindi un corpo più comodo e ben sfruttabile anche senza supporti è l’ideale. In definitiva non è un modello che rientra completamente nelle mie grazie in termini di ergonomia e praticità (menu inclusi), tuttavia non posso che elogiarne le qualità e la splendida resa in ogni ambito.

PRO
+ Corpo molto compatto e abbastanza robusto
+ Sensore dalla buona risoluzione e gamma dinamica
+ Tra le migliori rese ad alti ISO per le APS-C
+ Il più intelligente sistema di passaggio automatico tra display e mirino
+ Più controlli e personalizzazioni rispetto la A6300
+ Raffica velocissima e buffer molto capiente
+ Messa a fuoco eccezionale, fulminea e precisa
+ Forse la migliore resa in AF continuo foto/video del mercato
+ Buon aiuto alla MAF manuale con focus peaking
+ Info complete per registrazione video, tra cui zebra e area di ritaglio
+ Ottima qualità di registrazione video fino al 4K 25/30p
+ Profili Colore avanzi, flat e personalizzabili (S-Log incluso)
+ Doppia registrazione video simultanea (due qualità, stessa scheda)
+ Comodissima la ricarica via microUSB
+ Schermo touchscreen

CONTRO
- Il fatto di essere così piccola è più spesso un problema che un vantaggio
- Il menu è poco usabile e mal organizzato (e manca un menu personalizzabile)
- Lo schermo non è completamente ribaltambile
- Una sola rotella in cima può essere scomoda lavorando in M
- Pulsante REC malposizionato e impossibilità di usare al suo post quello di scatto
- Gestione dell’AF con touchscreen poco intuitiva
- Massima velocità dell’otturatore 1/4000
- Non supporta nativamente il controllo di flash wireless
- Un solo slot di memoria e in posizione scomoda su cavalletto
- La batteria registrando video non dura niente

DA CONSIDERARE
| Il touchscreen è sfruttato pochissimo
| Non esiste un battery grip ufficiale e quelli di terze parti non vanno molto bene

Maurizio Natali

Titolare e caporedattore di SaggiaMente, è "in rete" da quando ancora non c'era, con un BBS nell'era dei dinosauri informatici. Nel 2009 ha creato questo sito nel tempo libero, ma ora richiede più tempo di quanto ne abbia da offrire. Profondo sostenitore delle giornate di 36 ore, influencer di sé stesso e guru nella pausa pranzo, da anni si abbronza solo con la luce del monitor. Fotografo e videografo per lavoro e passione.

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