Sistemi operativi: appello alle tre grandi per tornare ad aggiornamenti “sostenibili”

Alcuni anni fa nutrivo molto più interesse per i sistemi operativi rispetto ad oggi. Fino al 2011-2012, avrei potuto definirli i nuovi piatti provenienti da chef affermati, principalmente Apple e Microsoft: magari non mi piacevano al primo assaggio, ma erano frutto di lunghe e complesse preparazioni e disponevano di ampi margini, soprattutto di tempo, per migliorare. Mi viene in mente il tanto vituperato Vista. Una gestazione che sembrava infinita, con un risultato finale al di sotto delle aspettative. Effettivamente, non posso certo difenderlo nella sua prima incarnazione iniziale, lento e piuttosto rognoso in termini d’incompatibilità. Dal Service Pack 1 in poi la musica è però cambiata, conferendogli maggiore maturità; ancor più positivo l’impatto del successivo Service Pack 2. Ciò non è bastato a togliergli la brutta fama, del resto la prima impressione fa tanto, ma a conti fatti Vista si è rivelato una solida base per il meglio riuscito 7 e tuttora molta della sua eredità si ritrova in 10.

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Andando a ritroso, anche XP ha avuto un percorso tutto sommato analogo. Derivato da Windows 2000, inizialmente era tutto fuorché stabile sotto l’interfaccia blu e soprattutto risultava un terreno fertile per i virus. Il periodo di Netsky, Sasser e Blaster resta ben impresso nella memoria di molti, compresa la mia quantomeno per il terzo. Il Service Pack 2, quasi una riscrittura del sistema, e il 3 migliorarono così tanto XP che, complice pure il flop commerciale di Vista, ne hanno prolungato la vita sino al 2014. Lato Apple, i miei trascorsi sono più recenti. Il passaggio a Mac è avvenuto con Lion, che doveva fare i conti col successo del predecessore Snow Leopard. In generale, però, l’impressione da esterno che mi ero ricavato nel corso degli anni era di un buon progresso graduale, che da Tiger in poi aveva reso Mac OS X un sistema maturo nonché completo. Snow Leopard in tal senso è stato e resta per molti l’apice in termini qualitativi. In quel periodo si percepiva la volontà di perfezionare il prodotto, anche se magari non riusciva proprio al primo colpo, tant’è vero che molti consigliavano come prassi di attendere almeno l’aggiornamento .2 o .3 se non si aveva fretta. In tutto Snow Leopard ricevette 8 update intermedi, rilasciati durante i due anni da protagonista di tale versione.

Molto veniva anche fatto dalle fasi Beta che precedevano le nuove release, con tutto il tempo di pregustarsele per gli utenti, di scovare bug per i tester e di risolverli per gli sviluppatori. Oserei dire che si era al limite del romantico nella concezione complessiva, pur essendo questo un termine non molto appropriato per programmi informatici. Per riprendere il filone culinario, i piatti erano preparati con amore, per quanto magari avessero iniziali errori di dosaggi o cottura. Tutto è cambiato attorno al 2011-2012, appunto. Rispettivamente da Lion e 8 in poi, la sensazione è quella di aver perso quegli chef affermati, o se ci sono ancora che abbiano deciso di dedicarsi più ai reality show che alla cucina. Iniziamo da casa Microsoft. Windows 10 è in generale tutt’altro che un cattivo sistema operativo, ma non sta davvero giovando di un ciclo di rilasci semestrale/annuale. Non c’è il tempo di effettuare le rifiniture necessarie, soprattutto sul fronte estetico dove permane un continuo mix tra vecchio e nuovo. Ancor peggio, varie funzionalità vengono rilasciate in una forma incompleta o promesse e rinviate a successive versioni. L’esempio più eclatante è il supporto ai placeholder in OneDrive, attesi poco dopo il rilascio iniziale nel 2015 ma arrivati solamente col Fall Creators Update qualche mese fa col nome di file on-demand. Più di recente, invece, si annovera tra i rinvii la Timeline visibile nello screenshot sottostante. Arriverà a quasi un anno di distanza dalla presentazione ufficiale, con l’aggiornamento Redstone 4 nella primavera 2018.

Guardiamo ora a macOS. Conta un ciclo di rilasci annuale e, proprio come nel caso di Windows 10, c’è spesso la sensazione di prodotti affrettati senza le tempistiche ideali di preparazione. Questo, a mio parere, si avverte specialmente da Yosemite in poi. High Sierra, in tal senso, sembra un nuovo apice e stavolta non positivo. Bug gravi, come quello dell’account “root”, si alternano ad altri più piccoli, come la poco simpatica rimozione degli elementi di login avvenutami già due volte. A destare ancor più preoccupazione è che le correzioni rilasciate stanno andando a sfasciare altre parti: il fix di sicurezza di pochi giorni fa per il rootgate ha fatto emergere un’altra problematica, con macOS che sembra essersi fatto la sua tredicesima. Un mese aggiuntivo, non esistente nel calendario e che il sistema richiama invano continuamente, impattando l’autonomia nel caso dei MacBook. Se non altro, meno male che la transizione ad APFS è filata liscia. Lato iOS vanno meglio le cose? Purtroppo no: le medesime percezioni si avvertono pure lì. Un fresco esempio l’abbiamo visto nel weekend, con un bug relativo alle notifiche del 2 dicembre che ha affrettato il rilascio di iOS 11.2, creando a sua volta problemi col Face ID su alcuni iPhone X. Per fortuna stavolta l’inconveniente si è rivelato facilmente risolvibile, attraverso un riavvio del telefono.

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Direte a questo punto: non hai parlato di Android, vuoi forse sostenere che è esente da tali vicissitudini? Affatto. Oreo sul Pixel ha messo alla prova la mia pazienza più volte, con crash di sistema improvvisi e un calo vistoso della batteria. Fortunatamente la 8.1 in Developer Preview sembra andare meglio da questo punto di vista. Tuttavia il rischio resta sempre dietro l’angolo, perché se non è Android possono essere gli aggiornamenti dei Play Services a fare scherzi o quelli di altri componenti software a cura Google. Insomma, la percezione generale è che siamo passati da piatti elaborati agli hamburger da fast-food. Appetitosi alla vista, ma con standard più bassi di qualità e soprattutto l’assenza di un’anima percepibile, talmente vengono fatti in fretta e furia. Anche le fasi Beta ormai sembrano concepite più per mostrare qualcosa nella breve attesa invece che cercare seriamente il feedback. Cose che possono essere comprese per le distribuzioni Linux, in larga parte sviluppate da volontari che si fanno in 4 nel loro tempo libero, ma non per sistemi commerciali.

Se ancora non si è capito, questo è un appello. Un appello rivolto agli chef: Craig Federighi per Apple, Terry Myerson per Microsoft, Hiroshi Lockheimer per Google. Rimettete cappello e grembiule, mettete da parte lo show-cooking e coi vostri team tornate a sfornare delle vere pietanze, sotto forma di sistemi operativi ottimizzati. Non si deve avere paura di mettere il mercato davanti all’evidenza che occorre più tempo per la qualità. Credo che la maggior parte degli utenti capiranno e ancor più apprezzeranno, considerati i potenziali benefici. Come dice una celebre pubblicità di alcolici, l’attesa del piacere è essa stessa il piacere.

Giovanni "il Razziatore"

Deputy - Ho a che fare con i computer da quando avevo 7 anni. Uso quotidianamente OS X dal 2011, ma non ho abbandonato Windows. Su mobile Android come principale e iOS su iPad. Scrivo su quasi tutto ciò che riguarda la tecnologia.

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