Recensione: iMac 27″ 5K (2017), il prezzo della bellezza

Leggi questo articolo grazie alle donazioni di Simone Salucci, Riccardo Innocenti, Lorenzo Salomone, Roberto Barison, Andrea Magnoli, Luigi Polloniato, Michele Castelli.
♥ Partecipa anche tu alle donazioni: sostieni SaggiaMente, sostieni le tue passioni!

L’iPhone è certamente l’emblema del successo per Apple, nonché il suo prodotto più noto e venduto. Se dovessi identificare quello più iconico, invece, la mia preferenza andrebbe senza dubbio all’iMac. Il primo G3 Bondi Blu che ho avuto nel ‘99 ha finito per essere il terzo incomodo nella mia azienda di allora, dove regnavano le workstation multi-processore con Windows NT/2000. Dal 24” bianco del 2006 con Intel Core 2 Duo ho deciso di eleggere l’iMac a principale strumento di lavoro e l’esperimento è stato positivo. In quel periodo avevo smesso di programmare, al di fuori di PHP e scripting JS per siti, e non mi occupavo ancora di video. Avevo anche iniziato ad allontanarmi dal settore del DTP in favore della grafica sul web, per cui il monitor non certamente professionale mi era comunque sufficiente. La fotografia era solo una passione e non avendo interesse nel gioco, nel 3D, nel video o VFX, mi sono trovato bene. È stato così anche con il successivo in alluminio del 2007, sempre 24”, e poco più avanti col 27” del 2009. Questo è stato l’ultimo iMac che ho usato in studio, poiché dal 2010 sono passato ai Mac Pro per avere maggiore potenza di calcolo, uno schermo di mia scelta ed un barlume di espandibilità.

imac-5k-2017-hero

Altri all-in-one di Apple sono entrati nel frattempo in casa, in particolare un iMac 21,5” del 2011 – fedele compagno per ben 5 anni – che ora è stato sostituito da un 27” del 2012, comprato da poco come usato e poi potenziato con RAM ed SSD. Sul lavoro, invece, sono rimasto sulla linea Mac Pro, passando al modello del 2013 (altrimenti noto come cestino ed altri nomignoli poco carini) che oggi è praticamente a fine vita. L’ho venduto dopo aver avuto problemi e prima che subisse una drastica riduzione di valore, rimanendo in attesa della futura “rivoluzione modulare” che Tim Cook e soci ci hanno promesso. Nel frattempo dovevo continuare a lavorare ed ho pensato fosse il momento buono per sperimentare un po’. Da qui il mio ritrovato interesse per i PC Windows nonché l’acquisto dell’iMac 5K 2017 che è diventato il mio daily driver dalla seconda metà dello scorso anno. Ed è proprio di quest’ultimo che vi vorrei parlare.

Ho scelto la configurazione top di gamma per avere la scheda grafica più potente, AMD Radeon Pro 580 da 8GB, a cui ho dovuto aggiungere 240€ per passare dall’i5-7600K all’i7-7700K ed altri 240€ per poter avere un SSD puro da 512GB ed evitare i rischi e le latenze legate al Fusion Drive di serie. Alla lista della spesa bisogna aggiungere ulteriori 350€ per 32GB di RAM Crucial, che mi hanno consentito di portare il totale a 40GB spendendo meno della metà di quanto Apple chiede per averne 32 della medesima tipologia. Il totale è salito a 3530€, mica bruscolini, ed era lecito attendersi prestazioni, affidabilità, longevità. Vediamo com’è andata.

Spendo giusto due parole sul design, sottolineando come questo sia sostanzialmente immutato per principi stilistici e materiali dal lontano 2007, con piccole modifiche ogni due / tre anni fino al 2012. Certo, ora abbiamo uno schermo IPS da 27” con copertura e pannello fusi in blocco, un profilo sottilissimo ed un trattamento antiriflesso migliore, ma non è cambiato quasi per niente. Siamo lontani da quanto avvenuto nei primi anni dalla nascita dell’iMac, in cui il passaggio tra i modelli G3, G4 e G5 ha sancito stravolgimenti stilistici e tecnologici strabilianti.

A fronte di un progetto di base forse ormai stanco, il fascino dell’iMac non ha perso neanche mezzo punto. È ancora il computer dei sogni per tantissime persone e rappresenta pure un ottimo biglietto da visita negli ambienti ricettivi aperti al pubblico. Essendo un all-in-one consente di mantenere al minimo gli ingombri e la complessità, necessitando di un unico cavo di alimentazione per partire. Che lo si guardi davanti, di lato o di dietro, non c’è un singolo spigolo, linea o finitura che possa sfigurare. Questo ci ricorda la cifra stilistica di Apple, un’azienda il cui DNA è stato definito da una persona educata a dare la medesima importanza a ciò che si vede e a ciò che non si vede.

Il modello del 2017 è arrivato dopo quasi due interi anni di attesa rispetto al precedente e non poteva presentarsi a mani vuote. Tuttavia i cambiamenti sono stati quasi esclusivamente limitati alla componentistica e la presentazione insieme allo sneak peak dell’iMac Pro non è stata un toccasana per il morale degli acquirenti. L’architettura di chipset e CPU è salita di una generazione, passando da Skylake a Kaby Lake, ma si è mantenuto il medesimo numero di core e threads (per un salto in tal senso bisognerà attendere gli iMac 2018, presumibilmente prima dell’estate). La RAM è passata dallo standard DDR3L al DDR4, con un boost di frequenza da 1866 a 2400MHz (ricordo che sono le piccole SO-DIMM). Le GPU sono ora delle Radeon Pro di quinta serie, con le edizioni 570 e 575 da 4GB e la 580 in opzione da 8GB (che in pratica è una RX580). Tutte queste cose hanno portato ad un aumento complessivo delle prestazioni. Ma c’è anche un’altra novità importante, ovvero le 2 porte Thunderbolt 3 compatibili con USB-C 3.1 Gen 2.

Proprio da queste vorrei iniziare, essendo croce e delizia degli iMac 2017. I vantaggi di connettività sono numerosi, precisamente doppi rispetto quelli offerti dalla precedente Thunderbolt 2. È grazie a loro che si può gestire un monitor 5K esterno oltre a quello integrato, oppure due 4K a 60Hz (numericamente si potrebbe andare oltre, ma è la GPU a non farcela). Comunque sia, Thunderbolt 3 significa vantaggi ed uno di questi è il supporto nativo alla PCIe 3.0. Nel caso dell’iMac l’idea di sfruttarlo per una eGPU mi pare piuttosto blasfema, ma io ho fatto qualche test a solo scopo sperimentale. In effetti la quantità di monitor gestibili può ulteriormente aumentare e, volendo, si può fare un update prestazionale con le Vega 56/64 o forzare l’uso non nativo (e non perfettamente stabile) di GPU NVIDIA per chi ne avesse necessità, ma il prezzo in gioco è assolutamente esagerato se aggiunto a quello dell’iMac, per cui non mi pare avere una potenziale applicazione pratica al di fuori dei test. Per giunta le GPU esterne saranno sempre tagliate dal fatto che Thunderbolt 3 consente di sfruttare solo 4 delle 16 linee PCIe disponibili, per cui non converrà salire troppo rispetto ad una RX580 o una GTX1070, ad esempio. Rimane però una possibilità interessante per la flessibilità d’uso del PCIe, ad esempio in ambito storage con soluzioni flash professionali di elevata velocità o con schede di qualsiasi altro tipo in ambito audio/video. Non che non si potesse già fare con Thunderbolt 2, ma il raddoppio di banda offre nuove possibilità.

Un vantaggio certo della nuova porta è che oltre ai dispositivi T3 ed USB-C vi si possono connettere anche i vecchi USB-A senza la necessità di dock o costosi trasformatori, poiché basterà un comune adattatore di forma o al massimo la sostituzione del cavo con uno che termina direttamente in USB-C (esistono a partire da tutti gli standard legacy). Questo è un bel vantaggio nella vita reale che rende la nuova porta incredibilmente più comoda ed è anche l’unico aspetto positivo dell’unione tra T3 ed USB-C, dal mio punto di vista. Per il resto, infatti, devo constatare un passo indietro nell’affidabilità di questa connessione rispetto la T2. Ad esempio: prima connettere un monitor esterno era una passeggiata, bastava un cavo mini DisplayPort a quello che si voleva e funzionava nel 100% dei casi. Oggi, invece, l’adattatore T3->T2 di Apple non porta il segnale video (sintomo che è cambiato qualcosa nello standard) e quelli di terze parti verso HDMI 1.4/2 o mDP/DP sono una lotteria. Ad esempio: ho un adattatore USB-C/DP che funzionava sul MacBook Pro 15” 2016 e funziona sul MacBook Pro 13” 2017 ma non viene riconosciuto dall’iMac 5K. Ancora più strano il comportamento di questo computer con i connettori USB-C/HDMI, i quali vengono riconosciuti quasi tutti al primo colpo ma se poi lo schermo principale va in standby non risveglia più quelli esterni. Anzi, alcuni di questi smettono completamente di funzionare dopo il verificarsi di questa situazione e non vanno più anche dopo un riavvio. Misteri…

Altro problema l’ho riscontrato con alcuni Dock Thunderbolt 3 con porta DisplayPort, in quanto il monitor connesso va benissimo se è un FHD o QHD ed anche con gli UHD/4K fino a 30Hz, mentre con quelli a 60Hz si presentano saltuari momenti di blackout. A quanto pare ci sono degli schermi con cui non succede – mi dicono i produttori dei Dock – ma sono incappato in questi problemi con tutti quelli che ho testato (due BenQ ed un Dell). Gli stessi monitor collegati ad un Dock T2 passando dall’adattatore Apple T3->T2 funzionano regolarmente e senza problemi anche in occasione dello standby dello schermo integrato. Ecco perché sto usando ancora il Sonnet Echo 15+ (recensione) e dico che la porta precedente fosse molto più stabile e sicura. Sui MacBook Pro ci sono meno problemi, quindi mi viene da pensare che le limitazioni aggiuntive riscontrate nell’iMac 5K rispetto a questi dipendano almeno in parte dal T-CON, ovvero il timing controller progettato da Apple che consente di pilotare lo schermo 5K tramite l’abbinamento interno di due DisplayPort 1.2 (tecnologia già presente dal primo modello del 2014).

Che questo schermo sia ottimo non c’è dubbio ed è anche uno dei principali motivi che giustificano il prezzo dell’iMac 5K. Il pannello è un IPS con copertura dell’ampio spettro P3 (10-bit in dithering) e risoluzione di 5120 x 2880 pixel. È lucido ma non presenta i riflessi esagerati dei precedenti iMac. Rimane comunque uno schermo non indicato per lavori di DTP e peggio ancora nella prestampa, anche dopo calibrazione con sonda esterna. Ma per il design, la progettazione di interfacce o grafica per il web non vedo controindicazioni. Pure nel settore video che gli compete mi sembra adeguato, considerato che gli impieghi iper-professionali sono esclusi per la stessa natura hardware dell’iMac e per tutto il resto offre un’anteprima coerente rispetto ai dispositivi che vengono utilizzati per la fruizione dei contenuti prodotti, ossia TV, tablet e smartphone. Quello che non mi piace di questo schermo è l’abbinamento risoluzione/diagonale.

Sui 27” i 5K consentono di lavorare in modalità HiDPI 2x “intera”, avendo cioè lo spazio di lavoro effettivo del QHD (quello tipico dei vecchi iMac 27” non Retina) ma con l’utilizzo di tutti i pixel per renderizzare con qualità superiore gli elementi grafici e i testi, che risultano così molto più definiti. L’esperienza di visione è eccellente e il miglioramento rispetto agli iMac precedenti è notevole (ve lo dico avendone uno del 2012 in casa dove i testi mi sembrano scalettati). Un altro vantaggio è quello di poter utilizzare anche risoluzioni superiori in modalità HiDPI “non intera”, ottenendo uno spazio di lavoro equivalente a 2880 x 1620 px o 3200 x 1800 px, il tutto con una qualità del rendering davvero perfetta. Il merito è tutto di Apple qui, perché su Windows lavorando con scale intermedie la qualità è scarsa, mentre su macOS viene calcolato un rendering “teorico” a 2x anche dalle risoluzioni che eccedono quella fisica del pannello (infatti facendo uno screenshot con il 3200 x 1800 px attivo si ottiene un’immagine di 6400 x 3600 px) che poi viene “ridotto” per la visualizzazione. Ciò che molti sostengono essere un vantaggio dei 5K è la possibilità di vedere un video 4K al 100% durante il montaggio video. La cosa fa effetto ed è sicuramente stata utile per il marketing di massa, ma non è minimamente realistica. Nessuno lavora davvero così. In primo luogo anche un iMac con il massimo hardware fatica con filmati 4K dal bitrate “decente” e, anche se non ve lo dice, effettua una riduzione in tempo reale dell’anteprima su FCPX (su Premiere servono i proxy). Per cui vederla integralmente sarebbe comunque inutile e deleterio. Ma soprattutto: con un fotogramma 4K a piena risoluzione lo spazio che rimane a schermo per la timeline, la libreria e i controlli si riduce in modo impraticabile. Insomma, questo ipotetico vantaggio semplicemente non esiste.

4k-5kimac

Quando dico che ciò che non mi piace dello schermo è l’abbinamento risoluzione/diagonale intendo dire che un 27” 5K è più o meno “inutile”. È un’affermazione pesante, lo capisco, ma aspettate ad affilare le asce di guerra perché vorrei spiegarmi meglio. Ovviamente nessuno si sogna di dire che di più è peggio e non lo sto facendo io, il problema però è: quanto ci costa? Già, perché ricordate che a pagarlo non è Apple, ma noi consumatori. Un ottimo schermo 27” 4K costa molto di meno e chiunque lo abbia provato e usa anche un iMac 5K avrà notato che con una risoluzione HiDPI coerente ci si deve avvicinare più o meno a 5 cm per notare il miglioramento. Il bello è che risulta proprio merito di Apple, come ho avuto modo di spiegare parlando del suo ottimo metodo di rendering. Parlando di costo, però, non mi riferisco solo a quello economico visto che la scelta di questo schermo porta altri svantaggi. Uno di quelli incidentali l’ho menzionato prima ed è la complessità in più dovuta alla necessità di adoperare due connessioni DisplayPort 1.2 parallele ed un controller per sincronizzarle. Tutto ciò ha un impatto negativo sui costi (sempre per noi acquirenti, mica per loro) nonché sulle prestazioni della GPU, sulla compatibilità con gli standard e la funzionalità. Ad esempio è proprio per questi 5K che l’iMac 27” ha perso la funzionalità Target Display, ovvero la possibilità di utilizzare lo schermo anche con altre sorgenti. Non servirà a tutti oggi, ma non sapete quanti vecchi iMac vengono adoperati saltuariamente o stabilmente per il loro schermo. Era una bella cosa secondo me.

dell-up3216q-view

Postazione 2016 con Mac Pro e singolo monitor 32″ 4K

Tutto considerato, però, sarei stato ben lieto di mettere questi pesi su un piatto della bilancia se sull’altro ci fosse stata una diagonale maggiore. Io ho usato fino a pochi mesi fa un Dell UP3216Q (recensione) che va già incredibilmente bene nella risoluzione “simulata” 3008 x 1692 px pur essendo un 4K, posso solo immaginare la qualità ottenibile con 5K. Sono passati quasi nove anni dal primo iMac da 27”, mentre il passaggio precedente dal 24” è stato molto più rapido. Sono consapevole del fatto che questa diagonale sia perfetta per il mercato consumer di alta fascia, ma temo che Apple si sia ancora una volta inscatolata nei suoi dogmi. Capisco su smartphone e tablet, vista la ridotta distanza di visione, ma su desktop non c’era davvero la necessità di usare un moltiplicatore intero 2x dati gli ottimi risultati delle modalità HiDPI, per cui avrebbero potuto garantire una visione eccellente con 27” 4K realizzando un computer più equilibrato nei costi e funzionale, aggiungendo magari un 32” 5K su un gradino più alto per chi volesse il massimo in ogni senso. So che sto sprecando parole e spero non me ne vogliate, ma vi garantisco che queste riflessioni personali sul prodotto (riconducibili già al primo iMac Retina) non incideranno nella valutazione complessiva. Però avendo provato decine di schermi sia su Windows che su macOS – con qualità, diagonali e risoluzioni differenti – non posso non sottolineare che i 5K sui 27” siano bellissimi ma prossimi ad un inutile eccesso se si considerano anche le controindicazioni. Inoltre quella diagonale impone l’utilizzo di uno secondo schermo per molte interfacce di software professionali, mentre sul 32” si riesce ad avere più facilmente tutto insieme con maggiore produttività, minori distrazioni visive ed un’organizzazione più razionale del posto di lavoro. Se fate una ricerca troverete numerosi studi a riguardo.

Postazione 2017 con iMac 5K + secondo monitor 27″ (più confusione)

Ma vabbè, diciamo che Apple non si cura tanto della flessibilità d’uso dei suoi dispositivi, il cui scopo è raggiunto nel momento stesso in cui si soddisfa quello previsto alla fonte. E ci aggiungo pure che portare uno schermo 5K in un mercato dominato dai 4K le ha concesso una carta in più da spendere nel gioco dei confronti e delle specifiche. Non mi aspetto dunque che si possa fare un passo indietro: ormai è andata così. Ci vedo comunque una possibilità mancata e soprattutto temo che lo stesso dogma del 2x possa effettivamente ritardare o danneggiare la realizzazione di un 32”, dato che probabilmente non lo farebbero se non aumentando ancor di più la risoluzione con risvolti pessimi sulle prestazioni (vi ricordo che i primi iMac Retina erano un lag continuo anche con l’interfaccia di macOS) e sui costi (un 32” 8K da solo viaggia sui 5000€, tanto per fare un esempio). Ci sono delle volte in cui less is more ed Apple è famosa per aver abbracciato questa filosofia nell’elettronica di consumo, ma evidentemente non questa volta. Non per l’iMac.

Casse stereo integrate di buona qualità visto lo spessore, sensore di luminosità, videocamera frontale e microfono, queste cose contribuiscono a rendere semplice ed efficiente un all-in-one. La spessa cornice nera intorno allo schermo ha la funzione di celare tali elementi ma è anche necessaria strutturalmente per avere un profilo così piatto sui lati. Oltre alle motivazioni tecniche, però, la cornice consente di focalizzare meglio lo sguardo, di ridurre l’affaticamento e impreziosire la visione… un po’ come un passepartout su foto e quadri. Possono sembrare concetti soggettivi ma non lo sono: anche se piacciono e vanno di moda gli schermi borderless, quell’area di rispetto intorno allo schermo incide oggettivamente in positivo sulla comodità di visione. Affiancare uno schermo secondario, però, non porterà mai ad un effetto piacevole di continuità, ragione in più per preferire un unico 32” a due 27”.

La magia (o mania) della Thunderbolt 3 non ha per fortuna depredato l’iMac delle porte più comuni. Oltre a due di queste, compatibili con USB-C 3.1 gen 2 (10Gbps), troviamo l’uscita audio 3,5mm, un lettore di SD (solo UHS-I e non II come su iMac Pro), quattro USB 3 in formato standard e la Gigabit Ethernet. Diciamo che c’è tutto il necessario, anche se la collocazione posteriore rimane un po’ macchinosa se non si ha molto spazio sulla destra per allungare la mano e muoversi alla cieca. Se si dovranno collegare e scollegare spesso dei dispositivi esterni converrà sicuramente dotarsi di un hub, anche se ciò significherà sporcare l’essenzialità di questo bellissimo computer. Bello fuori ma anche dentro, dove ogni elemento è progettato su misura tenendo in considerazione l’efficienza e persino l’estetica. L’unico neo qui è lo spazio limitato per l’areazione, problema arcinoto degli iMac fin dall’alba dei tempi e che Apple sembra aver risolto solo nell’iMac Pro anche grazie allo spazio recuperato con la rimozione dello slot da 3,5” per il vetusto “disco rigido”. Speriamo che questa struttura venga estesa anche ai futuri iMac poiché attualmente tendono a salire troppo con le temperature e a generare anche un bel po’ di rumore facendo girare al massimo l’unica ventolina.

imac5k-vs-imacpro

Uno dei vantaggi interessanti di questo modello è che la CPU non è saldata, per cui è teoricamente possibile prendere un base gamma e in futuro mettere da soli (o grazie all’ausilio di un tecnico) un i7-7700K, che è il massimo ottenibile su questa piattaforma chipset/socket. Non saranno in molti a seguire questa strada per le complicazioni e l’impatto sulla garanzia (almeno finché questa coprirà il prodotto), ma è comunque una possibilità da tenere in considerazione sul lungo periodo. È invece semplicissimo aggiungere o modificare la quantità di RAM grazie allo sportellino posteriore, tant’è che ho preferito acquistarlo con gli 8GB di base e poi aggiungerne 32GB con specifiche identiche spendendo molto meno.

Aggiungo qui, con pochissime parole, alcune altre caratteristiche che diamo ormai per scontate, ovvero Wi-Fi e Bluetooth. Il funzionamento del primo è coerente con gli standard Apple, per cui la portata delle antenne non è estesa come su altri prodotti ma finché si trova la rete la connessione appare stabile. Il Bluetooth, invece, è piuttosto ballerino nel momento in cui si utilizzano diversi dispositivi connessi, in particolare dischi meccanici via USB prossimi al computer. Meglio tenerli distanti altrimenti si può incorrere in lag ed interruzioni, infatti io preferisco adoperare il più efficiente dongle Unifyng di Logitech con la tastiera K780 e il mouse MX Master 2S. Mi trovo benissimo con questa accoppiata, anche perché ho uno schermo di lato che funziona sia da estensione per l’iMac che per il PC Windows che ho sotto la scrivania, e mi basta spostare il mouse da una parte all’altra dello schermo per saltare da un computer all’altro grazie alla funzione Flow (maggiori dettagli in una recensione dedicata). Gli strumenti di input predefiniti sono comunque molto validi e ideali per chi voglia continuità con i portatili, ma io fatico ormai ad adoperare quella sottiletta di Magic Mouse che un tempo amavo e la tastiera così poco consistente. Questione di abitudine però, niente da obiettivare sulla qualità.

Ma andiamo al dunque: le prestazioni. Trovo interessante mettere a confronto la resa di questo iMac in particolare con il #ProgettoWinM2, basato sulla medesima architettura e processore, ma inserisco anche gli altri per riferimento.

I computer proposti a confronto sono per lo più riportanti hardware precedente o contemporaneo a quello dell’iMac attuale. Vi anticipo che sono quasi terminati i lavori del #ProgettoWinM3 su base Coffee Lake e del nuovo #ProgettoAMDII con Ryzen 7, i quali ovviamente offriranno maggiore velocità a prezzo inferiore.

Inizio come al solito da un benchmark sintetico, ovviamente Geekbench 4. Qui l’i7-7700K ha ottenuto uno score di 5673 in single-core e 19349 in multi-core, direi coerente con quello del suo gemello che ho installato nel #ProgettoWinM2 che aveva raggiungo i 5851 / 19886. Le piccole differenze rientrano per lo più nel range di un piccolo OC e nelle tolleranze possibili anche per il cambio di sistema operativo.

Messo un po’ più sotto stress con Cinebench R15, ecco che la differenza diventa più marcata, anche per via del fatto che l’iMac vorrebbe essere silenzioso e ritarda molto l’uso della ventola ma finisce per soffrire le alte temperature. I punti qui sono di 175 single-core / 797 multi-core, contro i 196 / 998 della stessa CPU nel #ProgettoWinM2.

La Radeon Pro 580 da 8GB è più o meno una RX580 sulla carta, ma tra l’impiego di frequenze stock e il sempre presente limite termico, rimane un po’ al di sotto di una scheda analoga per desktop. Abbiamo comunque un discreto punteggio di 123630 con OpenCL e 117684 con Metal. Numeri che nella sostanza sono piuttosto vicini a quelli di una NVIDIA GTX 1060.

Stesso discorso si evince da Cinebench R15 con un risultato di 112,69fps su OpenGL, che ho raggiunto e persino superato con una GTX 1050 ti (115fps). Onestamente devo dire che questa Radeon supporta adeguatamente lo schermo ed un uso standard del computer, nonché consente di lavorare bene con i software perfettamente ottimizzati per macOS (cito Final Cut Pro X ma anche il pacchetto Affinity), per il resto mi sembra sacrificata per un computer di questo calibro. Il suo apporto nei programmi che usano la capacità computazione della GPU è ridotto e non consente di spingersi in scioltezza su un uso particolarmente intensivo.

Con Premiere, ad esempio, devo lavorare costantemente con i proxy anche sui file della Canon C100 II da 35Mbps per non avere nessun problema di drop frame su una timeline neanche tanto complessa. Mentre con quelli in 4K a 150Mbps della GH5 si fatica sempre e comunque dopo l’applicazione di una LUT ed un paio di correzioni. Insomma, non proprio rose e fiori.

Con Lightroom e Photoshop siamo invece piuttosto vicini alla resa dell’accoppiata i7-7700K + GTX 1080 del #ProgettoWinM2, almeno in base alle prove che tipicamente effettuo sull’applicazione di effetti, sviluppo ed esportazione.

Quello che mi ha sorpreso negativamente è stato DaVinci Resolve, perché mi era parso di capire che fosse ben ottimizzato su Mac e spremesse a dovere le GPU AMD. Il test Standard Candle è stato invece deludente e inferiore non solo alla GTX 1080 con stessa CPU ma anche alla GTX 1070 con una inferiore (i5-7600K) nel #ProgettoWinITX.

Aggiungo che a solo scopo di test ho provato una GTX 1070 ti installata esternamente con box Thunderbolt 3 / PCIe e che questa ha dato risultati nettamente migliori alla 580 integrata, con tutto che ne risulta limitata dalla sola presenza di 4 linee sulle 16 della PCIe 3.0 completa. Ne parlerò meglio a breve con la recensione dell’AKiTiO Node Pro.

Conclusione

Ho provato altri iMac 5K in passato, ma non avevo mai trovato un buon motivo per comprarne uno. È successo nel 2017, nel primo periodo dopo 8 anni in cui sono rimasto sprovvisto di Mac Pro. Nell’attesa del nuovo e ben supportato per il video dai miei PC Windows, ho deciso di testarne uno più a fondo adoperandolo come computer di produttività per alcuni mesi. Il mio giudizio complessivo è sicuramente buono ma ritengo utile ribadire alcune ovvietà. Questo computer offre qualità, comodità e semplicità, emanando un senso di appagamento in ogni linea, curva e spigolo. Non contiene elementi di particolare innovazione al di fuori dello schermo, che è poi il centro nevralgico di tutto: del design, del prezzo e dell’ergonomia. Su quest’ultimo aspetto però ho un appunto: la base era e rimane bellissima, ma arrivando da display professionali si avverte pesantemente l’impossibilità di poter alzare o abbassare lo schermo. Per quanto mi riguarda è un prodotto perfetto in ambito consumer ma anche per quelli che gli americani definiscono enthusiast, specie se utilizzato nella sua forma più pura con un unico cavo collegato alla rete elettrica e, al massimo, un’unità di archiviazione esterna. Posizionato su una scrivania pulita e minimale, offre un’immagine di rappresentanza eccezionale e riesce a rendere persino piacevole lavorare nonché incredibilmente comodo lo svago quotidiano. Le prestazioni non è che manchino, dopotutto, ma più si sale con le specifiche e con il prezzo meno il gioco vale la candela. Con il più carrozzato si spende tanto e le prestazioni non crescono adeguatamente, per questo ritengo che il modello base con l’aggiunta di un SSD nativo e l’upgrade di RAM fai-da-te a 16GB sia forse la scelta più ragionevole. Soprattutto perché, arrivati a circa 3500€, lo stesso iMac Pro inizia a pesare come un’ombra scura… anzi, grigio siderale. Per alcune cose l’iMac top di gamma potrebbe anche risultare migliore rispetto quest’ultimo, più che altro grazie alle istruzioni Intel QuickSync della GPU integrata (che c’è, sebbene non si veda) e per la tendenza a sfruttare l’hardware fino all’ultimo grado, ma la differenza di qualità rispetto l’iMac Pro base mi sembra niente affatto trascurabile. Ecco perché sto aspettando di ricevere il mio esemplare per effettuare delle prove comparative, che saranno poi oggetto di una futura recensione.

Se ti è piaciuta questa recensione potresti decidere di unirti anche tu alla comunità di SaggiUtenti supportando il nostro lavoro. La cosa migliore sono le donazioni singole o ricorrenti, ma puoi anche effettuare il tuo acquisto partendo dai nostri link. Grazie.

PRO
+ Design e costruzione al top
+ Ottimo schermo 5K (solo lui vale 1/3 del computer)
+ Buona dotazione di porte e connessioni
+ Tanta flessibilità aggiunta con le due Thunderbolt 3 / USB-C 3.1 Gen 2
+ Silenziosissimo in idle
+ Prezzo della soluzione base interessante considerando il display
+ SSD PCIe molto performanti
+ Attacchi un cavo e hai finito…

CONTRO
- Qualche incertezza negli standard con l’uso di schermi aggiuntivi non USB-C nativi
- Abbastanza rumoroso nelle sessioni intensive (la singola ventola fatica)
- La GPU è sufficiente ma non offre un buon supporto con applicazioni professionali
- Il Fusion Drive di serie è sottodimensionato per prestazioni e affidabilità rispetto il computer

DA CONSIDERARE
| RAM e GPU sono sostituibili (per la seconda si perde la garanzia)
| I 5K sui 27″ sono tanta roba… forse “troppa” se si considerano gli svantaggi e i pochi vantaggi
| Prezzo degli upgrade nativi esagerato

Maurizio Natali

Titolare e caporedattore di SaggiaMente, è "in rete" da quando ancora non c'era, con un BBS nell'era dei dinosauri informatici. Nel 2009 ha creato questo sito nel tempo libero, ma ora richiede più tempo di quanto ne abbia da offrire. Profondo sostenitore delle giornate di 36 ore, influencer di sé stesso e guru nella pausa pranzo, da anni si abbronza solo con la luce del monitor. Fotografo e videografo per lavoro e passione.

Commenti controllati Oltre a richiedere rispetto ed educazione, vi ricordiamo che tutti i commenti con un link entrano in coda di moderazione e possono passare diverse ore prima che un admin li attivi. Anche i punti senza uno spazio dopo possono essere considerati link causando lo stesso problema.