Recensione: Inateck case RAID portatile USB-C 3.1 Gen 2

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Quando ci si abitua alle velocità dei dischi allo stato solido è davvero difficile tornare indietro. Per fortuna ormai costano relativamente poco rispetto agli anni passati, ma non ancora abbastanza da potersi permettere capienze molto elevate. In realtà ci sono unità di recente generazione che fanno gola, perché arrivano fino ad 1TB mantenendo le dimensioni molto compatte ed un prezzo… beh, diciamo sopportabile. Mi riferisco ad esempio al WD My Passport SSD o al Samsung T5, che si mettono in borsa spendendo meno di 400€. Il confronto con gli HDD è impensabile – quelli da 1TB ormai te li tirano dietro – ma lo è altrettanto quello delle prestazioni. Sono prodotti completamente diversi, tanto per sintetizzare l’ovvio, che difficilmente entrano in competizione. Per archiviare documenti statici, magari anche backup di foto o vecchi lavori, usare un SSD è uno spreco oltre che piuttosto inutile. Usare un HDD per gestire a casa, in studio o in mobilità, la libreria fotografica o i progetti video in lavorazione è possibile, ma soltanto se non ci si può proprio permettere un disco allo stato solito. Ovviamente questi esempi sono legati a doppio filo con la mia attività ma potete benissimo traslarli in qualsiasi altro campo.

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Quel che non mi piace delle unità sopra citate è l’assenza di ridondanza. Sono dischi unici, secchi, senza nessun backup. L’estate scorsa ho usato per diverso tempo il WD My Passport SSD da 512GB (recensione) e mi ci sono trovato molto bene, tuttavia avevo continuamente l’ansia di perdere i progetti in lavorazione e ogni sera aggiornavo un disco meccanico per avere una copia di sicurezza. Insomma, ho potuto sicuramente giovare delle sue ottime prestazioni ma non l’ho vissuto proprio serenamente. Ho sempre pensato che l’ideale fosse avere due dischi SSD in RAID mirror ed è da anni che cerco una soluzione del genere che mi convinca davvero. Non sono dispositivi mai visti, intendiamoci, ma almeno su questo aspetto posso dire che la USB-C sia stata d’aiuto. Quelli Thunderbolt 2 costavano cari e richiedevano un RAID software, quelli FireWire soffrivano di una banda limitata e via USB si incontrava scarsa affidabilità ed impossibilità di garantire un’alimentazione sicura per due dischi con un solo cavo e prestazioni di rilievo. Io parlo al plurale perché fatico a ricordare quanti e quali prodotti del genere avessi trovato sul mercato durante le mie ricerche, ma a memoria direi non più di 2 o 3. Uno di questi era sicuro di OWC, azienda che al CES 2018 ha presentato lo spaventoso ThunderBlade V4 con capacità da 1 a 8TB e velocità fino a 2800MB/s in RAID. Qualità e prestazioni sono spaventose ma, ovviamente, anche il prezzo. Cercando qualcosa che fosse decisamente più abbordabile mi sono imbattuto nel case Inateck FE2101-DG.

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L’azienda non è del calibro di OWC, d’accordo, ma dietro questi codici prodotto così poco accattivanti, spesso si celano delle vere perle. Ad esempio sto usando da qualche settimana il loro alimentatore USB-C da 60W sul MacBook Pro 13″ e non vedo l’ora di parlarvene in una prossima recensione (sto aspettando di finire alcuni test in parallelo con Luca sul 15″). Quella qui sopra è la dotazione di serie di questo case, che altro non è che quello che avevo sempre desiderato: un RAID portatile con un unico cavo per dati e alimentazione. Lo definisco “portatile” per le sue dimensioni compatte, ma la basetta presente nella confezione suggerisce la sua ottima predisposizione anche per l’impiego desktop. C’è sia un cavo USB-C da entrambi i lati (ideale per i recenti Mac), ma anche uno USB-C/USB-A per compatibilità o per i PC che si ostinano ad usare la USB-A anche per le connessioni 3.1 Gen 2 (vedi le assurde schede madri di Asus).

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La basetta in questione è di metallo, così come l’intero involucro esterno di questo bel disco. Il colore è l’ormai onnipresente grigio scuro o, come direbbe Apple, Grigio Siderale. Due pulsantoni ai lati sbloccano il cassetto interno, che si apre con uno scatto a molla e fuoriesce per circa 1 cm. A quel punto si può estrarre l’intero scheletro del case che contiene i due alloggiamenti SATA 3 per dischi da 2,5″. Purtroppo questo elemento è di plastica, ma lo dico con un rammarico più di circostanza che reale. D’altronde è più leggero, crea meno attriti ed è comunque protetto dall’involucro esterno, per cui svantaggi concreti non ne vedo nessuno a fronte di una maggiore praticità.

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Io ci ho messo due Crucial MX300 da 525GB che avevo in redazione, ma ho già un MX500 da 500GB che attende il gemello per fare un ulteriore test. In dotazione ci sono le 4 viti che servono per fissare i dischi e anche un piccolissimo cacciavite per avvitarle. È chiaro che il prodotto non richiede per forza l’uso di SSD, anche se personalmente è in questo che vedo la sua maggiore forza. Tuttavia può essere interessante anche con due HDD in stripe per migliorare le performance ed avere tanta capienza… con il contraltare della riduzione di sicurezza. Ad ognuno il suo, suggerisce la stessa Inateck con le diverse modalità di configurazione, e “il mio” è stato quello di avere circa 500GB alla velocità di un buon SSD con una copia costante gestita a livello hardware dal case impostato su RAID 1.

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Per cambiare la modalità operativa ci sono due switch ed una legenda chiarissima, consentendoci sia l’uso delle unità slegate che in stripe o mirror. Una volta selezionata la configurazione che si preferisce, si deve alimentare il case e tenere premuto il tasto reset posizionato dietro. Dopo pochissimi istanti l’unità verrà riconosciuta e sarà pronta per l’inizializzazione. Nel mio caso l’ho provato in RAID 0 ottenendo un unico volume da 1,05TB e in RAID 1 vedendo solo 525GB perché il secondo disco viene usato per la ridondanza. In caso di rottura di uno dei due si accenderà la spia rossa di errore ma si potrà continuare ad accedere ed usare i dati senza alcun problema, a parte l’assenza del backup s’intende. Ma basterà sostituire il disco danneggiato con uno identico e il controller RAID del case ricostruirà automaticamente la copia specchio. Insomma, sapete benissimo come funzionano queste cose è inutile dilungarmi oltre.

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La parte in nero lucido non è solo un gradevole elemento dal punto di vista estetico, con il logo Inateck che si illumina di azzurro, ma contiene anche le quattro spie di attività, due per ogni disco. Durante le fasi di accensione ed allineamento si possono vedere anche quelle rosse che indicano la presenza di errori, ma serve solo per un check-up delle spie, basta attendere un attimo e rimarranno attive solo quelle blu di corretta attività.

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Inserito nella sua basetta e posizionato in verticale, il case si presenta molto bene e non delude neanche al tatto vista l’ottima finitura e lo spessore dello chassis. L’incastro dello scheletro in plastica avviene in modo preciso e mi auguro rimanga così per diverso tempo. Non è “molle”, richiede un po’ di forza, e questo mi fa ben sperare. I primi test di velocità li ho eseguiti con il RAID stripe, così da saggiare le massime performance raggiungibili. Il benchmark che ritengo più significativo è il seguente, dove si evincono almeno due cose importanti.

La prima è che il controller predilige la scrittura in quanto a velocità massima ma vede in vantaggio la lettura per la stabilità. Mi sembra di poter dire che sia piuttosto insolito questo comportamento, almeno per quanto riguarda i tradizionali RAID interni o con alimentazione dedicata. Il picco in lettura di 622MB/s è stato infatti superato da quello in scrittura, che ha raggiunto ben 863MB/s. D’altronde tutte le prove effettuate hanno evidenziato una maggiore costanza proprio nella fase di accesso dei dati, mentre la scrittura in alcuni saltuari casi è stata più ballerina. Con alcuni software di test non si evince chiaramente questa cosa, è necessario un benchmark più approfondito come quello che vedete qui sopra e che, mettendolo sotto stress con operazioni ripetute di diversa grandezza, ha evidenziato una media in scrittura piuttosto bassa per uno stripe di SSD SATA3 (350MB/s).

Passando al RAID 1, che è poi quello che intendo usare, sono cambiati i numeri ma l’approccio è rimasto simile. A fronte di un velocità di picco di circa 500MB/s in lettura e 490MB/s in scrittura (assolutamente ottime), i test prolungati hanno visto la seconda poco stabile con picchi piuttosto bassi. Cambiato cavo, cambiato computer, tutto è rimasto esattamente così. Ho cercato in rete qualche informazione sul codice di questo controller RAID ma non è venuto fuori nulla di utile.

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Non ho una risposta certa che spieghi tecnicamente il perché di questi numeri, ma ritengo che la più plausibile sia di tipo energetico. La scrittura consuma più risorse della lettura e con l’obiettivo di mantenere integro il set RAID il controller potrebbe volontariamente decidere di ridurre la velocità nel caso di scritture continue prolungate. Ad ogni modo, mi sono messo i dati alle spalle e mi sono concentrato sull’esperienza d’uso. Ci ho buttato dentro una libreria fotografica di Lightroom piuttosto leggera (circa 8000 scatti) e poi un paio di progetti di Premiere con materiale 1080@50p della Canon C100 e 4K@50p della GH5. Ebbene l’esperienza d’uso mi ha fatto completamente dimenticare il leggero scetticismo che era seguito ai benchmark. Ho solo gioito di poter lavorare con queste prestazioni su una quantità di dati abbastanza cospicua ed un backup 1:1 continuo, il tutto in un case piccolo ed elegante con un unico cavo connesso al Mac.

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Conclusione

Questo case di Inateck con 2 bay da 2,5″ SATA 3 e connessione USB-C 3.1 Gen 2, rappresenta la risposta ad uno dei miei desideri più ricorrenti in termini di archiviazione. Ecco perché sono felicissimo di poterlo adoperare. Un po’ dispiace per quella riduzione di performance evidenziata dai benchmark nella scrittura continua e prolungata, ma credo che si possa catalogare alla voce “misura cautelativa”. Ne deduco, cioè, che il sistema sia tarato per dare maggiore rilevanza all’integrità del set RAID mantenendo l’alimentazione il più costante possibile quando vi sia un eccesso di consumo. In tal senso non si può considerare un approccio sbagliato e nell’uso quotidiano non ho riscontrato particolari limitazioni dovute a questo, sia perché la media è sempre molto superiore a quella di un disco meccanico, sia perché io sposto grossi quantitativi di dati solo prima di iniziare a lavorarci. Sicuramente una soluzione tutto in uno di marchi come OWC, LaCie, G-Drive e simili può essere meglio ottimizzata, tuttavia qui si rischia poco e direi proprio nulla se si decide di lavorare in RAID 1. Il case costa 69€ su Amazon a cui va aggiunto il costo dei dischi, nel mio caso 270€ (2 x 135€). In totale circa 340€ per 1TB di archiviazione SSD con il plus dell’utilizzo in stripe o mirror. E non mi sembra proprio un cattivo affare. Inoltre c’è da considerare anche un uso diverso per questa unità, dato che può benissimo far lavorare i due dischi separatamente e supportare anche delle configurazioni miste. Ad esempio vi si potrebbe inserire un SSD da 256GB ed un HDD da 2TB, gestendo lo spazio dinamicamente in base alle necessità. È giusto un esempio che faccio per far capire come il case si possa valutare anche al di fuori della specifica prova da me realizzata. Nel complesso mi sembra si tratti di un prodotto davvero meritevole di considerazione.

PRO
+ Ottima costruzione, dimensioni contenute e un bel design
+ Dotazione completa
+ Facile da usare
+ Compatibile con qualsiasi piattaforma software
+ Funzionalità RAID 1 e 0 hardware
+ Collegamento USB-C 3.1 Gen 2 (con secondo cavo USB-A in dotazione)
+ Ottime velocità di picco
+ Prezzo adeguato

CONTRO
- Velocità di scrittura non sostenuta su lunghe sessioni continue (es. copia di file pesanti)

Maurizio Natali

Titolare e caporedattore di SaggiaMente, è "in rete" da quando ancora non c'era, con un BBS nell'era dei dinosauri informatici. Nel 2009 ha creato questo sito nel tempo libero, ma ora richiede più tempo di quanto ne abbia da offrire. Profondo sostenitore delle giornate di 36 ore, influencer di sé stesso e guru nella pausa pranzo, da anni si abbronza solo con la luce del monitor. Fotografo e videografo per lavoro e passione.

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