Ecco come funzionerà il content blocker integrato di Google Chrome

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È passato quasi un anno da quel rumor che, per quanto molto credibile, sembrava strano a sentirne parlare: Google che inserisce un adblocker in Chrome? Perché proprio una delle aziende più attive sul fronte pubblicitario dovrebbe investire su un sistema di blocco dei contenuti? Eppure in quel di Mountain View non scherzavano, dato che appena poco più di un mese dopo resero ufficiali le intenzioni. A pochi giorni dall’entrata in vigore prevista, il sito Ctrl.blog ha effettuato un excursus sulla modalità operativa di questo content blocker, scoprendo dettagli molto interessanti.

Nei circuiti Beta e Canary, nonché nella parte open source Chromium, la funzionalità è presente da qualche tempo tra le impostazioni del browser, sebbene non risulti ancora del tutto attiva, dato che lo sarà a partire dal 15 febbraio prossimo. Il blocker in sé non è strettamente legato a Chrome, bensì al sistema Safe Browsing di Google, che si occupa già della protezione automatica da varie minacce online e viene usato anche da Firefox e Safari. È stata introdotta una nuova categoria di rischio, destinata proprio a includervi quei siti che presentano pubblicità troppo invasive, impedendone così il caricamento finché i banner non saranno conformi alle linee guida previste dalla “Coalition for Better Ads”. Potrebbero dunque esservi dei risvolti positivi anche per gli altri prodotti dotati di Safe Browsing, ma si dovrà attendere l’entrata in vigore del meccanismo di blocco per avere maggiori certezze.

Ancor più interessante è però conoscere il modo in cui Google alimenterà il suo blocker. In sostanza, non differirà molto da quanto di norma fanno i ben più noti AdBlockPlus e uBlock, dato che per mantenerne il corretto funzionamento nel tempo scaricherà periodicamente le note liste di blocco EasyList ed EasyPrivacy. Le sorprese non sono finite qui: stando a quanto rinvenuto dall’autore di Ctrl.Blog, il norvegese Daniel Aleksandersen, tali liste verranno scaricate per intero. Ciò significa che non ci sarà alcuna via preferenziale per AdSense. Se il sito risulta nella blacklist di Safe Browsing, le sue pubblicità non verranno visualizzate a prescindere da chi sia il fornitore. Qualora lo volesse, l’utente potrà forzare manualmente l’aggiornamento delle liste entrando nella pagina chrome://components e selezionando l’apposita opzione sotto “Subresource Filter Rules”. In aggiunta, il sistema di blocco integrato in Chrome presenta una maggiore efficienza intervenendo sin dall’inizio del rendering del sito richiesto, mentre le estensioni terze devono sottostare a un lieve ritardo.

Al contrario dell’operatività più silenziosa di molti adblocker terzi, quello di Chrome notificherà l’utente ogni qual volta bloccherà le pubblicità sul sito che sta visitando, in maniera analoga a quanto viene già effettuato coi pop-up. Nel caso l’utente lo desiderasse, potrà comunque scegliere di non applicare mai alcun blocco sui banner del sito. È peraltro l’unico modo per inserirli in questa whitelist, dal momento che proprio a differenza del blocco pop-up nelle impostazioni non vi è la possibilità di inserire a mano le eccezioni e l’unica alternativa sarebbe di disattivare totalmente il blocco contenuti. Trattandosi però di una prima implementazione, è molto probabile che nei futuri rilasci di Chrome verrà resa più flessibile. Se le premesse qui viste saranno rispettate e il meccanismo di blacklist risulterà sfruttato in maniera corretta, potrebbe essere una funzionalità effettivamente utile, rendendo meno necessario per gli utenti l’uso di blocker più aggressivi e portando a lungo termine benefici economici per i siti, nostro incluso, che necessitano della pubblicità per la loro sussistenza.

Giovanni "il Razziatore"

Deputy - Ho a che fare con i computer da quando avevo 7 anni. Uso quotidianamente OS X dal 2011, ma non ho abbandonato Windows. Su mobile Android come principale e iOS su iPad. Scrivo su quasi tutto ciò che riguarda la tecnologia.

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