Qualche giorno fa ho lanciato un “amo vocale” nel nostro canale Telegram di SaggiaMente, chiedendo agli iscritti se non avessero notato una certa ricorrenza nell’approccio di Apple alle nuove tecnologie: si acquista una società specializzata nell’attività di interesse, ci si attiva per integrare il suo lavoro all’interno dei propri software o dispositivi e poi… logica vorrebbe che le menti più brillanti rimanessero impegnate per il miglioramento della propria creatura, ma non sempre va in questo modo. La cosa che succede più di frequente è che i pezzi grossi dell’azienda acquisita si allontanino verso altri lidi, magari con la speranza di creare qualcosa di nuovo che possa replicare l’originale successo.
L’esempio più lampante è quello di Siri, l’assistente vocale che era incredibilmente innovativo nel momento in cui fu introdotto da Apple su iPhone 4s con iOS 5, ma che da quel giorno ed attraverso i 6 anni successivi è cresciuto pochissimo. Non si può dire che sia del tutto invariato, ma il fatto che i suoi creatori si siano dati a gambe levate appena possibile si nota. Da una condizione di leadership – acquisita grazie al lavoro altrui – nel 2011, Apple ha dato tutto il tempo alla concorrenza di iniziare quasi da zero e di superarla. Oggi Alexa di Amazon e l’assistente vocale di Google (mi chiedo sempre perché non gli abbiano dato un nome…) sono incredibilmente più evoluti, supportati ed intrecciati con la vita quotidiana grazie all’apertura verso altre piattaforme, facendo un po’ quel che fece Apple con l’App Store su iOS. Sono pochissimi i casi in cui una maggiore ricettività verso l’esterno abbia avuto risvolti negativi in ambito tecnologico, eppure a Cupertino rimangono restii nel “regalare” a sé stessi ed ai propri utenti questa possibilità, che di norma porta anche a maggiori chance di crescita per gli ecosistemi di servizi interessati.
Esempi di questo tipo ce ne sono a decine, mi viene in mente l’acquisizione di matcha.tv del 2013, i cui frutti si sono visti diversi anni più tardi con l’app TV per Apple TV ma senza importanti integrazioni e senza tutta una serie di attività (come quelle che si ritrovano nell’app JustWatch). Oppure ancora TestFlight, integrata in iOS con pochissimi sviluppi successivi. E che dire delle realtà come Booklamp, con diversi milioni di dollari spesi per un motore di ricerca basato sull’analisi dei libri che è stato fatto proprio nel 2014 e non si sa davvero a cosa sia servito. Anche ragionando per livelli astratti e collegandosi ad altri servizi, come ad esempio l’App Store, mi pare che i limiti della ricerca originari siano ancora tutti lì, pur considerando che nel 2015 è stata effettuata un’altra acquisizione in tal senso: Ottocat. Si potrebbe andare a fare le pulci ancora più a ritroso nel tempo, ma non è mia intenzione criticare più del necessario, anche perché ci sono realtà che non si possono conoscere stando all’esterno. Facciamo quindi un salto nell’attualità con una serie di acquisizioni ben riuscite di cui ancora non possiamo conoscere gli sviluppi. Penso ad esempio a Faceshift, che ha reso possibili le Animoji (e non solo) su iOS 11 o meglio ancora a Metaio, a cui va il merito per il framework ARKit e tutte le implementazioni in ambito VR realizzate da Apple negli ultimi 2 anni. Su quello che succederà in futuro, cioè se queste riusciranno davvero ad essere sviluppate al di là del punto di partenza in cui erano al momento dell’acquisizione, rimane però un grosso punto interrogativo.
Un discorso ben più ampio si potrebbe fare in ambito AI, settore dove Apple ha speso più volte acquistando ad esempio la startup Turi ed Emotient. In questo caso, però, l’azienda sembra trovarsi piuttosto indietro rispetto la diretta rivale Google (anche se in parte dipende dal suo approccio più rispettoso della privacy) ed è dunque interessante che oltre alle realtà fatte proprie ci si sia resi conto dell’importanza di questo settore e di quanto possa essere pericoloso accumulare ulteriore ritardo, portandosi dentro John Giannandrea, ex capo della ricerca e dell’intelligenza artificiale in Google che in Apple ora ricoprirà il ruolo di testa di serie nel dipartimento “machine learning and A.I. strategy” (ne dà notizia il New York Times). Lo potete vedere di seguito in questo video tratto dal TechCrunch Disrupt 2017.